I morti sul lavoro e la Fase 2, la posizione di Pci e Fgci del Veneto: viene prima la sicurezza

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Morti sul lavoro. Interrogazione di Baldin e Guarda: "La Regione si costituisca parte civile"

L’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro, curato da Carlo Soricelli, oggi riporta: “Morti 145 lavoratori (300 con i morti sulle strade e in itinere) a questi occorre aggiungere altri 321 lavoratori morti a causa del coronavirus, un conto ancora parziale, che stiamo cercando di aggiornare)”

Sono quindi, 145 i lavoratori morti a causa di infortuni nei luoghi di lavoro. Ogni settimana 8 lavoratori hanno perso la vita. Nonostante la chiusura delle attività a causa dell’emergenza coronavirus e la conseguente diminuzione delle ore lavorate, di lavoro si continua a morire.

Bisogna tener ben presente tutto questo quando si parla di riapertura delle attività e dell’inizio di quella Fase 2 che Confindustria e le regioni del nord, che sono le più colpite dalla pandemia, reclamano a gran voce. Su questo bisogna essere molto chiari. Prima di tutto viene la salute e la vita di chi lavora, solo dopo tutto il resto.

La riapertura delle attività non può prescindere dal fatto che la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori deve essere garantita in maniera assoluta. Non ci possono essere ambiguità, sconti o deroghe. Per chi vive del proprio lavoro, il rischio di contagio deve essere nullo. È imprescindibile e logico che, sul tema sicurezza sul lavoro, non ci si possa limitare a qualche “raccomandazione” né si possano accettare le autocertificazioni padronali. Ci devono essere regole vincolanti e uguali in tutto il territorio nazionale. Gli imprenditori devono provvedere a dotare i lavoratori di tutti i dispositivi necessari e devono ottemperare strettamente a tutte le regole utili a garantire la loro sicurezza. È prima di tutto loro responsabilità garantire la sanificazione dei locali e delle strutture, il controllo preventivo e periodico delle condizioni di salute di chi lavora, la distanza minima tra gli addetti, tutto deve essere compito. Non ci possono essere deroghe, né “distrazioni”, né “errori”.

I lavoratori con le organizzazioni che li rappresentano devono avere il diritto/dovere e il potere di sospendere immediatamente il lavoro qualora non siano rispettate le regole. Sono i lavoratori che rischiano la propria salute e devono essere proprio loro a controllare che la sicurezza sia garantita ai massimi livelli. Degli imprenditori che hanno come unico scopo il profitto non ci si può né ci si deve fidare. Hanno dato ampia prova di inefficienza e sottovalutazione colpevole di quanto stava succedendo.

Si pensi al video “Bergamo is running” di fine febbraio, con il quale Confindustria, minimizzando l’epidemia che stava esplodendo nelle valli bergamasche, di fatto, “suggeriva” che l’istituzione della zona rossa non fosse necessaria e neppure utile.

La ripresa della produzione non può essere causa di una recrudescenza del Covid-19. Non solo, può e deve essere l’occasione nella quale la sicurezza nei luoghi di lavoro e la salute dei lavoratori abbiano la massima priorità. L’obiettivo non deve essere soltanto la difesa delle persone dal coronavirus, è necessario anche migliorare le normali condizioni di lavoro ed evitare che gli infortuni e le malattie professionali continuino a mietere vittime.

Oggi non solo si può ma si deve cambiare. Lo Stato e i Lavoratori devono riappropriarsi delle funzioni e dei diritti che il sistema capitalista vuole cancellare.

Partito Comunista Italiano Federazione Giovanile Comunista Italianaregione Veneto