Sono trascorsi cinque anni e il drappello di parlamentari veneti, a Camere sciolte, ha fatto i bagagli per tornare a casa. Non sono pochi, però, quelli che ambiscono a un ritorno nella capitale alla volta del 4 marzo. Fin qui sono stati 5 anni travagliati, soprattutto per i «novellini» alla loro prima esperienza, il 73% degli eletti. Cambi di governo e maggioranze a geometria variabile e cambi di casacca hanno contraddistinto la legislatura appena conclusa. Tra i recordman in questo campo, il veronese, Stefano Quintarelli.
Da Scelta Civica a Per l’Italia e poi ancora ancora Scelta Civica, Gruppo Misto, Civici e Innovatori e ancora Misto («Ma non mi ricandiderò», ha già fatto sapere l’interessato; come per altro ha detto l’altra montiana veneta di partenza, la scienziata Ilaria Capua, dimessasi lo scorso settembre dopo l’incredibile vicenda giudiziaria che l’aveva vista protagonista)
Nel frattempo, però, si mettono in fila i numeri che raccontano l’ultimo lustro.
Presenti e assenti
C’è chi ha spiccato per la presenza assidua in aula, chi ha brillato per assenza, forse vittime, un po’ del morettiano «Mi si nota di più se vado e non partecipo…». Le lunghe colonne di numeri messi in fila da Openpolis restituiscono un’istantanea sfaccettata che spazia dall’indice di produttività (quanti emendamenti presentati, quante leggi e così via) ma anche segnali meno immediati come il numero di «voti ribelli» collezionati, vale a dire i voti non allineati con le indicazioni del proprio gruppo parlamentare. Piero Longo, per esempio, parlamentare di Forza Italia, ne conta 1196 su 8247 sedute (il 33,22% delle sedute totali): «Beh, poco più del 10% – commenta – ma sui voti di fiducia o sfiducia al governo e sulle leggi fondamentali ho sempre votato in linea, si tratta probabilmente di emendamenti». Ci sono poi volti noti come quello di Renato Brunetta o di Niccolò Ghedini (sempre FI) che hanno partecipato ben poco all’attività delle camere. Vero è che una scuola di pensiero privilegia il legame col territorio d’origine. Insomma, si può essere parlamentari attivi anche senza frequentare troppo i palazzi romani. Per molti altri, invece, resta un punto d’onore adempiere con coscienza ai doveri parlamentari. Questione di coscienza ma anche di strategia a lungo termine per ripresentarsi alla prossima tornata.
«Squadra» veneta
A contendersi il ruolo di primi della classe, fra i parlamentari veneti uscenti, sono due veneziani: Michele Mognato (MdP) alla Camera e Mario Dalla Tor (ora Alternativa Popolare ma già Forza Italia e prima ancora di fede socialista) al Senato. Primi della classe quanto a numero di presenze in aula sono proprio Dalla Tor che svetta al Senato con il 97,95% di presenze, Mognato, alla Camera, segue a ruota con il 94,51%. Due uomini ai piani alti della classifica anche per quanto riguarda la «produttività parlamentare». Mognato con 23 emendamenti all’ultima legge di bilancio, ad esempio. Dalla Tor ha firmato 4 disegni di legge e presentato poco meno di un centinaio di emendamenti alla legge di stabilità.
Veneti virtuosi
Chi più, chi meno, i parlamentari veneti sono tutti piuttosto prolifici e presenti in aula. Sono in pochi, pochissimi, a scendere sotto il 68% di presenze. Per la Camera, la maglia nera va al sottosegretario Pier Paolo Baretta (Pd) (6,18%) preceduto da Brunetta (11,12%). Non vanno molto meglio Enrico Zanetti (ex Scelta Civica) con poco meno del 25%, Catia Polidori (FI) intorno al 33%, Mario Catania (Centro Democratico) al 46,55% e Andrea Causin (approdato quest’anno a FI dopo un passato nel Pd) che si ferma al 46,69% giusto per citare i fanalini di coda. A palazzo Madama, invece, vince (si da per dire) a mani basse Ghedini che ha partecipato a 138 sedute su 19.100, lo 0,72%.
Il rapporto con il territorio
Ma la presenza fisica in aula è davvero l’unico parametro per definire l’impegno di un parlamentare? L’altro volto della luna è l’impegno sul territorio che si avvita sulla coltivazione del proprio collegio elettorale e sul ruolo di difensore di una data area. Il tempo, in questo senso, se lo prendono tutti. Altroché. Antonio De Poli, ad esempio, vecchia scuola democristiana, senatore con Grandi autonomie e libertà, può vantare solo una presenza ferma al 31,7%. Ma in Veneto è presenza costante. «La bassa percentuale? Si spiega con il mio ruolo di questore anziano del Senato, di fatto è come se fossi l’amministratore delegato del Senato – dice lui – Nel fine settimana, invece, sono sul territorio, un’attività che è nel dna del parlamentare». Promotore di due leggi approvate, una sulla lingua dei segni e una per l’autismo, De Poli non molla il suo settore di interesse, il sociale. Il territorio, anzi, la terra, nel caso di Dalla Tor che si occupa soprattutto di agricoltura, è altrettanto importante. Fra i suoi successi, Dalla Tor ricorda il «Fondo Serenella»(«l’emendamento era mio») così come quello per creare i consorzi della grappa ma anche la strenua battaglia per il baco da seta e un centro di ricerca dedicato, a Padova. «Ho un grande cruccio – spiega Dalla Tor – non essere riuscito a strappare l’allargamento del bonus arte alle chiese».
Venezia «la speciale»
E se il territorio è la radice da non dimenticare mai, c’è chi, come Mognato, non si è risparmiato pur trovando il tempo, ai supplementari della legge di bilancio, per inserire un’apprezzatissima norma sul telemarketing e lo stop ai call center commerciali. Il grosso del lavoro del deputato veneziano, però, si è incentrato sulla città e sulla sua laguna. «Mi vengono in mente – dice Mognato ? gli emendamenti per la legge speciale, poi la partita degli sgravi alle imprese e poi la nascita della Zona logistica semplificata, il nuovo codice della nautica con riferimenti alla navigazione in laguna». Non è mancato il sostegno (traversale, ovviamente) al fondo di ristoro per i truffati delle banche venete. L’elenco sarebbe lungo.
Movimenti locali e M5s
Fra i deputati più attivi la grillina sandonatese Arianna Spessotto (che si ricandida). «Dalle segnalazioni dei cittadini sui picchi di inquinamento da imbarcazioni in laguna – spiega – ho inserito emendamenti in qualsiasi norma trattasse di mobilità e rinnovo parco mezzi». Il veronese Mattia Fantinati (pure lui insieme a Francesca Businarolo, ricandidato mentre lasciano Marco Brugnerotto e Marco Da Villa) che, primo esponente del Movimento invitato al Meeting di Comunione e Liberazione si è prodotto in un incendiario attacco a Cl. Chi resterà? La stanza dei bottoni in questo caso è alla Casaleggio. Di certo non rientreranno i tanti «fuoriusciti». Come Paola De Pin, trevigiana di Fontanelle, uscita dai Cinque stelle, che per altro ha il record dei voti ribelli (oltre mille).
Banche, tram e diritti
Nel Padovano, per attivismo, l’ha fatta da padrone Giorgio Santini, senatore del Pd che ha legato il suo nome, fra le altre cose, all’emendamento che ha dato origine al fondo di ristoro per i truffati delle banche. Tre volte relatore della legge di bilancio, Santini si dice ottimista anche per il finanziamento fra i 50 e 60 milioni per la nuova linea del tram di Padova: «Arriveranno anche i fondi Inail, 400 milioni, per il nuovo ospedale di Padova». Il territorio, che torna, base per ripartire in vista di una tornata elettorale che si annuncia come inversa rispetto ai pesi politici di un lustro fa. Per il Pd Alessandra Moretti tenterà in Emilia Romagna, ci riproveranno Sara Moretto, Andrea Ferrazzi, fra gli altri. Nicola Pellicani tenterà il salto da Venezia. E poi riprovano Pietro Dal Moro, Alessia Rotta, Roger De Menech e via andare… troppi nomi per un numero risicato di poltrone. Non mancano gli abbandoni, dopo quello annunciato dell’ex ministro trevigiano Maurizio Sacconi, anche Longo non si ricandiderà «Sono orgoglioso di aver contribuito a bloccare una legge mal pensata e mal strutturata come quella dello Ius Soli – spiega – . Per il futuro, a 73 anni tornerò alla mia professione di avvocato». Ci riproverà anche la senatrice del Carroccio Erika Stefani che dice: «In commissione giustizia ho combattuto, per dirne una, contro i provvedimenti svuota carceri». Lucido, infine, Alessandro Naccarato (Pd): «Passi avanti il nuovo codice antimafia su tutti. Il grande rammarico è il referendum costituzionale e in Veneto pagheremo l’errore drammatico di aver appoggiato il sì critico all’autonomia». Già, ma il Pd poi quanti parlamentari farà?
di Martina Zambon, da IlCorrieredelVeneto.it