(Articolo sui pianoforti Maltarello da Vicenza Più Viva n.2 ottobre-novembre 2023, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Riemerge la vicenda di un grande imprenditore vicentino che li costruiva in un palazzo nel quartiere di San Marco. Ad usarli, tra gli altri, il grande compositore russo Stravinskij, oltre a Bellini e Rossini. Ora, grazie alla passione di Sante Guidolin, alcuni esemplari sono stati riportati in vita con la possibilità di creare un museo unico nel suo genere.
Spesso, nella vita, le cose più belle sono nascoste. Forse proprio perché sono speciali, si rendono più difficili da vedere. A Vicenza, in particolare, può capitare che, al di là dei monumenti e delle piazze più note, ci siano tesori nascosti dietro a enormi portoni di palazzi che prendono il nome da antiche famiglie, che nascondono storie altrettanto preziose. Che sono anche la storia della nostra città. Per fortuna a volte ci sono persone semplici, umili, che, mosse solo dall’amore per la cultura, per la storia, dalla passione per l’arte, scavano per far riemergere questi tesori e queste storie. È il caso di Sante Guidolin, classe 1960, ex professore di musica, che in casa sua enei capannoni dell’azienda di ceramiche di famiglia, a Longa di Schiavon, custodisce una serie di pianoforti dell’Ottocento e Novecento, a volte commissionati da musicisti, nobili, re, ministri.
Si tratta di strumenti musicali che sono anche opere d’arte, per la loro fattura, il tipo di legno, le corde, il tipo di tasti, le intarsiature. Strumenti per la maggior parte prodotti a Vicenza dalla fabbrica di Vincenzo Maltarello, che fu elogiato per la pregevolezza dei suoi pianoforti anche all’Esposizione universale di Parigi e costruì pianoforti per musicisti di alto livello e per grandi aristocratici. Maltarello morì nel 1907 e l’azienda, condotta dal figlio Luigi, subì nel 1938 l’ingiustizia e la persecuzione in quanto molti soci erano ebrei. Luigi dovette vendere e la fabbrica fu poi convertita in industria bellica. La sede principale dell’azienda Maltarello si trovava nel quartiere di San Marco, in uno dei palazzi più belli della città, anche se la sua bellezza è spesso nascosta dal portone chiuso, cioè il palazzo Giustiniani Baggio, che è dotato di bellissimi affreschi e un’imponente biblioteca, sebbene nemmeno gli storici che si sono occupati di scrivere di questo palazzo sapessero che fu appunto sede dell’azienda Maltarello.
Qui, nella sede storica, i pianoforti Maltarello-Rosenfraz, imparentata con Maltarello che decise di usare questo nome per la vendita dei pianoforti al mercato tedesco e austriaco e che potrebbero presto ritornare grazie all’impegno di Sante Guidolin.
«Fondazione Cariverona, che gestisce il palazzo, mi ha dato il consenso per trasportare e conservare alcuni dei pianoforti che custodisco – spiega Guidolin -. L’idea che vorrei concretizzare è quella di un museo, unico nel suo genere, di pianoforti storici, alcuni sono talmente antichi da essere di fatto dei fortepiani. Sono disposto a portarli anche tutti qui».
Un ritorno a casa per un marchio storico che ha reso la vicentinità famosa nel mondo, grazie alla passione di un altro vicentino che vuole fare un regalo alla città. Passione che inizia fin da bambino, grazie all’incontro con il pianoforte di Jacopo Cabianca, amico e primo
finanziatore di Maltarello. «A Longa di Schiavon, dove abito, c’è una villa palladiana, che noi chiamavano Cabianca, perché ci ha vissuto e vi è morto il poeta e librettista Jacopo Cabianca, ma che apparteneva alla nobile famiglia dei Chiericati – racconta Guidolin –. Questo pianoforte, appartenente a Cabianca, alla sua morte è stato regalato dal marito
della figlia al prete. Il prete lo usava nella sala parrocchiale e fu così che io a 5 anni iniziai a giocare con questo pianoforte antico, in legno, ma in disuso.
Dopo aver finito il conservatorio sono andato a cercare il pianoforte e ho scoperto che era ancora lì nella sala parrocchiale di Longa. Il parroco me l’ha venduto per 500 mila lire. Così è iniziata la mia storia, ma non avrei fatto niente senza l’incontro con Tiziano Ferrari, uno dei migliori restauratori di Vicenza, e al suo laboratorio dove vende e fa fare pezzi di pianoforte sia antico che moderno. In quattro anni abbiamo rimesso in funzione il pianoforte di Cabianca e ho scoperto che era stato fabbricato da un vicentino, appunto Vincenzo Maltarello. Dopo quel primo pianoforte ce ne sono stati molti altri, che io ho preso prima che venissero buttati via».
A metà dell’Ottocento esistevano i fortepiani, gli antenati del pianoforte, poi le varie tecniche si sono evolute negli anni. «Mi sono interessato alla storia di Vincenzo Maltarello, cercando anche di recuperare un libro che ne parla, di Bruno Onorelli e Franco Malosso: “L’uomo che regalava la musica”». Tutti i pianoforti – spiega Guidolin – hanno un numero di serie in cui c’è scritto il numero progressivo dei pianoforti costruiti da una certa fabbrica. Il più recente che ho recuperato ha il numero 12700, quello di Cabianca è l’11. Ho visto anche pianoforti con numeri sul 15000, della stessa azienda, anche se non necessariamente della stessa fabbrica.
Oltre a quella di palazzo Giustiniani, c’era quella di Borgo Padova, poi c’erano sedi a Venezia, Vienna, Dresda, la tecnica di costruzione di Maltarello era all’avanguardia e influenzò anche altri marchi. Io non sono né accordatore, né restauratore, sono un po’ artigiano e un po’ musicista – afferma umilmente Guidolin -, ma grazie a Ferrari ho imparato a mettere le mani su questi pianoforti. A casa ne ho quindici di Maltarello e alcuni di altri costruttori. Il suono e la meccanica sono quelli dei pianoforti storici, un musicista oggi non potrebbe farci un concerto, tranne per la musica settoriale dell’Ottocento, come Chopin. Ho sempre cercato di mantenere la meccanica e le corde originali, invece che, come avrei potuto, tenere il legno antico e inserire meccaniche e corde odierne».
Ai primi del Novecento il grande compositore russo Stravinskij andava direttamente da Luigi Maltarello a comprare i pianoforti. Anche Bellini e Rossini usavano pianoforti Maltarello., che sono un patrimonio della città di Vicenza, che grazie alla passione e alla generosità di Sante Guidolin può tornare a casa. Non resta che sperare che associazioni pubbliche e private possano unire le loro forze per valorizzare questo patrimonio, che a sua volta andrebbe a valorizzare l’intero palazzo.