Ci avevano fatto illudere, e noi per primi ci eravamo illusi, di un finale di campionato inatteso, di una rincorsa impensabile alla zona playoff, di un riscatto da una stagione votata sì alla salvezza ma rimasta troppo povera di qualità e di speranze.
Le vittorie sul Chievo e sul Cittadella, avversarie di rango superiore per classifica e per gioco, avevano fatto pensare che i biancorossi avessero trovato una buona volta l’equilibrio, la continuità e la identità che erano comparsi solo saltuariamente nel corso del campionato.
Tutto sembrava contribuire: il rientro di alcuni giocatori dagli infortuni, la disponibilità di uomini per far fronte ai turni ravvicinati, l’esplosione di Meggiorini (e cioè del bomber che era mancato fin ad allora), il modulo più funzionale a cui Di Carlo si era finalmente affidato a metà del calendario.
Era un altro Vicenza quello che, punto su punto, si era allontanato dalla zona rossa e si era lentamente arrampicato sulla non impervia parete della parte destra della classifica fino a issarsi e a scollinare nel lato nobile del girone. E a creare l’illusione, appunto, di riuscire a piantare qualche chiodo più in alto per agganciarsi alla cordata delle Top Eight.
L’illusione è durata solo un mese, però. I due stop consecutivi nelle trasferte di Ascoli e Reggio Calabria sono stati lo specchio di una squadra ripiombata nella sua consueta double face, che si è improvvisamente sgonfiata, irriconoscibile.
C’era stata una strana anomalia nella fase esplosiva dei biancorossi ed era stato un segnale sfuggito ai più: i pochi gol segnati. Dopo la tripletta rifilata alla Cremonese e ai due centri con il Chievo, il Lane si era inaridito in attacco e, in cinque partite, era andato a bersaglio appena quattro volte. A Cosenza Valentini aveva firmato il pareggio, contro il Pescara e contro il Cittadella erano bastate le reti, rispettivamente, di Meggiorini e di Nalini per portare a casa i sei punti in palio.
In parallelo, però, la difesa si era impearmibilizzata e per ben due gare consecutive Grandi era uscito dal campo con altrettante clean sheet.
Sembrava un Lane trasformato nella sua natura agonistica e tattica, capace di gestire la partita, immune da certi errori grossolani che in precedenza erano costati cari, in grado di essere se stesso per tutti i novanta minuti.
Non era servita una rivoluzione per trasformare quella che era stata una squadra a corrente alternata e certe volte indecifrabile in una realtà concreta e consapevole dei propri mezzi. Un passo alla volta tecnico e giocatori erano cresciuti, si erano sintonizzati con il campionato, avevano aumentato l’autostima e l’upgrade era arrivato. L’aurea mediocritas del girone aveva reso più facili le cose.
Non che i biancorossi giocassero benissimo (ma è raro, in Serie B, vedere belle partite) ma le prestazioni c’erano e si ottimizzava quanto prodotto anche con qualche giocata di qualità.
Due situazioni hanno cambiato l’andazzo: gli infortuni (e non è una novità) e le squalifiche. Sui primi si dovrebbe fare un approfondimento: mezza squadra è stata colpita da una serie di guai fisici inconsueta per quantità e durata delle assenze. L’infermeria biancorossa ha dovuto costantemente ospitare degenti che, quasi sempre, si sono rivelati lungodegenti e vittime di ricadute. I recuperi dei giocatori hanno richiesto tempi lunghissimi e star fuori campo ha inevitabilmente comportato rientri graduali e diluiti. Questa situazione sanitaria è un po’ anomala e la società non è che si sia sprecata in spiegazioni sul tema.
Diffide e squalifiche sono state l’altro punto debole. A un certo punto c’erano otto giocatori diffidati e si è dovuto fare i salti mortali per evitare il cartellino giallo che avrebbe provocato lo stop. Anche su questo punto qualche domanda ci sarebbe. Non si poteva gestire meglio la situazione disciplinare? Era proprio inevitabile arrivare a questo surplus di ammonizioni? L’handicap ha indubbiamente pesato.
Lo stop di Reggio Calabria è risultato, sia nel punteggio che nel rendimento, un oggettivo riflesso di quello che la squadra ha fatto vedere. Una volta di più le dichiarazioni di Di Carlo nella conferenza stampa della vigilia sono state in netta distonia con la prestazione. Mimmo era stato ottimista, aveva promesso riscatto dopo la sconfitta di Ascoli, aveva prospettato una gara giocata alla pari con un avversario in forma e qualitativo. Come si spiega la divergenza fra la visione e la previsione dell’allenatore e il poco o nulla che i suoi giocatori sono riusciti a creare?
La squadra è sembrata stanca e poco concentrata, certe scelte tecniche non hanno dato i riscontri attesi e nemmeno sostituzioni e cambi di modulo hanno prodotto miglioramenti. Non si è capita l’esclusione di Cappelletti e nemmeno quella iniziale di Giacomelli, ma su certe decisioni si deve dar fiducia (fino a prova contraria) all’allenatore che, oltre alle impressioni ricevute negli allenamenti, ha a disposizione anche i dati biometrici che lo staff atletico-sanitario gli mette a disposizione.
Quale sarà l’immediato futuro del Lane? Certamente la prospettiva play off è stata accantonata e si è tornati a privilegiare l’obbiettivo salvezza, che non è ancora acquisito matematicamente. Manca poco, ma qualcosa ancora serve per garantirsi il mantenimento della categoria. Il margine sui play out è fortunatamente cospicuo e quindi si può lavorare con lucidità e senza patemi per finire in sintonia con le prospettive stagionali.