Il Cantico delle creature, Aduc: alle origini del volgare italiano … e non solo

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Oggi, nella chiesa cattolica e anche in quella anglicana, si fa memoria solenne di Francesco d’Assisi (1181-1226), una persona che continua ad avere una risonanza notevole non solo fra i cosiddetti credenti, ma anche fra i cosiddetti non credenti. Anzi, forse proprio chi “crede di credere” ha qualche difficoltà in più a rapportarsi con lui e con la sua scelta di vivere la buona notizia di Gesù di Nazaret in modo assolutamente radicale, scegliendo come compagna di vita sorella povertà.

Perché, sì, va bene, Francesco è un gigante nella fede/fiducia in Gesù e in Dio che sa di cosa ciascuno ha bisogno prima che gli sia chiesto, però … è una parola seguire il suo  esempio – spogliarsi di tutti i beni e persino trovare la “perfetta letizia” nell’essere offeso e vilipeso, non per masochismo, ma perché, nella logica di Francesco, il bene che si riesce a fare viene da Dio e quindi non ce ne possiamo gloriare, mentre il male che si fa, quello è proprio opera nostra, e a esso ci fanno pensare le offese e le ingiurie degli altri (leggere: cap VIII Fioretti di san Francesco )
Ma Francesco è importante anche dal punto di vista della storia della lingua italiana. E’ infatti colui che ha composto quel monumento del Cantico delle Creature, un inno al Creatore attraverso le bellezze della natura. E questo gli vale, ai giorni nostri, anche l’attenzione di chi lotta per la salvaguardia della natura; infatti, abbastanza spesso, in tali contesti qualcuno fa menzione di questo Cantico, magari anche citandone solo qualche verso.
Mi fermo qui: mi sembra di aver parlato anche troppo, e quindi cedo la parola a Francesco, nel suo volgare umbro che però mi sembra perfettamente comprensibile anche oggi.

«Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimu, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli che ‘l sosterrano in pace, ca da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali;
beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male.
Laudate et benedicete mi’ Signore’ et ringratiate et serviateli cum grande humilitate
».

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Fonte: Il Cantico delle creature – alle origini del volgare italiano … e non solo

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