Signore e signori, un momento di attenzione. La notizia, per chi segue le vicissitudini dello sgangherato baraccone del pallone italico, è che il presidente della Lega Serie A, Gaetano Miccichè, rischia la decadenza per l’irregolarità dell’elezione; contestualmente, anche il presidente del Coni Giovanni Malagò, che presiedeva l’assemblea, rischia una squalifica che significherebbe per lui l’addio alla poltrona del Coni.
Il procuratore Figc Pecoraro sta decidendo se aprire un’inchiesta sulla regolarità dell’elezione che definire taroccata è dire poco; e anche se le indiscrezioni cominciano a filtrare, le conseguenze potrebbero essere clamorose.
La guerra tra bande dei presidenti di Serie A – da una parte i “Topi di Campagna” capeggiati da Lotito e Preziosi e dall’altra i “Topi di Città” capitanati da Agnelli e Cairo (col totem Malagò alle loro spalle), la cui battaglia finale riguarderà la vendita dei diritti-tv per il triennio 2021-2024 (a Mediapro come vorrebbero i Topi di Campagna, a Sky come si augurano i Topi di Città) – è infatti ormai dichiarata: e Lotito & Company chiedono l’annullamento della nomina di Miccichè che fu pilotata da Malagò e imposta dalle pressioni prima di Agnelli e poi del dirigente della Roma (“Topi di Città”) Baldissoni.
È il 19 marzo 2018 e Malagò, a quel tempo commissario della Lega, presiede l’assemblea che deve portare all’elezione di Miccichè: che accetterà la carica, così dice, solo in caso di totale unanimità. Come si legge nel verbale dell’assemblea, al termine della discussione Andrea Agnelli “propone di procedere all’elezione per acclamazione”.
La circostanza appare strana: lo Statuto prevede che “tutte le votazioni che riguardano persone devono tenersi a scrutinio segreto”. Infatti, nonostante Malagò si sia affrettato a dare il suo ok alla proposta, il presidente dei revisori Simonelli e il presidente dell’ufficio legislativo, oltre che giudice sportivo, Mastrandrea, si oppongono: ci vuole lo scrutinio segreto. I rappresentanti dei club iniziano così a sfilare davanti all’urna. Conclusa la processione, prende però la parola Baldissoni, dg Roma e amico di Malagò, che a sorpresa rilancia la proposta di voto per acclamazione librando al cielo il suo “hurrà Miccichè”.
La claque dei Topi di Città si accoda e Malagò è sveltissimo a cogliere la palla al balzo proclamando “eletto per acclamazione” Miccichè. E i voti depositati nell’urna? Malagò dispone che non siano scrutinati ma piombati in un plico, sigillati e chiusi nella cassaforte della Lega. Cronaca vera, non barzelletta.
Ora, baracconata a parte, ci sono mille altre cose che non quadrano. Come può Miccichè, che fa ancora parte del Cda della Rcs di Cairo (Topi di Città) da lui supportato come Banca IMI nella scalata a Via Solferino, a non avvertire il grave conflitto d’interessi? Ed è normale che Miccichè, presidente di Banca Imi, rappresenti i presidenti di Serie A molti dei quali debitori di Banca Imi? Che razza di Circo è diventato il calcio (e lo sport) italiano? Il disprezzo delle regole è ormai il Primo Comandamento. E diciamolo, facciamo ridere i polli. Miccichè. Malagò. Ohibò.