Pubblicato il 7 settembre 2018 alle 11.58, aggiornato il 9 alle 20.47. Nel pieno del caldo agostano, il Giudice per le Indagini Preliminari Roberto Venditti, lo stesso a cui è affidato, almeno per ora, il processo sul crac della Banca Popolare di Vicenza, ha sciolto la riserva assunta all’udienza dello scorso 5 Luglio, in relazione alla richiesta di archiviazione del procedimento che vede come querelante e parte offesa Giovanni Zonin (alias Gianni Zonin) e come indagati il direttore di VicenzaPiù, Giovanni Coviello, oltre ad una serie di “poco identificati” commentatori su Facebook.
VicenzaPiù aveva raccontato l’improvvida azione giudiziaria intrapresa dalla Fondazione Roi, che, guidata all’epoca dal presidente Gianni Zonin che lo stesso “incarico” aveva in BPVi, chiedeva un risarcimento di oltre un milione di euro, per diffamazione, alla nostra testata ed al suo direttore. Questo, a causa dell’inchiesta giornalistica che avevamo condotto, in beata solitudine, sulle magagne ed i legami poco chiari tra il crac della Popolare di Vicenza e le cospicue perdite patrimoniali della Fondazione stessa, mentre erano sotto l’egida del vignaiolo più amato d’Italia. Per dovere di cronaca ricordiamo che la vicenda si è chiusa con una transazione (cfr. “Fondazione Roi, niente risarcimento da un milione di euro e stop alla causa intentata dall’allora presidente Gianni Zonin contro Giovanni Coviello. Rimangono le domande“)
Respingendo la richiesta di archiviazione della dottoressa Claudia Brunino, titolare del fascicolo, e a seguito del ricorso di Zonin curato da Enrico Ambrosetti, il suo legale abituale per la Roi e per la banca, il GIP ha, quindi, ordinato l’integrazione delle indagini nei confronti degli autori dei post di Facebook, presumibilmente soci della banca ora in liquidazione coatta amministrativa, assegnando al PM un termine di 60 giorni per la loro identificazione ed iscrizione nel registro degli indagati. La loro sorte sarà legata a quella del direttore Giovanni Coviello, che quei post aveva riportato a margine di un articolo.
Abbiamo chiesto all’avv. Marco Ellero, difensore del direttore Coviello, un commento sulla decisione del GIP.
Non entro nel merito della decisione giudiziale relativa agli autori dei commenti giudicati offensivi. Per quanto riguarda la posizione del dott. Coviello, il Giudice ha ritenuto che la pubblicazione dei commenti non fosse legittima, perché non portatrice di un interesse pubblico che meriti di avere diffusione tra la cittadinanza.
In sostanza i lettori non hanno il diritto di sapere se la gente insulta Giovanni Zonin.
O quantomeno, secondo il GIP, i lettori non hanno diritto di sapere come.
Eppure, come spiegava in altra occasione, spesso la stampa ha pubblicato i commenti offensivi che diversi personaggi pubblici hanno ricevuto tramite i social media.
Certamente, e non mi risulta che vi siano stati indagati tra i giornalisti, o i direttori di testata. A meno di non voler suggerire che Giovanni Zonin non sia un personaggio pubblico meno “interessante” di Belen Rodriguez, Chiara Ferragni, o Selvaggia Lucarelli… Almeno a Vicenza, mi sembrerebbe una tesi incredibile.
Ora cosa succederà?
Il pubblico ministero cercherà di identificare gli autori dei post ritenuti offensivi e, con ogni probabilità, vi sarà una citazione in giudizio “cumulativa”.
Un processo in grande stile insomma, che rischia di richiamare ancora di più l’attenzione dell’opinione pubblica su di un personaggio, Gianni Zonin che forse dovrebbe muoversi più sotto traccia, nel contesto sociale vicentino. Questo procedimento non è controproducente per lo stesso querelante?
Non entro nel merito delle sue scelte. Il mio compito rimane quello di dimostrare la correttezza giuridica e deontologica dell’operato del direttore Coviello. A quanto pare avrò un intero processo per farlo.
Per il momento quindi non ci resta che attendere le mosse del pubblico ministero. Noi terremo la guardia alta ed i lettori informati, inclusi quelli ora indagati tanto più che Gianni Zonin ha chiesto di spostare la sede del processo sul flop della banca per legittima suspicione, il sospetto, cioé, che, nel corso di un processo, testimoni e giudici possano essere influenzati da circostanze ambientali sfavorevoli che, sembra, l’ex presidente voglia creare.
Intanto ci pare di poter dire con certezza che il dottor Roberto Venditi, il giudice anche del processo in cui Zonin è imputato, ha dimostrato di non essere influenzato visto che ha respinto la richiesta di archiviazione e ha disposto integrazioni di indagini sui soci che avrebbero offeso il querelante.