Mentre per gli impiegati nelle filiali, circa 2.600 persone in Veneto (di cui 1.450 nella sola provincia di Padova) e altre 400 in Friuli Venezia Giulia, le tempistiche per definire gli esuberi si annunciano più lunghe e comunque c’è il salvagente dei fondi di settore per facilitare le buonuscite. L’eventuale acquisizione del Montepaschi da parte di Unicredit avrebbe ricadute in campo occupazionale, anche se sui numeri siamo ancora nel campo delle ipotesi dato che ci vorrà del tempo per definire l’offerta, e quindi conoscerne i contorni.
Di certo c’è che nelle regioni del Triveneto, nonostante la cura dimagrante degli ultimi anni, resta molto forte il radicamento della rete Antonveneta, anche dopo l’acquisizione di Mps.
Operazione completata nella primavera del 2008, proprio alla vigilia della grande crisi finanziaria e per questo tra i fattori scatenanti della crisi che ha travolto l’istituto senese. In Veneto Mps conta 184 filiali, con una quota di mercato dell’8%, al quale aggiungere il 13% di Unicredit, per un totale di 481 sportelli. Mentre in Friuli Venezia Giulia le quote sono rispettivamente del 6% (38 sportelli) e del 12%, totale 113 sportelli.
In entrambi i casi, dunque, l’aggregazione darebbe vita a un gigante di dimensioni quasi paragonabili al leader Intesa Sanpaolo. «In uno scenario già strutturalmente orientato alla riduzione delle filiali, una fusione come questa comporterebbe inevitabilmente un’accelerata nella riduzione della forza lavoro», analizza Umberto Baldo, memoria storica dei sindacalisti di Mps nel Nord-Est.
La situazione più complicata potrebbe riguardare il personale di direzione. «Guardando alle aggregazioni degli ultimi anni appare chiaro che è questo l’ambito sul quale i tagli sono più consistenti, dato che si riscontrano sovrapposizioni dei ruoli. È probabile che buona parte dei lavoratori impiegati in queste funzioni nel Triveneto vengano dirottati in filiale».
Un cambio radicale, dunque, mentre per chi già è operativo in filiale «ci vorrà del tempo per definire gli esuberi e in ogni caso ricordiamo che le banche italiane non hanno mai licenziato dal 2008 in avanti». A intervenire per favorire le buonuscite è stato finora il fondo esuberi di categoria, che tuttavia questa volta potrebbe non bastare dato che si prospettano 5-6 mila uscite.
«La tutela delle persone e dell’occupazione è la nostra priorità assoluta», commenta il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani. «Va salvaguardata l’integrità della banca e assicurata la continuità del marchio. Mps deve continuare ad essere un punto di riferimento per l’economia di tutti i territori in cui è radicata e il Nordest è tra questi. Non accetteremo», aggiunge, «che l’operazione sia guidata dalla logica del taglio dei costi».
Più moderata la posizione della Fabi, che non vede traumi all’orizzonte, trattandosi di «un’operazione del tutto simile a quella condotta da Intesa Sanpaolo nel 2017 sulle due ex-banche venete». Da segnalare anche l’appello del sindaco Sergio Giordani e dell’omologo di Mantova Mattia Palazzi, con i primi cittadini che sottolineano l’impegno nel rappresentare i dipendenti di Antonveneta/Mps e chiedono che «tutta la filiera istituzionale e i territori vengano tenuti in considerazione e coinvolti nelle valutazioni che il Governo dovrà assumere».
Resta da capire se lo shopping di Unicredit si fermerà qui. Da tempo, infatti, si susseguono voci di un interessamento verso BancoBpm, un’operazione tra banche sane che accrescerebbe ulteriormente il peso nordestino del gruppo. Anche in quel caso, l’impatto occupazionale sarebbe inevitabile.