“Il costo della transizione ecologica”. Un’auto elettrica inquina la metà di una macchina a benzina. Ma da dove arriva l’energia per alimentarsi?

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Nello scorso articolo ci si è soffermati sui motivi del mancato exploit del mercato delle auto elettriche. Trend ancora vincolato dalla mancanza di colonnine per la ricarica che siano abbastanza veloci da permettere un viaggio agevole da una parte all’altra dell’Italia. Oggi ci concentriamo su quanto inquina la ricarica di un’auto elettrica. Tutto dipende dal tipo di batteria che il veicolo ha. Ma anche da dove proviene quell’energia e come viene prodotta quella importata (qui tutti gli articoli della rubrica).

Innanzitutto calcoliamo quanto consuma una macchina elettrica rispetto a un veicolo a motore termico. In media, le batterie di un veicolo in commercio hanno un “serbatoio” elettrico compreso tra i 45 e i 77 KW/ora. Una batteria da 45 Kwh, dopo la ricarica è capace di percorrere tra i 230 e i 330 chilometri. Quella da 77 Kwh può arrivare anche a 550 chilometri. Ma, come abbiamo visto la volta scorsa, ad oggi ricaricare l’elettrica impiega circa 6 ore, ed è questo che scoraggia le immatricolazioni.

Auto elettrica vs. motore a benzina

Una city car a motore termico, invece, percorre tra i 17 e i 23 chilometri per litro di benzina in situazioni “tranquille”, come la guida in città. Per viaggiare 550 chilometri con una batteria da 77 Kwh servono quindi almeno 32 litri di benzina. Per calcolare poi quanto inquina un’auto non elettrica, bisogna vedere quante emissioni di CO2 genera la combustione di un litro di carburante. Qui dipende da che tipo di alimentazione si usa. Se fosse benzina, ogni litro emette 2,380 chilogrammi di anidride carbonica. Per coprire il tragitto di 550 chilometri, quindi, si produrrebbero più di 73 chili di CO2.

Per capire quanto inquina l’auto elettrica che percorre lo stesso tragitto, invece, bisogna andare a vedere la produzione di energia. Il calcolo è più complesso, perché l’Italia produce energia in modi diversi, più o meno inquinanti. Il modo in assoluto più nocivo per l’ambiente è lo sfruttamento di combustibili fossili, tra cui il gas naturale, il metodo maggiormente usato. Quasi il 60% dell’energia prodotta arriva da una centrale termoelettrica a gas.

In media, però, produrre un Kwh emette circa 465 grammi di anidride carbonica equivalente. Di questi, 196 g derivano dall’uso di gas naturale, 169 g dallo sfruttamento del carbone. Infine, 51.9 g dall’uso del petrolio. Stando a questi dati, quindi, percorrere 550 chilometri con l’elettrica impatta sull’ambiente per quasi 36 chili di anidride carbonica. La metà di quelli prodotti dalla combustione di 32 litri di benzina.

Da dove arriva l’energia in Italia: import ed export

Se volessimo vedere da dove arriva l’energia che serve ad alimentare una batteria, bisogna fare un ritratto energetico del nostro Paese. Sappiamo che se l’elettricità arriva da fonti rinnovabili, l’impatto ambientale è molto contenuto. Ad esempio, in Italia, circa il 30% dell’energia viene prodotta con fonti pulite.

In particolare, le centrali idroelettriche sono quelle che quantitativamente contribuiscono di più al fabbisogno nazionale lordo (oltre l’11% per cento). Oltre il 70% della produzione di energia elettrica arriva poi da centrali termoelettriche, che sfruttano la combustione di combustibili fossili. La quasi totalità di queste centrali sono alimentate a gas naturale. Solo il 15% delle centrali termoelettriche italiane va a carbone. In tutto l’Italia produce autonomamente circa l’88 per cento dell’energia di cui ha bisogno.

Mentre il resto deve importarlo. Secondo i dati della Relazione annuale situazione energetica nazionale redatta dal Ministero dello Sviluppo economico, due anni fa l’energia elettrica totale richiesta in Italia è stata uguale a 318,6 TWh, e il dato lordo sulle importazioni di elettricità, aggiornato al 2019, corrisponde a 44 TWh annui: circa il 12%.

Di questa percentuale, quasi la metà è prodotta in Svizzera. Qui l’energia prodotta arriva per il 60% dalle centrali idroelettriche, molto più sviluppate che in Italia. Il resto arriva dalle centrali nucleari. E il nucleare viene sfruttato anche in Francia, la seconda esportatrice di energia per l’Italia: quasi il 5% del nostro fabbisogno nazionale viene soddisfatto dalla Francia.