Il degrado. Ovvero, un paio di fatti ai quali si dà poca importanza

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All’ex Ilva ci sono state tre esplosioni che hanno danneggiato alcuni impianti e tubature dell’Acciaieria 2. Viene da chiedersi cosa abbiano fatto i vari padroni o affittuari (a partire da Arcelor Mittal) per mettere in sicurezza gli impianti. In tutta evidenza, praticamente niente. In questa occasione, per fortuna, non ci sono state vittime, ma è comunque un fatto grave. Domandiamoci se non sia, forse, la dimostrazione di una mentalità padronale che privilegia il “fare soldi” rispetto al garantire la sicurezza a chi lavora.

Risulta chiaro come, oltre a inquinare e a provocare malattie e morte tra la popolazione, l’ex Ilva sia insicura per chi ci lavora. In questi ultimi mesi quanti dei nostri politicanti (e anche di sindacalisti timorosi per non dire complici) hanno dichiarato più volte che Arcelor Mittal aveva ragione, che non bisognava togliere lo scudo penale, che la Magistratura vuole chiudere l’ex Ilva mentre i privati ne garantirebbero la continuità? A quei politicanti e a quei sindacati che non fanno niente per la sicurezza nei luoghi di lavoro perché la sicurezza costa e lorsignori devono guadagnare, cosa dobbiamo dire? Semplice.

Noi vi accusiamo di essere complici degli omicidi di chi vive del proprio lavoro, vi accusiamo di essere sostanzialmente inerti e indifferenti di fronte alla morte e alle malattie di chi lavora. La sicurezza nei luoghi di lavoro è la vera questione, ma a voi interessano altre cose. Voi siete attenti solo a generare false paure dalle quali ricavare voti e consenso. Voi siete soltanto servi (sciocchi o coscienti) di chi sfrutta il lavoro altrui.

Nelle pieghe della “rete” si può trovare una notizia relativa a un fatto che, evidentemente, interessa pochi o nessuno. O almeno così si ritiene. Qualche giorno fa è scoppiato un incendio nello stabilimento (chiuso) della Marlane-Marzotto di Praia a Mare. L’incendio, definito dai carabinieri di origine dolosa, è stato prontamente spento e ha interessato un capannone abbandonato (vuoto o quasi). Tutto bene, dunque. Non proprio perché in quello stabilimento lavoravano centinaia di operai. Di questi oltre cento sono morti di varie tipologie di tumore.

Nei pressi di quello stabilimento venivano sversati rifiuti tossici tanto da rendere quell’ambiente pericoloso. C’è stato un primo processo che ha visto imputati dirigenti e padroni della Marzotto e della Lanerossi. Tutti assolti per non avere commesso il fatto anche se, nelle motivazioni della sentenza d’appello, si dichiarava che sì, là in quella fabbrica, l’inquinamento è ancora oggi alto nonostante siano passati più di quindici anni dalla chiusura, che l’arsenico ritrovato nelle tubature dell’aria, sì, poteva essere stata la causa delle malattie e delle morti di tutti quei lavoratori. Probabilmente, anzi, per molti versi certamente … ma non si poteva affermare con certezza chi fosse responsabile … era passato troppo tempo. Adesso c’è un altro processo per una trentina di decessi.

Ma tutto va per le lunghe. Tra lungaggini e perizie, cavilli e rinvii la verità e la giustizia stentano ad essere raggiunte (anzi si potrebbe scommettere che resteranno un miraggio). Ma alcune domande vengono spontanee. Com’è potuto iniziare l’incendio doloso? Chi è il “piromane”? Conviene a qualcuno che sia successo? E, soprattutto, com’è possibile che, in un’area dove è avvenuto il disastro sul quale è in corso un processo, sia potuto accedere un’azione di questo genere?

È soltanto l’azione di qualche “sbandato” o si voleva cancellare qualcosa? Oppure è un avvertimento magari in preparazione di qualche speculazione (visto che quell’area sarà prima o poi riutilizzabile)?

Nell’attesa di qualche notizia il dubbio è più che ragionevole.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.