Una volta al sud c’erano mafia, camorra e Sacra Corona unita a far associare ai “meridionali” tout court la qualifica di delinquenti senza escludere chi, la maggior parte, anche in mezzo alla malavita prova (anche se è più duro) a vivere onestamente.
Ora molte delle teste pensanti, magari vestendo al nord in giacca e cravatta, hanno lasciato ai progenitori del sud la parte finale e più maleodorante degli atti delittuosi (spaccio al dettaglio e racket verso i piccoli commercianti, ad esempio) e gli show delle sparatorie, o ammazzatine che dir si voglia, che aiutano i colleghi dei Tg e dei giornali nazionali a farci servizi e titoli di apertura di gran richiamo.
Loro, invece, i figli e i nipoti, spesso con tanto di laurea alla Bocconi o in università di prestigio straniere, gestiscono, dal nord e con recapiti alle Bahamas o alle Cayman, la parte finanziaria dei traffici “sudici” e gli investimenti con i profitti di quei traffici, a cui si aggiungono quelli geolocalizzati direttamente sopra il Po e, spesso, trasformati in speculazioni immobiliari e mobiliari.
Loro, figli, nipoti e a breve i pronipoti dei malavitosi dl sud, “giocano” a fare i banchieri e/o i finanzieri di lignaggio e promuovono fondazioni culturali e di beneficenza guadagnando alla grande, anche e soprattutto nei paradisi fiscali, e, cavandosela, quando proprio gli dice male, con speculazioni (tipo i finanziamenti non restituiti) intorno alle banche fallite o che stanno per fallire (è un caso che gli ultimi botti esplosi o quelli annunciati siano praticamente tutti relativi a Istituti bancari da più su del Tevere fino a sotto le Alpi?).
Ma prima al sud prosperavano anche il caporalato con gli immigrati, il lavoro precario per i salariati e, non allunghiamo troppo l’elenco, le terre dei fuochi per smaltire low cost i rifiuti tossici.
Ora nel nord scopriamo i grandi caporali (generali del business con gli extracomunitari che certi politici dicono di non volere ma che certi loro finanziatori amano alla follia per fare i soldi sulla loro pelle), emerge un precariato sempre più diffuso (spesso anticamera di tante morti e infortuni sul e di lavoro) e, “amarum in fundo“, tracciamo non solo i Tir che trasportano “da su a giù” i materiali tossici da bruciare ma anche capannoni trasformati dal Po in su in depositi di quei rifiuti (per, magari, risparmiare sul trasporto) e autostrade oltre che superstrade sotto il cui asfalto c’è di tutto e di più.
Ecco perché, forse, Draghi e il suo governo avranno successo per almeno una delle loro promesse: ridurre il divario tra nord e sud, che oggi, per i punti sopra appena accennati, quasi e senza quasi non c’è più se non per l’aspetto che al nord ci sono ancora più soldi (sporchi e neri come giorni fa hanno cominciato a denunciare anche alcune categorie di imprenditori).
Ma su un punto super Mario dovrà lavorare, e molto, se vuol raggiungere il suo obiettivo, che, poi, tanto lo vuole la, sua, Europa: al sud, dal Tevere in giù, le pompe funebri guadagnano di meno.
Se in Veneto e in Brianza, ad esempio, per un funerale low cost si cominciano a vedere cartelloni pubblicitari con tariffe di “ingresso” da 1.800/1.900 euro tutto compreso (a parte il morto), dallo Stato Pontificio in giù si parte da 1.200 euro per giunta spesso pagabili a rate senza interessi.
Per fotografare una di queste, frequenti, offerte non siamo andato molti chilometri sotto il Vaticano (anche se a Roma sul web ci sono offerte da 850 euro ma, si sa, sotto il web a volte c’è il trucco…): magari più giù si potrebbe avere un post mortem ancora più sereno e meno oneroso per… i familiari.
Ecco perché, forse, al sud è più facile trovare gente col sorriso sulle labbra: a loro costa sempre poco morire.