Il dossier: il mini Monte di Pietà di Vicenza con la Fondazione di Venezia

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C’è un secondo dossier che potrebbe diventare caldo nel necessario processo di consolida mento e razionalizzazione delle Fondazioni bancarie in Veneto. Si tratta della fusione tra Fondazione di Venezia e il Monte di Pietà di Vicenza, un progetto tentato e fallito nel 2014. «Uniamoci nel nome di Palladio» proclamò l’allora presidente dell’ente veneziano Giuliano Segre, da cui partì l’intenzione. L’unione fu ana­ lizzata economicamente e giuridicamente. Quel piano industriale è finito nei cassetti ma i tempi sono tornati maturi per metterlo in opera. Fondazione di Venezia ha (dati 2016) un patrimonio di 34l, 7 milioni.
Quello del Monte di Pietà è esiguo: l,8 milioni; è la più piccola fondazione d’Italia. Vicenza eroga 14 mila euro, «può essere solo astrattivamente opera­tiva con scarsissime possibilità finanziarie» disse allora Segre. Le ragioni dell’accorpamento, riportava il piano, stanno «nello storico rapporto fra le città (Palladio)», «perché in passato si sono fuse anche le Casse di Risparmio» e poi «le cose non vanno tanto bene per le Fondazioni». Così nel 2014. Figurarsi adesso. Venezia voleva estendere il proprio ambito e così si scelse di confrontarsi con un “pesce” piccolo che con la geograficamente contigua Cariparo, con cui si condivide lo storico legame con Banca Intesa. La fusione Venezia Vicenza prevedeva l’introduzione di un consigliere espresso dal Comune di Vicenza nel cda, con introduzione del sistema duale e potenziamento della spa Palazzo del Monte (nella foto il palazzo), l’unica società strumentale della Fondazione che gestisce l’omonimo immobile che ne rappresenta il patrimonio. Durante il 2014 Segre e Mario Nicoli, presidente del Monte, si scambiarono diverse lettere protocollate con le intestazioni «caro amico» ma nulla decollò perché Vicenza disse «no» alle avance della Laguna: «Irricevibili: si rischia la perdita d’identità».
di e.v.. da Il Mattino di Padova