di Giuseppe Pietrobelli da Il Fatto Quotidiano
Nel nord-est dell’Italia c’è una terra meravigliosa, con le montagne più belle al mondo e le colline ricoperte di vigne dai grappoli d’oro. In quelle lande beate i cittadini vivono felici, amano chi li governa, lavorano operosi, hanno la burocrazia più efficiente, una sanità d’eccellenza e a tavola bevono il vino migliore. Inoltre, pagano meno tasse di tutti. Per chi non l’avesse riconosciuto, questo è il Veneto che zar Zaia III potrà continuare a governare indisturbato, grazie al potere assoluto conquistato alle Regionali.
Ventiquattro seggi della lista “Zaia Presidente” e un autonomista leghista assicurano la maggioranza (su 50 consiglieri e il presidente). Potrà dire bellamente di no a Matteo Salvini e al centrodestra. Le opposizioni? Irrilevanti. Ma è davvero un paese di cuccagna, degno di una favola politica moderna, quello che anche i giornali locali amici del presidente (praticamente tutti) hanno cominciato a battezzare Zaiastan, come tributo genuflesso al nuovo satrapo in regime di democrazia? Non proprio. C’è un altro-Veneto, nascosto nelle pieghe delle cronache, che non diventa mai motivo di scandalo pubblico, pur avendo i titoli per esserlo.
1. Colline ai pesticidi È un vanto di Zaia il riconoscimento Unesco (2019) delle Colline del Prosecco quale patrimonio dell’umanità. Due giorni dopo c’era già la legge per gli “alberghi diffusi” tra le vigne, dove i pesticidi fanno fuggire gli abitanti verso la città, i coltivatori ricevono autorizzazioni per nuovi filari e i produttori litigano per spartirsi nome e mercato da un miliardo di euro.
2. Dolomiti ferite Altro vanto: i Mondiali di sci Cortina 2021 e Olimpiadi Milano-Cortina 2026, per “salvare le montagne”. Arriveranno fiumi di soldi. Ambientalisti sul piede di guerra: dal Giau alle Cinque Torri, fino alla Marmolada, si attuano progetti di nuovi impianti. Una devastazione. E sotto le Tofane hanno già spianato le piste.
3. Acque maledette Veneto a tolleranza zero con i Pfas? Peccato che i composti chimici fluorurati dalla Miteni di Trissino, nell’indifferenza degli enti pubblici, abbiano causato un colossale inquinamento della falda che interessa tre province (Vicenza, Verona, Padova), 72 mila residenti in “zona rossa” e altre 200 mila persone.
4. Calamità Zaia ne ha affrontate molte: Vaia, allagamenti, frane e acque alte. Ma i geologi di Sigea accusano: “In Veneto si risponde con logiche di Protezione Civile, soccorso e ripristino. Non basta per evitare che gli effetti si ripetano. Il Veneto è la regione più cementificata d’Italia e gli uffici regionali di salvaguardia geologica rischiano l’estinzione”.
5. Suolo divorato Il Veneto è “maglia nera” per consumo del suolo (785 ettari in più nel 2019, fonte Ispra) e Zaia ha ricevuto la simbolica “betoniera d’oro”. Lui: “Abbiamo approvato la legge (nel 2017, ndr) per il consumo zero, ma i capannoni sono un valore economico”.
6. Pedemontana infinita Zaia, appena eletto: “È merito nostro aver sbloccato la superstrada Pedemontana Veneta”. Il concessionario era senza soldi e la Regione nel 2017 ha sborsato 300 milioni, assumendosi i rischi economici se il traffico sarà scarso. Bagno di sangue previsto. Prima pietra nel 2011, una galleria di 7 km sotto sequestro, raccordo con la A4 dai tempi biblici. Il costo di 2,5 miliardi con il project financing sarà di 13 miliardi in 39 anni.
7. Strade e autostrade Gasato dall’elezione, Zaia ha annunciato: “Faremo l’autostrada del mare per Jesolo”. Altri miliardi e suolo mangiato. Il suo grande progetto è mettere le mani sulla rete autostradale del Nordest.
8. Pianura inquinata Il Veneto è una camera a gas. Il livello limite del Pm-10 viene superato in media 35 giorni all’anno, ma nelle città capoluogo si va dai 60 ai 71 giorni.
9. Il “regno bianco” C’è una continuità politica, anche se la Dc non è Forza Italia o la Lega. La “regione bianca” è stata amministrata (1995-2010) da Giancarlo Galan, dal 2010 al 2025 lo sarà dalla Lega. Zaia nel 2005 era il vice di Galan, dopo tre anni fece il ministro e passò il posto romano a Galan.
10. Scandalo Mose Zaia se ne chiama fuori, ma lo scandalo proliferò mentre lui stava in Regione con Galan e l’assessore Renato Chisso (arrestati).
11. Grandi Navi Non ha mai detto che devono andare fuori dalla Laguna, al massimo seguire percorsi alternativi, come il sindaco Luigi Brugnaro che vuole scavare i canali.
12. Banche amiche Quando Bankitalia ispezionò Veneto Banca, prima del crac, Zaia disse: “È dittatura finanziaria”. E 200 mila risparmiatori (con PopVicenza) finirono sul lastrico.
13. Sanità privata Il peso annuo del privato arriva a 2,8 miliardi di euro su 10, il 70% delle riabilitazioni è in mano al privato. Le lunghe attese spingono i cittadini a rivolgersi ai privati per esami a pagamento.
14. Citrobacter La tragedia dei 4 bambini morti a Verona (e 9 cerebrolesi) ha dimostrato le pecche dell’ospedale. Due anni dopo la Regione è stata informata dai giornali, non dalla catena di comando sanitaria.
15. Tasse Zero Un altro vanto di Zaia: “Veneto tax free, non metto le mani nelle tasche dei veneti”. In realtà pagano, visto che l’1,23% del reddito è fissato per legge. Il Veneto non ritocca al rialzo l’aliquota, come potrebbe. Ma non è l’unica regione. Nel 2020 i veneti pagheranno 847 milioni di Irpef.
16. Leggi bocciate Zaia si è vantato che il consiglio regionale legifera molto. Ma viene spesso bocciato. Il governo ricorre spesso per conflitti di attribuzione. I casi più clamorosi: l’obbligo di esporre la bandiera veneta sugli edifici statali e le corsie preferenziali per accedere ad asili e case di riposo.
17. Autonomia Lui la chiama “la madre di tutte le battaglie”, ma finora è il fiasco più grande. Il referendum è del 2017. Tre anni (e un governo amico) dopo, Zaia è ancora lì che aspetta.
Impresentabili
Non sembra essersi pentito di quelle firme apocrife apposte nel 2015 a sostegno della lista di Forza Nuova che voleva candidarsi alle Regionali del Veneto. Daniele Polato ( nella prima foto) militava in Forza Italia è attestò “di aver accertato personalmente l’identità dei firmatari”. Lo scorso dicembre è stato condannato a un anno con la condizionale. Naturalmente ha presentato ricorso, anche perché è assessore in carica alla sicurezza della giunta Sboarina a Verona. Ma adesso quella condanna può costargli cara, in termini di carriera politica, tagliandogli le gambe per diventare assessore regionale. Nelle Regionali 2020, Polato ha avuto un notevole successo personale, con 10.783 preferenze è stato il primo degli eletti del partito di Giorgia Meloni. E siccome Fratelli d’italia fa parte della maggioranza con Zaia, Lega Salvini e Forza Italia, è logico pensare che un posto in giunta gli sarà assegnato. Ma Polato è un impresentabile, vista la condanna seppure non definitiva, tra l’altro ricevuta per un reato commesso a favore di una formazione di estrema destra. L’interessato si era giustificato sostenendo di aver voluto favorire la “democrazia partecipativa”.
Adesso la sua scivolata potrebbe favorire Elena Donazzan, pure lei ex di Forza Italia. Nel nuovo consiglio regionale spicca la presenza di un altro veronese, Enrico Corsi (nella seconda foto), leghista di lungo corso. Eletto con Salvini, è stato condannato definitivamente nel 2008 per propaganda razzista. Dovette risarcire alcune famiglie sinti, parte offesa del reato commesso da un gruppo di leghisti (tra cui Flavio Tosi, futuro sindaco scaligero, poi espulso) che aveva diffuso volantini che se la prendevano coi nomadi che occupavano un accampamento in un quartiere di Verona.