Sono ormai frequenti gli avvistamenti del grande carnivoro su tutto l’arco alpino, Prealpi vicentine comprese, non senza destare qualche preoccupazione negli abitanti delle relative zone. Da quando è partito, nel 2013, il progetto comunitario Life WolfAlps ha pianificato e realizzato molteplici azioni volte a tutelare la specie Canis Lupus, in via di estinzione e per questo protetta per la prima volta da una legge del 1971. Di certo, la reintroduzione, men che meno via elicottero come alcuni fantasiosamente sostengono, del carnivoro in questione, che con la sua immagine da “cattivo” ha sempre vivacizzato l’immaginario collettivo, non ha a che vedere con l’insieme dei provvedimenti presi dal team del progetto.
Lo scopo, ben esplicitato nel relativo sito (www.lifewolfalps.eu), è chiaramente solo quello di salvaguardare questa specie, proteggerla e favorirne un’equilibrata coesistenza con l’uomo e le sue attività economiche, legate soprattutto all’allevamento.
In effetti, non si può negare che qualche vitello o pecora il lupo se lo mangi volentieri, ma principalmente predilige erbivori selvatici, accontentandosi anche di carcasse e piccole quantità di frutta, non senza riuscire a digiunare diversi giorni quando i lunghi tragitti che affronta in piena maturità sessuale glielo impongono.
Tuttavia, fin dalla sua origine, circa 800.000 anni fa, il lupo, di cui il cane è sottospecie polimorfa, ha da sempre occupato un ampio areale per la sua spiccata capacità di adattamento. In Europa era molto diffuso nella parte settentrionale e meridionale, prima che, nel XX secolo, a seguito della persecuzione umana, non fosse praticamente andato estinto.
Come molti sapranno e come i naturalisti insegnano, la biodiversità, lupo incluso, è importante per la sopravvivenza di tutti gli esseri viventi – uomo compreso – tuttavia, anziché salutare come un lieto evento il suo spontaneo ritorno in molte zone montane, sembra che molti lo vedano come un fastidioso grattacapo.
Eppure, le regioni interessate, Veneto compreso, di concerto con il Life Wolfalps, sembra abbiano abbondantemente fornito l’assistenza materiale atta ad aiutare le aziende di allevamento nella necessità, rinnovata più che del tutto nuova (visto che lupi, pecore e pastori sono sempre coesistiti), di proteggere i propri capi di bestiame. Sono infatti stati messi a disposizione gratuitamente dispositivi di protezione quali reti e recinzioni, oltre che risarcimenti sia per il danno che per lo smaltimento conseguenti ad eventuali predazioni, mentre coppie di cane pastore maremmano-abruzzese sono state donate alle aziende ritenute idonee a tenerle ed educarle.
Inoltre, sono state intraprese molte iniziative volte ad una corretta informazione e divulgazione su questo argomento, cercando di sfatare molti luoghi comuni, anche attraverso eventi culturali ed esperienze dirette sul campo.
Tuttavia, sembra che questo non sia bastato.
Forti forse dell’imprinting prodotto dalla favola di Cappuccetto rosso, presente probabilmente nell’infanzia di chiunque, molti temono ancora questo animale. Perché quindi sembra sia così faticoso accettare, soprattutto per gli attuali insediamenti antropici, la rinnovata presenza di un animale di cui l’uomo aveva determinato la quasi totale scomparsa?
“Io il lupo lo rispetto; anche lui cerca di sopravvivere, come tutti, del resto”.
È così, molto semplicemente, che il giovane Piero Tomei, pastore a Bagno Grande, una frazione de L’Aquila, “spiega” il suo rapporto col mammifero in questione, che ha avvistato attorno a sé in circa 40 esemplari, mi racconta, suddivisi in tre branchi. Dall’uomo, però, il lupo cerca sempre di tenersi alla larga e anzi, appena ne è a vista preferisce allontanarsene in fretta.
Anche Piero, con parole sue, ce lo conferma: “il lupo è curioso, ma teme l’uomo… Come tutti gli animali di questa terra, perché l’uomo è l’animale più pericoloso che esista“.
“Tu come proteggi le tue pecore dai lupi?” Gli chiedo.
“Io ho i cani (6 da guardia e 2 da conduzione per 50 pecore) e poi le seguo“.
“Secondo te che sei del mestiere, Piero, quale potrebbe essere la soluzione per un allevatore?”
“Con le bestie, per fare il pastore, bisogna starci” risponde, incisivo. “È che secondo me alcuni non vogliono far fatica. Poi dipende dalla mentalità: se non c’è cultura, in queste cose, è come avere una casa senza fondamenta“.
Nella zona dove si trova Piero, un tempo c’erano “più pecore che uomini“; e i lupi non si contavano, tant’è che i pastori avevano anche tanti cani, anche se purtroppo qualche colpo di lupara ci scappava… Forse senza sapere che avrebbe contribuito all’estinzione di questo animale selvatico.
Ora i tempi sono cambiati, c’è molta informazione e di certo anche un’assistenza che una volta non esisteva.
Forse molti tuttora ignorano l’esistenza dei cani vaganti, che predano, tra gli altri animali, anche quelli domestici e che per i progenitori lupi costituiscono una potenziale minaccia sia per la trasmissione di malattie sia per l’ibridazione e la conseguente dispersione genetica.
“Quante ore lavori, al giorno, Piero?”
“Mah, in questo periodo anche 13/14 ore. Mungo, faccio il formaggio, macello e vendo la carne. Mi piace, il mio lavoro, anche se è molto faticoso“.
“E i cani da guardia?”
“Ah, quelli darebbero la vita per le pecore. Una cosa è certa: dagli animali c’è sempre da imparare“.
E mi mostra una foto di una sua cagna che allatta gli agnellini, a riprova di quest’affezione reciproca.
Dalla vigorosa e positiva concretezza di Piero trapela anche tanta tenerezza. Mi chiedo se il contatto ravvicinato con la natura non renda anche migliori…
Alcune regioni si sono dette favorevoli alla proposta di legge che ammette l’abbattimento controllato e giustificato di un numero predefinito di lupi, mentre altre si sono dimostrate totalmente contrarie. La conferenza delle regioni per ora non ha quindi trovato un accordo, rimandato ad un momento di maggior disponibilità di dati sull’argomento.
Il calendario di iniziative del progetto Life WolfAlps terminerà a marzo e tirerà le somme con un convegno a Trento i giorni 19 e 20 dello stesso mese. Speriamo che nel frattempo gli animi, soprattutto quelli di chi vive nello stesso habitat del lupo, si siano rasserenati e soprattutto si sia maturata una più profonda consapevolezza del patrimonio naturale che ci circonda e dal quale siamo interdipendenti.