Gli architetti vicentini Giuseppe Zampieri, Marco Chemello e Alessandro Zin (che progettarono il Menti di sogno, ndr) erano collegati allo studio londinese di David Chipperfield. Giuseppe Zampieri negli anni successivi ha fondato il David Chipperfield Architets a Milano. «Il Sospiro del Tifoso» nell’ottobre 1997 illustrò il progetto, che rimase lettera morta per il rifiuto del sindaco Quaresimin ad accordarsi con gli inglesi dell’Enic che avevano acquistato la società biancorossa all’asta fissata dal giudice fallimentare di Milano per 23 miliardi di lire: un investimento in piena regola per il quale la ristrutturazione dello stadio era un tassello fondamentale
Gli inglesi dell’Enic comprarono nel 1997 il Vicenza calcio dal fallimento della proprietà Dalle Carbonare-Trevitex con l’obiettivo di rifare il Romeo Menti, renderlo uno stadio di città. Volevano trasformare lo stadio storico dei vicentini radicalmente, sperando nel convincimento e nella collaborazione del Comune di Vicenza, proprietario dell’immobile.
Lo stadio, per giustificare un investimento di 23 miliardi di lire (ancora oggi il più alto da sempre per l’acquisto di una società di calcio) era obbligatorio. Ma fecero i conti senza l’oste. L’oste era la politica vicentina imperniata sulla pressoché nulla capacità del sindaco di allora, Marino Quaresimin, di assumersi la responsabilità di decisioni importanti.
Stephen Julius, l’intermediario scelto da Joe Lewis, padrone dell’Enic, fece alcuni errori, a dire il vero. Si mosse con poca diplomazia, forse perché era convinto che la città di Vicenza, con le buone o con le cattive, avrebbe sputato l’osso. Non seppe accattivarsi fino in fondo (solo a metà) il giornale della città e anche gli industriali vicentini, che non furono chiamati a condividere il progetto (tanto per dire, il buon Maltauro non fu affatto chiamato dagli inglesi) erano indifferenti.
Forse questo fu un decisivo errore, Julius avrebbe dovuto informarsi meglio sulla piccola scala gerarchica al potere in questa piccola città del Nordest italiano. Non lo fece, e il bellissimo Romeo Menti che aveva in serbo per il futuro della società che aveva appena comprato, restò un flebile miraggio. Finché non si decise, in mancanza di prospettive che senza uno stadio nuovo ed efficiente erano del tutto prive di progettualità reale, a vendere il Vicenza inutilmente comprato, accettando una perdita di qualche miliardo di lire. Al gruppo Cassingena. E per il Vicenza fu l’inizio della fine (che sarebbe sfociata nel fallimento del gennaio 2018).
Il Romeo Menti restò quello che era e anzi fu sempre più cadente per l’incapacità del Comune di provvedere alla sua manutenzione straordinaria e per la dolosa volontà dei nuovi proprietari biancorossi di non pagare il canone (resta un debito verso il Comune in mano al curatore fallimentare del Vicenza di 500 mila euro, che ovviamente nessuno pagherà).
Il Progetto Vicenza fu modificato e abbandonato in corsa:
lo stadio nuovo era essenziale
Ma Stephen Julius, pur fra difficoltà ed errori che lo costrinsero a modificare in corsa il “Progetto Vicenza”, aveva una dote: sapeva programmare. E aveva anche deciso – se Quaresimin avesse accettato la proposta di modificare in parte il piano regolatore dell’area stadio, in cambio di una ristrutturazione gratuita di un bene così prezioso per la comunità concedendone la disponibilità per 99 anni alla società proprietaria – che tipo di Menti fare. Semplicemente un gioiello. E avremmo ovviamente avuto gli inglesi proprietari del Vicenza Calcio che questo gioiello facevano e gestivano. Il Vicenza sarebbe stata la prima società a proprietà straniera (ma europea) anche negli anni successivi. Non ci sarebbero stati né Cassingena né i suoi epigoni fasulli. E soprattutto avremmo avuto uno stadio gioiello, ancora pubblico di nome ma privato di fatto. Uno stadio firmato da un nume dell’architettura mondiale, David Chipperfield.
Ironia della sorte: proprio a Chipperfield la città di Vicenza l’anno scorso ha offerto la disponibilità della Basilica palladiana per una mostra sui suoi progetti ben noti in tutto il mondo e di pregio incommensurabile. Stephen Julius e i suoi referenti britannici (che poi, fallito il progetto Vicenza, avrebbero acquistato il Tottenham Hotspur) avevano almeno su questo le idee chiare.
«Il Sospiro del Tifoso», nel suo numero 3 del 4 ottobre 1997 riuscì ad entrare in possesso del progetto, pubblicò foto del plastico, ne illustrò le caratteristiche. E titolò: “Ecco il Menti dei sogni di Julius: è stato progettato a Londra da architetti vicentini”. Gli architetti erano veri, in carne ed ossa, si chiamavano Zampieri, Zin e Chemello, ma lo studio di riferimento era quello di David Chipperfield. Zampieri lavorava allo studio Chipperfield di Londra stabilmente.
La genesi dell’idea era evidente. Julius non aveva perso tempo e non si era rivolto ad uno studio qualsiasi ma al Gotha degli studi dell’architettura europea (e forse mondiale).
A titolo di cronaca: quando l’idea della ristrutturazione totale del Menti era uscita ufficialmente allo scoperto, ci furono studi vicentini che cominciarono a mettersi in vetrina, confidando in una chiamata. I primi due progetti, in subitanea guerra politica fra loro, furono firmati da due noti studi locali di architettura, Faresin e Novello. Ma non ebbero seguito. Julius aveva già portato avanti la sua chiamata a Chipperfield confidando nella realizzazione del progetto. Un progetto che ci appare, anche a distanza di molti anni, di altissimo livello.
Ne abbiamo sintetizzato, nell’articolo precedentemente pubblicato, le caratteristiche essenziali, che «Il Sospiro del Tifoso», nel 1997, pubblicò in dettaglio
Di Pino Dato, da Quaderni Vicentini