Un’informativa della Gdf ricostruisce lo scandalo dei fondi offshore per finanziare di nascosto i clienti vip. A presentare gli uomini della lussemburghese Optimum fu Mariano Sommella, ex ispettore di Via Nazionale
I magistrati indagano sullo stralcio che riguarda proprio i fondi maltesi e lussemburghesi della banca, serviti anche a finanziare di nascosto «gli amici degli amici» che non avevano merito di credito. L’intervista di Sommella è del 14 novembre 2017, ovvero poco dopo che La Verità aveva puntato il dito contro il fenomeno delle «porte girevoli» tra vigilante e vigilati andato in scena a Vicenza.
Sommella era stato ascoltato come testimone due volte, a marzo del 2017, per chiarire i suoi rapporti con gli ispettori di Bankitalia che, ancora nel 2012, avevano dimostrato di aver capito poco di come venivano finanziati gli aumenti di capitale. E aveva garantito che nella cena con il capo del team ispettivo, Giampaolo Scardone, e l’allora dg della Bpvi, Samuele Sorato, svoltasi al riparo da occhi indiscreti nella bergamasca, pochi giorni dopo la chiusura dell’ispezione, non si era parlato dei problemi della banca o dell’ispezione. I pm di Vicenza gli hanno creduto, però hanno spedito a Roma una serie di documenti che aprono scenari diversi.
«Questi (i manager della banca, ndr) hanno rovinato un sacco di famiglie con la banca e adesso rischiano anche tante altre famiglie, dei dipendenti, e magari in questo momento se la stanno godendo», è l’analisi impeccabile di Sommella, intercettato mentre parla con un certo Angelo (22 marzo 2017). Si riferisce forse alle famose «baciate», ovvero la concessione di prestiti ai soci in cambio della sottoscrizione di azioni che di lì a pochi mesi varranno zero, e ai meccanismi alquanto acrobatici per fissare il prezzo delle azioni stesse, che forse non a caso non erano quotate in Borsa. Ma quella voragine dei fondi offshore, di cui Sommella non parla mai nei lunghi sfoghi captati dalla Guardia di Finanza, invece da dove nasce?
Quando Francesco Iorio prende il posto di Samuele Sorato, a maggio del 2015, ovvero tre mesi dopo che la Bce ha scoperto i buchi, il nuovo capo si rende conto che il comparto estero è un verminaio. E fa un bell’esposto alla Procura di Vicenza in cui racconta che la Popolare aveva messo 350 milioni di euro in tre fondi lussemburghesi: Optimum 1 e Optimum 2 gestiti da Alberto Matta e riconducibili a Futura funds e ad Athena, del finanziere Raffaele Mincione. Quei milioni avevano una duplice funzione: comprare azioni della stessa Popolare con uno schermo offshore e finanziare società riconducibili ad Alfio Marchini, al gruppo barese De Gennaro e alla famiglia Fusillo. Tutte entità in grave difficoltà finanziaria. Le rettifiche operate da Iorio hanno registrato immediatamente 170 milioni di perdite, quasi la metà dell’intero investimento. Il fatto che quei fondi non avessero altri investitori non aveva minimamente insospettito né Sorato né il direttore finanziario, Andrea Piazzetta. Del resto, quelli di Optimum li aveva presentati Sommella, l’ex ispettore di Via Nazionale.
In un’informativa del 16 marzo 2016, la Guardia di finanza segnala: «Da una disamina delle mail e della relativa documentazione allegata emergerebbe che i rapporti tra Bpvi e Optimum asset management hanno avuto inizio a seguito di un incontro avvenuto in data 5 dicembre 2011, organizzato da Sommella Mariano e tale Majorano Giorgio». All’incontro, oltre ai citati Sommella e Majorano, avrebbe partecipato anche il noto Matta Alberto, «Managing Director e principale gestore della società di gestione Optimum». L’incontro avviene, come testimoniano le mail tra Majorano e Sommella, mail che comprendono anche la presentazione dei fondi e di Matta stesso, attraverso l’ex uomo di Bankitalia. Ed evidentemente, l’incontro va a buon fine.
In una mail del 9 febbraio 2012, destinata a Sommella e inviata sulla sua casella di posta personale con toni abbastanza sbrigativi («Mariano, apri l’allegato e poi chiamami»), Majorano spiega come funzionano i fondi, illustra lo schema dell’investimento e addirittura si espone per iscritto sul delicato tema del rafforzamento di capitale della Vicenza da eseguire, per vie parallele: «Si può concludere che per effetto dell’investimento in FondoA (Optimum, ndr) e in ragione della strategia complessiva di investimento di quest’ultimo, la Banca potrebbe acquisire un portafoglio diversificato di asset di mercato tra cui, eventualmente, azioni proprie». «Azioni proprie» è proprio un bello zuccherino goloso, in quel momento, per una banca che stava tenendo su con gli spilli un enorme castello di finzioni («Siamo banca aggregante», diceva il presidente Gianni Zonin ai soci ancora nel 2012).
Passano appena 12 giorni e il cda della Vicenza approva la costituzione di uno specifico «plafond di investimento sino ad un massimo di 500 milioni di euro in quote di Oicvm». Ovvero, «Organismi di investimento collettivo in valori mobiliari», che poi tanto collettivi non erano, come abbiamo visto. E il 28 febbraio, Sorato e Piazzetta trasferiscono all’estero i primi 200 milioni. Adesso «occorre seguire i soldi» direbbe Sommella.
da La Verità