“Repubblicani, non cedete—i Patrioti non dimenticheranno mai! Se questa misura va in porto, un sacco di primarie vi aspettano”. Con queste parole fra consigli e minacce Donald Trump ha cercato di dissuadere i senatori repubblicani dal votare a favore della proposta bipartisan sulle infrastrutture negoziata da cinque senatori democratici e altri cinque repubblicani. L’ex presidente ha continuato attaccando Mitch McConnell, leader della minoranza repubblicana nella Camera Alta, accusandolo di essere un “perdente” e di fare il gioco dell’estrema sinistra democratica.
Trump nella sua semplicità è sempre trasparente come se stesse giocando alla dama. McConnell, invece, gioca a scacchi sapendo benissimo che nonostante il suo voto favorevole che apre la porta al voto sulla misura bipartisan, alla fine lui e il suo partito ci guadagneranno.
L’accordo negoziato dal gruppo bipartisan include i notevoli contributi di Kyrsten Sinema e Joe Manchin, senatori democratici conservatori, rispettivamente dell’Arizona e West Virginia, ambedue sotto pressione di votare con il loro partito per eliminare il filibuster. Questa regola permette a una minoranza di 41 senatori di bloccare leggi nella Camera Alta ed è usata da ambedue partiti per vantaggi politici. La regola è però divenuta uno strumento favorito dei repubblicani per frenare misure legislative democratiche sulla riforma elettorale, l’immigrazione, e altri diritti civili. L’accordo bipartisan sulle infrastrutture fa respirare i senatori conservatori democratici confermando la loro idea che a Washington si può lavorare in maniera bipartisan.
La misura approvata dal gruppo bipartisan deve essere votata dal Senato, poi dalla Camera, ed eventualmente firmata dal presidente Joe Biden. Si tratta di un lungo processo che fa il gioco di McConnell con buone prospettive di “profitti” politici per i repubblicani. Il primo fra questi è la riduzione sempre più incalzante della pressione per l’eliminazione del filibuster poiché McConnell lo usa in maniera efficace come strumento ostruzionista. La proposta bipartisan disegnata dal gruppo di dieci senatori “moderati” cerca di dimostrare che l’era del clima bipartisan al Senato continua. Si tratta di un’illusione che però rafforza la mano di Sinema e Manchin fino ad adesso contrari all’eliminazione del filibuster. Adesso con l’accordo iniziale sulle infrastrutture possono cantare vittoria anche se il traguardo finale rimane lontano. Ciò include l’improbabile approvazione alla Camera dominata dai democratici i quali potrebbero congelare la proposta del Senato. I repubblicani però ci guadagnano perché la proposta di mille miliardi di dollari solo include la metà in nuove spese e il rimanente verrebbe fornito da fondi già stanziati per altri programmi sui trasporti. Nonostante questo però si tratta di una misura che contribuirebbe ingenti risorse per rimodernare i ponti, la rete delle autostrade interstatale, i trasporti pubblici—treni, autobus e metropolitane—, e l’ampliamento della rete di stazioni di ricarica dei veicoli elettrici. Contribuirebbe anche alla manutenzione di infrastrutture idriche, l’espansione di accesso alla banda larga e la modernizzazione della rete elettrica come pure l’espansione delle energie rinnovabili. I negoziatori repubblicani hanno avuto successo anche con le coperture che non includono aumenti alle tasse come avrebbero voluto i democratici.
La proposta di legge del Senato dovrà però fare i conti con la Camera dove le sue chance di approvazione sono in salita. I democratici sia al Senato che nella Camera Bassa favoriscono un piano di infrastrutture di 3500 miliardi di dollari che va molto oltre il “modesto” piano bipartisan. Il piano democratico che al momento si sta sviluppando alla Commissione sul Bilancio presieduta da Bernie Sanders, il senatore democratico socialista del Vermont, è ovviamente molto ambizioso. La proposta include non solo spese sulle infrastrutture ma anche fondi per il sostegno all’infanzia e all’istruzione, i cambiamenti climatici, ampliamento dell’assistenza sanitaria, e la riforma sull’immigrazione. Le coperture per queste ingenti spese verrebbero fornite da un aumento al carico fiscale sulle imprese e sui redditi superiori a 400mila dollari l’anno. L’approvazione avverrebbe mediante la procedura parlamentare di “reconciliation” che non è soggetta alla soglia dei 60 voti al Senato. Anche questa strada non è in discesa perché tutti i 50 senatori democratici dovrebbero votare compatti e i soliti Sinema e Manchin hanno espresso dubbi per l’uso della procedura di “reconciliation”, preferendo la strada tradizionale bipartisan.
I democratici non sono contrari alla misura bipartisan sulle infrastrutture ma la appoggerebbero solo in tandem con la loro proposta di 3500 miliardi di dollari. Ambedue proposte dovrebbero essere approvate simultaneamente ma i repubblicani si oppongono.
Le elezioni di midterm dell’anno prossimo continuano a preoccupare i democratici poiché si crede che potrebbero perdere la maggioranza in una o addirittura entrambe Camere. In tale eventualità Biden sarebbe nelle mani della maggioranza repubblicana che lo renderebbe in grande misura un’anatra zoppa per i due ultimi anni del suo mandato. Il tempo stringe dunque. McConnell da parte sua sta facendo il gioco di collaborare sapendo benissimo che il lungo percorso legislativo lo favorisce. Le sue priorità sono di mantenere il filibuster e togliere a Biden successi legislativi che potrebbero conquistare il supporto degli indipendenti, spesso decisivi negli esiti elettorali. Trump dunque non ha intuito male che l’approvazione di una legge sulle infrastrutture rappresenterebbe una vittoria per l’attuale presidente. McConnell non lo dice apertamente ma da vecchia volpe lo sa. Il leader della minoranza al Senato, però, è meno trasparente del 45esimo presidente e riuscirebbe persino a cantare vittoria per i suoi elettori del Kentucky in caso di vittorie legislative di Biden, facendo notare che Washington funziona. Da non dimenticare che McConnell, dopo l’approvazione di 1900 miliardi della legge American Rescue Plan, ha ricordato ai suoi concittadini che riceveranno quasi 4 miliardi di fondi. L’ipocrisia era totalmente apparente perché, come gli ha fatto notare Biden, nessuno dei repubblicani aveva votato a favore della legge. Anche quando gli altri fanno il lavoro i repubblicani si affibbiano il credito per il lavoro altrui.
L’approvazione del piano bipartisan rappresenta una vittoria parziale per Biden ma per una vittoria più completa ci vuole anche il piano democratico. Si tratterebbe anche di una vittoria per il Paese.
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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.