(Articolo del consigliere Jacopo Maltauro da VicenzaPiù Viva n. 9 luglio-agosto 2024, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Come riavvicinare gli under 30 alla politica? Questa è una di quelle domande che emerge con una certa frequenza nelle riunioni associative, nel dibattito pubblico in generale.
Una domanda alla quale vorrei tentare di rispondere consapevole della sua complessità e della molteplicità delle risposte. Da giovane dirigente di partito e amministratore locale ci tengo a spendere qualche parola su questo tema che conosco da vicino partendo da una doverosa premessa: non sono gli under 30 che devono riavvicinarsi alla politica ma la politica che deve riavvicinarsi agli under 30, almeno dal mio punto di vista.
Non si tratta di una banale astuzia dialettica ma del punto nodale della questione. È la Politica, con la P maiuscola riferita non solo alla parola ma, soprattutto, ai suoi protagonisti più adulti, che deve andare incontro ai giovani, non il contrario, spiegando di che si occupa, di cosa è fatta.
Solo se i giovani capiscono quale sia la funzione della politica possono comprenderne l’importanza, se la politica non si sa raccontare con fatica può rientrare nei pensieri dei ragazzi, se non si sa spiegare con ancora più fatica può rientrare nelle intenzioni o nelle scelte dei giovani. Ma come si racconta la politica? Beh, attraverso chi la vive, ovvero i partiti e chi li rappresenta. È onere delle formazioni partitiche recuperare una narrazione in grado di spiegare cosa sia la politica e che tipo di significato positivo può assumere
nella vita delle persone. La partecipazione politica non può essere questione derubricata a “buon comportamento”: per essere davvero i giovani devono capire quale vantaggio
può portare nella loro vita. Per dedicare del tempo per informarsi, militare, candidarsi, rappresentare bisogna aver prima compreso l’utilità di tali azioni, cosa possono portare di buono nel proprio cammino.
È da questo punto di vista che sul “come” riavvicinare per me si apre un grande tema: la capacità dei partiti di raccontarsi come strumento formativo, di crescita personale prima ancora che collettiva. È da questo punto che passa l’opportunità di riavvicinare i giovani alla dinamica politica, come veicolo di crescita. Fare politica può offrire una certa cura delle relazioni, una certa lettura delle dinamiche sociali, una particolare grammatica dei rapporti personali e di gruppo. Vantaggi concreti, pratici che, se spiegati e compresi, possono essere in grado di attrarre ragazzi e ragazze che stanno costruendo il proprio futuro.
Un veicolo che diventa premessa formativa nel proprio cammino e non solo dovere civico socialmente consigliato.
Quindi ricreare nei partiti un clima meritocratico, di sforzo intellettuale, di crescita culturale diventa la soluzione più naturale ed efficace. Una piccola “rivoluzione” di questi tempi: conferire ai partiti l’autorevolezza necessaria per passare da un’interpretazione stretta ad una estensiva del ruolo e del significato degli stessi. Portata su questo piano, la questione diventa interessante ed avvincente proprio perché sfida che tocca tutti i colori politici, tutte le sensibilità ideali. Una sfida che dobbiamo e possiamo vincere e che quei pochi giovani oggi impegnati in questo ambito devono intestarsi e sviluppare con l’adeguato coraggio. Non c’è alternativa, solo tanta aspettativa!