Una doccia gelata su migliaia di risparmiatori sostanzialmente truffati e derubati di miliardi di euro. E che avevano cominciato a riporre fiducia e speranza nella giustizia, incoraggiati dalla storica decisione assunta da un giudice coraggioso. Lo stesso che però, oggi, sembra abbia detto: scusate, abbiamo scherzato; si ricomincia da capo. Il processo contro i responsabili del crac di Veneto Banca dovrà ricominciare da zero. In un’altra città, Treviso; in un altro tribunale; sotto le cure di un altro giudice. Le migliaia di risparmiatori che si sono costituite parte civile dovranno rifare tutto.E sostanzialmente hanno bruciato le spese sostenute: 500-600 euro in media per ciascuno. E sono oltre cinque mila.
Al danno subìto – enorme e devastante – vedono aggiungersi la beffa che, cinicamente, ha servito loro il “migliore” giudice che, finora, ritenessero potesse loro capitare. Un giudice capace di innovare radicalmente la giurisprudenza esistente e di ribaltarla in favore delle tante vittime incolpevoli di reati odiosi e socialmente avversati e, al tempo stesso, con un colpo a freddo – tuttora incomprensibile – di cancellare tutto.
Perché tutto questo?
Difficile trovare risposte convincenti sui vari piani che investono la questione.
Sul piano del diritto processuale, la decisione del gup Lorenzo Ferri di spogliarsi della competenza è tecnicamente “tempestiva”, nel senso che rispetta le norme sulla fase in cui essa poteva essere assunta.
Ma le eccezioni sono state annunciate e sollevate da tempo. Né si può immaginare che le ragioni che hanno ispirato la scelta di dirottare la competenza a Treviso fossero nuove o scaturite da sviluppi successivi ai tanti momenti che da dicembre a marzo hanno visto svolgersi, in numerose sedute, l’udienza preliminare.
C’è una logica – e c’è linearità di condotta – nella scelta di affrontare, e decidere nel modo in cui abbiamo visto, la questione dell’autorizzazione della citazione del responsabile civile Banca Intesa Sanpaolo e, subito dopo, scoprire che quella decisione non poteva essere presa perchè il giudice era “incompetente”?
Ovviamente tutti coloro adusi a “pensar male” (sia che, andreottianamente, si voglia ritenere che colgano nel segno, sia che sbaglino) riavvolgeranno il nastro di questa tragica e beffarda sequenza fino al momento dell’udienza in cui Paola Severino, ex potente ministro della giustizia (il suffisso “ex” si riferisce alla carica e non al potere, che permane integro e smagliante tra le vette dell’avvocatura italiana, le grandi aziende, l’alta finanza e i vertici confindustriali) scese in campo pesantemente nell’agone giudiziario in favore di un colosso bancario come Banca Intesa, pronunciando parole durissime contro ogni ipotesi di ammissibilità della richiesta dei risparmiatori gabbati: citare Banca Intesa come responsabile, come è ovvio essendo quest’ultima subentrata a Veneto Banca delle cui malefatte, almeno civilmente, dovrebbe rispondere. Qualcuno definì intimidatorie – o quanto meno suggestionanti – le parole di quell’avvocato tanto ingombrante quando civicamente virtuoso (il suo reddito professionale dichiarato è mediamente di diversi milioni di euro) contro l’apertura fatta da quel giudice.
Che ora fa saltare il tavolo così faticosamente costruito e rimanda tutti a casa, quasi a voler dire: la festa è finita, abbiamo scherzato.
Tra i tanti interrogativi che il caso pone, uno forse arrovella più di tutti. Il gup Ferri ad un certo punto ha cambiato idea o, fin dall’inizio, ha coltivato lo stesso intendimento?
Fa bene l’avv. Emanuela Marsan a sostenere giuridicamente la validità del pronunciamento del gup Ferri sull’ammissibilità della citazione del responsabile civile Banca Intesa anche nel nuovo procedimento che dovrà essere incardinato a Treviso, ma siamo sicuri che il nuovo gup vorrà tenerne conto, avvalersene e farlo proprio?
Nessuno oggi può rispondere. Di certo, se tutto andrà bene, ci vorrà un anno in più.
E intanto prepariamoci ad un altro intervento in aula dell’ex ministro. E’ una questione di ….Intesa tra gli interessi miliardari della prima banca italiana e i colpi assestati da un “principe” del foro (superfluo in questo caso declinare al femminile), in un’aula di giustizia, alla giustizia dei deboli innocenti, “colpevoli” di essere tali.