Il ricordo del giovane eroe vicentino Dino Carta: la prima volta di Tolio e una speranza, anche per Cicero

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Alla commemorazione del giovane partigiano Dino Carta, poliziotto ed ex secondo portiere del Vicenza Calcio (il suo nome è scolpito sulla lapide sotto la tribuna del Menti insieme agli altri calciatori caduti) ucciso il 12 gennaio a vent’anni dai fascisti mentre scappava sul marciapiede di via Ottone Calderari, il sindaco Francesco Rucco ha delegato a partecipare alla cerimonia l’assessore alla formazione Cristina Tolio, in quota Lega, per portare il saluto dell’Amministrazione comunale di Vicenza.

E’ la prima volta in vita mia che vengo” ha detto nel suo discorso l’assessore aggiungendo, infine, soddisfatta che “tornerò di sicuro il prossimo anno, anche come semplice cittadina“.

Chissà se accompagnata anche dal collega assessore Claudio Cicero, citato nel discorso dell’oratore ufficiale di quest’anno, Walter Fabris, componente del direttivo Anpi Vicenza che ha organizzato l’evento con i Volontari della Libertà e corpi combattenti. Dopo la “cicerata” del controverso saluto dal balcone immortalato in prima pagina sul quotidiano locale, seguito alle polemiche per le parole Resistenza e nazifascismocancellate” dai volantini comunali, basterebbe un piccolo ma significativo gesto di “riappacificazione” da parte di Cicero e gli altri colleghi o simpatizzanti “d’area”: trovare un po’ di tempo per rendere onore a chi con il suo sacrificio ha permesso loro di governare la città.

Davanti alla lapide dove è morto Carta c’erano invece solo i “soliti” politici di centrosinistra di Vicenza, dai consiglieri comunali e segretari di partito alla senatrice Daniela Sbrollini, per ricordare la memoria di un vicentino speciale che anche sotto atroci torture seguite al suo arresto ha tenuto duro e non ha tradito i compagni.

Una resistenza per la libertà dei giovani vicentini pieni di sogni come lui, presenti quest’oggi con una classe del liceo Pigafetta e una dell’Istituto Rossi, la scuola che Dino ha frequentato, a pochi passi dove è stato colpito pochi anni dopo nel 1945, mentre fuggiva dai due assassini in camicia nera, poi condannati nel ’46, dopo la caduta del regime di Benito Mussolini, alla pena di morte e fucilati alla schiena.

La giustizia più significativa, però, è quella che gli ha reso la sua amata città, anche con la scultura a mezzo busto e lapide poste sulla parete esterna della casa nella quale è cresciuto, in stradella dei Munari, vicino alla “Spiaggetta“. Chissà quanti giovani frequentatori della movida berica se ne sono accorti.

Ecco Cicero, la prossima volta si faccia immortalare sotto a quegli occhi che scrutano dall’alto chi passa sulla strada. Magari salutando la sorella di Carta, la signora Franca, presente anche oggi alla commemorazione, nonostante la veneranda età.

Si faccia raccontare quanto il nostro concittadino fosse un esempio, quello di non perdere mai la speranza.

In un mondo con persone migliori.