Eliminate, poi riprese, poi svuotate e infine lasciate per anni nel guado. Dopo riforme e referendum, la storia delle Province potrebbe arrivare presto a un nuovo punto di svolta, ora che il governo ha avviato l’iter per la loro revisione. Tutti giurano che non si tratterà di una “restaurazione del vecchio ente”, ma della razionalizzazione di una struttura che negli anni ha mantenuto alcune competenze fondamentali (su tutte le strade e le scuole) senza però avere più il denaro né il personale per gestirle.
E così il Movimento 5 Stelle torna sul luogo del delitto, se è vero che poco più di un anno fa i grillini litigarono con gli ex alleati leghisti proprio sul ripristino delle Province. Adesso il clima è diverso: al ministero dell ’ Interno c’è il sottosegretario dem Achille Variati, che fino al 2018 era presidente dell’unione delle
Province e che ora si confronta con la viceministra dell’economia, Laura Castelli, per dare un senso alle Province senza creare imbarazzi a chi nel M5S non vuol sentir parlare di “ritorno delle poltrone”. L’idea di partenza è quella di enti visti più come unioni di Comuni che come istituti sovraordinati: “Credo ci sia una larga volontà nella maggioranza – è la versione di Variati – non per una restaurazione, ma per pensare alla provincia come ‘Casa dei Comuni’ in cui dar voce ai sindaci”.
Come immaginarsi, allora, le nuove Province? Il presidente di Upi, Michele De Pascale, chiede di pensare a una identità precisa: “Non servono doppioni che fanno lo stesse cose. La nostra idea è che le Province si occupino di investimenti: non solo strade e scuole per sé, ma anche interventi per opere di cui hanno bisogno i Comuni o lo Stato”.
Oltre a Variati, Castelli e alla ministra dell’interno Luciana Lamorgese, al Viminale lavora pure una task force guidata dal professor Alessandro Pajno, già presidente del Consiglio di Stato, con il compito di fornire supporto tecnico alla riforma. Con la speranza, caldeggiata da De Pascale, di non finire vittima delle beghe di partito: “Se non si porta il tema sul piano ideologico, come avvenne l’anno scorso, una soluzione pragmatica la si può trovare”. E Variati ipotizza anche una scadenza: “Entro ottobre potremmo portare in Parlamento un primo testo, nel rispetto del mandato di una legge delega che ci fu assegnato nell’ultimo aggiornamento al Def”.
D’altra parte le Province chiedono da tempo un intervento. La riforma Delrio del 2014 le svuotò in vista della cancellazione che sarebbe dovuta arrivare col referendum costituzionale del 2016. Saltata la riforma costituzionale, le Province restarono nel limbo. Senza più uscirne.
di Lorenzo Giarelli da Il Fatto Quotidiano
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