Il significato del 25 aprile: combattere per un mondo migliore

663
25 aprile

Oggi è la vigilia della Liberazione dal nazifascismo. Io non credo che i partigiani, chi ha combattuto per il riscatto del nostro paese, i veri costruttori della nostra Costituzione (così spesso vituperata da chi non ha più memoria e da chi ritiene il fascismo non più un pericolo o addirittura inneggia ad esso) sarebbero soddisfatti o resterebbero indifferenti di fronte a questo massacro (il 24 aprile “Incidente sul lavoro a Savigliano: morto 44enne centallese” e “Incidente sul lavoro al porto di Livorno, morto operaio di Torre del Greco“).

Da inizio anno sono più di 200 i lavoratori morti nei luoghi di lavoro, oltre 400 se si considerano anche i decessi in itinere. No, non credo proprio che i nostri partigiani, le madri e i padri della nostra patria liberata, sarebbero stati a guardare. Le istituzioni e i partiti che oggi le occupano, il governo, la stragrande maggioranza della sedicente “grande informazione”, le associazioni di categoria padronali invece guardano e basta. Tutti attenti al loro tornaconto. Tutti “conformi” al pensiero unico.

Probabilmente non capiscono o fanno finta di non capire. Restano sostanzialmente indifferenti di fronte alle centinaia di persone che muoiono perché lavorano nell’insicurezza. A “lorsignori” non interessa chi si ammala e muore a causa di patologie contratte al lavoro, a chi viene ucciso per la fatica, per condizioni di sicurezza insufficienti o inesistenti. Purtroppo anche le principali forze sindacali si limitano a qualche protesta, a tanta solidarietà, a frasi di costernazione. Si è talmente abituati a morire al lavoro che il recente sciopero della FIOM a Padova indetto proprio sulla sicurezza sul lavoro è stato un’eccezione, un qualcosa che è apparso straordinario. Ma anche di fronte a ciò, a questa “stravaganza”, l’informazione ha agito, di fatto, oscurando le notizie al riguardo.

Oltre 200 lavoratori sono morti in meno di quattro mesi … Ma ce ne rendiamo conto? Ci può sembrare normale?

Purtroppo per tanti sì. Ammalarsi, infortunarsi, morire di lavoro è qualcosa di normale, quasi logico. Un sacrificio, un prezzo da pagare per restare “competitivi”, per aumentare i profitti di qualcuno. Così chi vive del proprio lavoro diventa un pezzo di ricambio, un ingranaggio da scartare quando “si rompe”, un costo … nulla di più.

E allora, ripensando oggi al significato del 25 aprile, a quello che mio padre e i miei maestri partigiani mi raccontavano di quel giorno del 1945, delle speranze di avere conquistato un futuro migliore, la malinconia sale. Certo, mi spiegavano, “nessuno ci ha regalato né ci regalerà mai niente, né i fascisti, né i tedeschi, né i padroni. I diritti che abbiamo ottenuto ce li siamo conquistati, tutti, uno a uno. E lo abbiamo potuto fare perché non ci siamo rassegnati, perché non abbiamo accettato di essere messi in disparte. Perché siamo stati e vogliamo essere protagonisti e mai pedine di un gioco che altri conducono.”

Io voglio avere memoria di questo. Ne ho bisogno. Così domani, di prima mattina, andrò a trovare uno dei miei maestri, Quirino Traforti, che fu fucilato nel 1944 alla Piana di Valdagno e sopravvisse, che lottò per i diritti dei lavoratori tutta la vita, che non si piegò di fronte alle minacce e ai tentativi di corruzione di quel Marzotto diventato conte durante il fascismo, che fu, per questo, licenziato in tronco … Quirino Traforti che visse sempre a testa alta, senza mai piegare la schiena e mai con il cappello in mano di fronte al padrone. Quirino Traforti che non si sentìva un eroe ma solo un uomo libero che ha fatto quello che ha fatto perché non avrebbe potuto farne a meno. Perché non poteva accettare di perdere quella libertà e quella dignità per le quali aveva combattuto.

Andrò al cimitero della Piana per avere coscienza, per “riattivarla” davanti al suo esempio. Rafforzerò la convinzione che non bisogna mai considerarsi vinti, che restare indifferenti di fronte alle ingiustizie è come commettere un delitto, che bisogna sempre lottare per un mondo migliore, perché non ci sia più sfruttamento di nessun essere umano, perché la solidarietà ritorni ad essere un valore fondamentale della nostra esistenza, perché chi vive del proprio lavoro non debba essere costretto ad accettare condizioni precarie che mettono in discussione la sua salute, la sua vita, la sua dignità.

È così, partendo dall’esempio di Quirino e dei tanti combattenti per i diritti di ognuno, che si rende vivo il 25 aprile. Con la memoria del suo significato profondo, ricordando cosa è successo e chi lo ha reso possibile e, soprattutto, con lo sguardo verso un futuro che solo continuando la lotta possiamo rendere migliore e più giusto.

Articolo precedente25 aprile, Asproso e i consiglieri di centrosinistra chiedono al Consiglio comunale di dire no alla via per Almirante
Articolo successivoFondo Indennizzo Risparmiatori, articolo 36 Decreto crescita: ecco la norma approvata dal Consiglio dei ministri del 23 aprile
Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.