Mentre la Politica sonnecchia e si perde nei mille rivoli della discussione parlamentare sugli emendamenti, lasciandoci assistere ancora una volta alle acrobazie da equilibrista di piccoli, ma politicamente determinanti, movimenti nati appositamente per funzionare da ago della bilancia amministrativa, la Società Civile prende posizione e determina cambiamenti istituzionali che meritano la nostra attenzione per il fatto che imprimono svolte epocali nelle abitudini dei cittadini e delle cittadine senza troppi indugi.
Ovviamente, il nostro riferimento principale è al DDL Zan sull’omotransfobia, una legge che la società civile merita perché si tratta di includere e tutelare soggetti che si trovano in una situazione di minoranza, nonché al gioco che Matteo Renzi, leader di un piccolo partito che recupera un ideale 2% nelle tornate elettorali, si permette di fare in Parlamento, dove risiede stabilmente grazie all’essenza di vincolo di mandato, un istituto di garanzia per i parlamentari e i senatori, che permette loro di farsi eleggere in un partito per poi cambiare legittimamente idea e passare ad un altro, se non proprio fondarne uno ex novo.
E così mentre dal basso le campagne per sostenere il DDL Zan si moltiplicano, Renzi si accorge di essere ancora una volta determinante con il suo movimento Italia Viva a livello parlamentare per spostare l’asse della maggioranza e, con una serie di emendamenti al DDL, che tra l’altro i suoi avevano contribuito a scrivere, fa il gioco di Matteo Salvini e della destra di Giorgia Meloni, parti politiche che il DDL Zan proprio non lo vogliono per ragioni che abbiamo anche cercato di argomentare altrove.
Purtroppo, quella alla quale assistiamo non è che l’ennesima dimostrazione della situazione di grave impasse in cui la Politica italiana si trova in maniera vergognosa. Ci riferiamo al fatto di ridurre una battaglia civile a bega elettorale; di confondere ancora una volta quello che è l’ambito delle Policies, vale a dire delle politiche pubbliche e sociali che bisogna intraprendere in maniera necessaria nell’interesse generale, assecondando le esigenze che i tempi impongono all’attenzione collettiva, con quello delle Politics, cioè delle alternative possibili nella gestione del potere, assecondando modelli di società che generalmente siamo abituati a distinguere, non senza commistioni, in un asse che va da una destra più autoritaria e conservatrice ad una sinistra più egualitaria e libertaria, stando alle indicazioni di uno dei testi più interessanti di Norberto Bobbio[1].
L’errore della Politica, attualmente, sta, infatti, nel ridurre il sostegno ad una legge che inevitabilmente, essendo contro la discriminazione a causa dell’omotransfobia, si pone, al tempo stesso, come un processo sociale e culturale per l’accettazione, per l’inclusione, per la legittimazione della dignità umana di persone gay, lesbiche, transgender, transessuali. E, per indurre la popolazione ad accettare tale trasformazione, precedentemente osteggiata da un clima culturale ideologicamente ma anche scientificamente orientato a discriminare, è chiaramente necessario che ci sia un cambiamento radicale, magari attraverso una legge, che veicoli il nuovo modo di pensare.
Ma, come si diceva, esiste, per fortuna, la società civile, quella fatta di cittadini e cittadine che non sono eletti/e, che non hanno la necessità di obbedire a logiche di partito, ma che, tuttavia, occupano posti di responsabilità istituzionale e dirigenziale e che contribuiscono a scrivere la Storia dell’umanità. Questi soggetti, altrettanto politici, anzi biopolitici, come direbbe il filosofo Michel Foucault, agiscono obbedendo solo alla propria coscienza; essi nei termini e nelle modalità che sono loro consentite all’interno delle istituzioni in cui si trovano di volta in volta imprimono consapevolmente, mediante le Policies, una determinata direzione culturale al paese, dimostrando di essere culturalmente molto più avanti dei propri rappresentanti politici.
Certo, l’Università del Piemonte Orientale non è la prima ad aver avviato la procedura istituzionale per prevedere le “carriere alias” all’interno dei percorsi universitari, come documenta bene il sito Universitrans.it, che ha giustamente come sottotitolo “Istruzione, Diritti, Inclusione”, ma in questi giorni l’iniziativa assume, ai nostri occhi, un’elevata rilevanza simbolica.
Nelle parole della presidente del Comitato Unico di Garanzia dell’Università, Marcella Trambaioli, infatti, si legge la preoccupazione per un sacrosanto diritto che dovrebbe essere garantito ad ogni singolo soggetto, vale a dire la tutela della persona in un momento di fragilità intrapersonale e interpersonale, dovuta al fatto che in alcuni casi «possa emergere pubblicamente una discrepanza tra aspetto esteriore e nome anagrafico, quale fonte di potenziale disagio e discriminazioni».
Ecco, forse quando la Politica si metterà al servizio della Società Civile e della collettività riusciremo definitivamente a superare a livello concettuale la ferrea dicotomia omosessuale/eterosessuale, per sostenere, in maniera più inclusiva, abbracciando tutto il ventaglio multidimensionale delle esistenze sessuate, la cultura queer.
L’espressione queer venne coniata da Teresa De Lauretis nel 1990 e significa “insolito”, “strano”. Venne adottata per raggruppare tutti i soggetti che presentano una sessualità ambigua, che non è solo quella degli omosessuali, ma anche dei transessuali, degli intersessuali, degli ermafroditi, ecc. La cultura queer è contro l’ossessione della definizione necessaria di una identità sessuale, e quindi favorevole ad abolire qualsiasi opposizione di normale/deviante, proponendo l’accettazione di una sessualità trasversale e stratificata[2].
È chiaro, dunque, che, nel momento in cui la dicotomia, la logica binaria maschio/femmina non si rivela più sufficiente a classificare le persone in base alle loro caratteristiche sessuali, si rende necessario un ripensamento globale delle categorie legate alla sessualità. Tale ripensamento, che deve prevedere anche una franca risemantizzazione, deve partire dalla Società Civile e coinvolgere la medicina, l’etica, la politica e la giurisprudenza per il suo effetto normativo. Di tutte queste trasformazioni la Politica, se vuole essere vicina ai cittadini e alle cittadine, deve prendere atto, mettendo immediatamente a disposizione gli strumenti del cambiamento e non sonnecchiare e ostacolare processi ormai irreversibili.
[1] N. Bobbio, Destra e Sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, Donzelli, Roma 2014.
[2] Cfr. V. Tripodi, Filosofia della sessualità, Carocci, Milano 2011.
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a cura di Michele Lucivero
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