Chi volesse andare subito al dunque del titolo salti alla parte in corsivo in fondo* e, poi, magari torni qui per conoscere come si lavora per fare del buon giornalsimo. A novembre e dicembre, quindi, ho accompagnato nel Vicentino (geograficamente) e non solo (per le provenienza degli “incontrati”) un giovane e bravo collega, collaboratore di livello della nuova rubrica M (come Mostro o Mistero) di Michele Santoro su Rai 3 che parte l’11 gennaio in prima serata con un servizio sulle… banche. L’ho accompagnato affascinato da una sua promessa di parlare della BPVi anche dalla prospettiva nuova e mai finora percorsa, se non da noi, della Fondazione Roi, portata anch’essa al disastro come la Banca Popolare di Vicenza e col solito beneplacito dei poteri locali, da Gianni Zonin.
La promessa non è stata mantenuta ma non era richiesta pe cui amen.
A Francesco Priano, cinico il giusto, quel tanto che basta, insieme alle sue indubbie qualità giornalistiche, per fargli fare carriera, il tempo con noi, che seguiamo, a nostro rischio e pericolo quando erano forti, le vicende delle banche venete dal 2010 e non solo negli ultimi tempi, a loro morte avvenuta, come i colleghi colpiti sulla via di Damasco dal populismo “vendi libri” o “conquista share tv“, è servito per indagare i misteri che, non per noi, accompagnano le vicende del crac della Banca Popolare di Vicenza e di quello, diverso, anche se lo si vuol far apparire come primigenio e peggiore, di Veneto Banca.
Nell’attesa di ammirare gli effetti speciali con cui lui e Santoro racconteranno, giovedì 11, la parte veneta della storia, magari addobbandola con le solite storie delle associazioni barricadiere e, perciò, spettacolari, e dei soci azzerati, e perciò telegenici, non abbiamo per ora la voglia e la necesssità di ripetere quello che, confermato da inchieste e commissioni, scriviamo qui da tempo quasi immemore e che gli abbiamo fatto ascoltare e documentare nei nostri incontri riservati.
Ma vogliamo svelare in anteprima a voi, nostri lettori, una parte del lavoro inizialmente fatto insieme (arricchito anche da GB di documenti giratigli e da registrazioni vocali effettuate come… memo), quello sulla determinazione folk del valore delle azioni e sull’amore per le baciate.
Lo sveliamo solo oggi, anche se ne eravamo a conoscenza da tempo, per un accordo preso con Francesco Priano (a noi piace rispettare gli impegni anche nei dettagli) condividendone il merito proprio con lui visto che di quanto abbiamo insieem preso nota il collaboratore di Santoro ci ha cortesemente fatto da puntuale “trascrittore”.
Grazie Francesco, per la trascrizione, ma in futuro con i colleghi, soprattutto quegli di provincia e ingenui come noi, sii più… delicato. A volte si incazzano anche i più buoni.
Ecco, quindi, la trascrizione fedele, anche se sintetica, del racconto che ci è stato fatto, a lungo inseime e poi in una telefonata a Francesco, da un imprendore vicentino molto vicino, lui pensava, a Gianni Zonin e ai primi posti della speciale classifica comparsa su La Verità, di cui abbiamo scrito a Vicenza solo noi, dei sottoscrittori di “baciate”, oggi identificati come “grandi debitori” della BPVi in LCA.
*”Il valore delle azioni Gianni Zonin lo decideva alla cena degli uccelli. Ci si metteva a tavola con amici imprenditori, si parlava della banca, e mentre mangiava il fagiano diceva: secondo voi quanto vale l’azione? Tanto che una volta il direttore generale Divo Gronchi lo chiamò incazzatissimo e gli disse: “Ma cosa fai?”. Gronchi è l’unico direttore generale che abbia mai contato qualcosa, che gli abbia tenuto testa. Se andava d’accordo con Zonin? La verità è che non poteva essere mandato via. Zonin aveva già mandato via un altro direttore generale, Giuseppe Grassano, che aveva scritto un memoriale nel 2000 in cui denunciava le pressioni di Zonin e le perdite sui derivati. Se avesse mandato via Gronchi, da Banca d’Italia avrebbero drizzato le antenne e avrebbero detto: fatemi vedere cosa succede alla Popolare di Vicenza. Quei due non erano proprio gli ultimi arrivati… Poi sono venuti altri che non contavano nulla. Oggi Zonin dice che non sapeva niente e scarica la colpa su Samuele Sorato e Emanuele Giustini e continuerà a fare così, ma nella banca Zonin sapeva tutto.
Dice che non ha mai saputo delle operazioni baciate? Io so che a diversi imprenditori le ha proposte lui personalmente, a cominciare da quelli che avevano perso soldi sui derivati: ti davano le baciate e col guadagno sicuro recuperavi le perdite e ci guadagnavi. È stato lui, ad esempio, andare dal conte Malinverni a chiedergli di fare la baciata, a convincerlo a prendere il finanziamento per comprare le azioni delle banca.
Basta prendere la lista dei primi debitori di Popolare di Vicenza e si capisce subito, è tutto scritto lì. A me hanno chiesto un favore, l’ho fatto per fargli un piacere… c’era questo problema che non potevano più usare il fondo azioni proprie, ovvero comprare con i soldi della Popolare di Vicenza le azioni della banca stessa, così ho preso un finanziamento sopra i quindici milioni e in cambio ho comprato diversi milioni di azioni. Funzionava così: ti chiedevano di comprare le loro azioni, le tenevi un tot di tempo e loro poi se le ricompravano. In cambio ti davano qualcosa: ti abbassavano gli interessi sui finanziamenti, ti davano una cedola annuale che era più alta del tasso d’interesse, e altre cose cose così. Sul mio conto, per queste operazioni, hanno fatto un ristorno di poco più di 10 mila euro. Le sembra un affare? Una speculazione? Era un favore che ho fatto a persone che ritenevo amiche. E adesso, dopo che la banca è crollata, quei milioni di azioni non ci sono più e io ho un debito milionario. Ma non è un debito mio, è della banca, io non ho intenzione di ripagarglieli. Glielo ho detto in banca: sono soldi vostri, e il debito è vostro.
C’è chi ha fatto affari d’oro con questo sistema, chi per queste operazioni guadagnava 1 euro ad azione. Il meccanismo era questo: la banca ti finanziava, ad esempio, 15 milioni di euro e tu con quei soldi compravi 12 milioni in azioni. A Vicenza con 12 milioni di euro prendevi circa 200.000 azioni. Dopo l’assemblea dei soci la banca se le ricomprava e ti riconosceva in cambio 1 euro ad azione: tu facevi 200.000 euro in un anno e alla banca risultavano 12 milioni di capitale in più. C’è anche chi aveva la lettera di riacquisto da parte della banca firmata da Sorato, che vincolava Popolare di Vicenza a ricomprarsi le azioni, e quando è crollato tutto non hanno perso nulla. Poi ci sono i disgraziati a cui chiedevano di comprare 20-30 mila euro di azioni in cambio del mutuo, e quelle sono le vere vittime.
Di Zonin mi fidavo. Sì c’erano state delle inchieste e c’erano delle voci su di lui ma poi ti dicevi e ti dicevano: “Ne è uscito pulito” e allora ti fidavi. A una cena, dopo che uscì la notizia che un’inchiesta in cui era stato coinvolto era finita in niente, tutti applaudivano: “Complimenti Cavaliere…”. I vicentini sono così “basabanchi”, baciano i banchi della chiesa… Ma Zonin è protetto, tutte le mattine va a messa e fa pure la comunione! Giuro, fa la comunione!
Nessuno toccherà lui e i suoi soldi. Se lo incontrassi gli chiederei: perché? Anche adesso i liquidatori stanno facendo uno scempio. Se guardi la lista dei grandi debitori ce ne sono tanti che conosco e che hanno detto alla banca: “Ti do il 50 % della cifra che ti devo ed estinguiamo il debito”, ma la banca mica ha accettato! C’è un business nella cessione dei crediti deteriorati: se li compra Sga al 13% e poi a quel punto accetta che gli imprenditori restituiscano il 50% maa nche molto meno, ma quei soldi mica finiscono nelle casse della banca…
Qui non hanno capito a cosa stiamo andando incontro: i veri problemi iniziano adesso. Le aziende fino ad oggi hanno tirato avanti in qualche maniera, ma il vero disastro deve ancora arrivare”