Il vescovo Beniamino: «Donne: pienezza di umanità nella Chiesa»

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«Solo con l’apporto delle donne la vita e la missione della Chiesa, ma anche della società civile, possono raggiungere la loro pienezza di senso e di umanità». Ne è convinto il vescovo Pizziol che, in oltre otto anni di episcopato nella Diocesi di Vicenza, ha cercato di dare forma a un pensiero e un progetto di “eguaglianza nella differenza tra uomo e donna”, nonostante una formazione esclusivamente maschile, in cui è cresciuto fin dalla fanciullezza, nel tempo del seminario di allora. Molto del merito va all’esempio di mamma Olinda, «donna forte e libera – racconta il Vescovo – mai disposta a lasciarsi sottomettere da nessuno, neppure da suo figlio diventato prete e vescovo».

Oggi il Consiglio pastorale diocesano è composto quasi per la metà da donne laiche e religiose, ed è moderato da una donna, Milena Baghin. Alcune, pur non essendo al vertice, ricoprono ruoli di responsabilità: suor Naike Borgo è vice direttrice dell’ufficio comunicazioni sociali, suor Maria Capelletto è la vice di don Pellizzaro all’ufficio per la pastorale della salute. Fino a figure femminili chiave nell’associazionismo cattolico: Caterina Pozzato da sei anni è presidente dell’Azione cattolica diocesana, suor Annika Fabbian è la consulente del Centro sportivo italiano, Barbara Battilana è presidente nazionale degli Scout Agesci.

Eccellenza, dal 1979, anno del documento della nona commissione diocesana su “Donne e Chiesa”, sicuramente qualcosa si è mosso. Ma il maschilismo nella Chiesa fa ancora da padrone. La strada è lunga.

«Nella nostra Diocesi si è avviato ed è avanzato un processo di “conversione mentale e pastorale” circa la presenza della donna nella chiesa e nel mondo, ma non è ancora diventato coscienza comune. Ci sono dei rallentamenti. Ho l’impressione che i ruoli, le incrostazioni culturali ed ecclesiali facciano molta fatica ad essere superati. C’è una maggiore presenza delle donne nella vita pastorale e sociale, non solo come quantità, ma soprattutto come qualità. Questa presenza, secondo me, non è la conseguenza di amabili e compiacenti concessioni da parte dei maschi, ma della forza di una coscienza femminile acquisita, seppur con tanta fatica, attraverso competenza, preparazione e superamento di pregiudizi e schemi mentali e culturali».

Nella Chiesa sono ancora molto carenti le donne che ricoprono ruoli istituzionali.

«Per quanto mi è possibile cerco di superare alcune resistenze e precomprens ioni, accumulate nel corso della mia formazione in un contesto di “tradizionale egemonia maschile”. Nella distribuzione delle responsabilità, anche istituzionali a livello diocesano, mi sono attivato e continuerò a farlo perché ci sia la presenza di donne, non solo per il raggiungimento di una parità numerica (quote rosa), ma per una consapevolezza che cresce sempre più dentro di me: nel dominio “maschile” la Chiesa e il mondo sono più poveri, incompiuti e alla fine meno umani. Nel mio cammino spirituale mi sono sempre fatto accompagnare da alcune donne sposate o consacrate perché mi sanno trasmettere una spiritualità incarnata e mistica allo stesso tempo. Nella loro spiritualità colgo concretezza e tenerezza insieme ».

Come voi uomini potete superare il maschilismo?

«Noi uomini dobbiamo disporci a un ascolto profondo, silenzioso, attento, senza la pretesa di ribattere subito. Bisogna essere capaci di lasciar depositare nella mente e nel cuore quanto le donne ci dicono per scoprirne tutta la novità e l’originalità del loro modo di vedere e leggere il mondo, la storia e di vivere e testimoniare la fede».

Come Gesù, anche lei può contare su alcune donne con le quali, periodicamente, si confronta.

«Ascolto periodicamente una decina di donne, con tanta curiosità e con esultante sorpresa, su scelte pastorali e su tematiche esistenziali che riguardano la Diocesi, la vita e la missione della Chiesa. Un’altra donna da ascoltare sarà il 27 febbraio del prossimo anno, in occasione del ritiro di Quaresima a Monte Berico: abbiamo invitato una donna a predicare questo ritiro rivolto ai preti, ai diaconi e ai seminaristi. Spero diventi consuetudine ».