Impatriati e ricercatori: più leve fiscali per il rientro dei lavoratori top e l’attrazione dei contribuenti dall’estero

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Gli incentivi fiscali alle persone fisiche che decidono di stabilirsi in Italia sono cruciali per il sistema Paese ed è importante che si discuta di sistematizzarli e di ampliarli. Si tratta infatti di misure tese allo sviluppo economico, scientifico, tecnologico e culturale che, oltre a favorire gli individui, rappresentano una importante occasione per il mondo delle imprese, da mettere sullo stesso piano rispetto alle altrettanto interessanti misure sul welfare aziendale. Del resto, al 1° gennaio 2017 gli italiani residenti fuori dai confini nazionali e iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) erano 4.973.942, l’8,2% degli oltre 60,5 milioni di residenti in Italia alla stessa data.
Anche solo guardando ai nostri concittadini vi potrebbero, quindi, essere molte persone da far rientrare. 
Gli incentivi sul tavolo 
Tra le misure più rilevanti ad oggi in vigore, volte ad attrarre risorse umane attraverso la leva fiscale si annoverano: 
gli incentivi per il rientro in Italia di docenti e ricercatori residenti all’estero, di cui all’articolo 44 del Dl n. 78/2010, che consentono di escludere da tassazione il 90% del reddito di lavoro dipendente o autonomo prodotto in Italia per quattro periodi d’imposta; 
il regime fiscale di favore ex articolo 16 del Dlgs 147/2015 per i cosiddetti “impatriati“, riguardante laureati, manager e lavoratori con elevata qualificazione e specializzazione che si trasferiscono in Italia, regime esteso anche ai lavoratori autonomi (prima era applicabile solo ai dipendenti); è prevista la detassazione del reddito imponibile del 50% per cinque anni dal trasferimento; 
il regime dei neo residenti, ex articolo 24-bis del Tuir, che prevede una imposizione sostitutiva (capitaria) di 100mila euro per tutti i redditi prodotti all’estero dai soggetti che sono stati residenti fuori dal territorio nazionale per 9 degli ultimi 10 periodi di imposta e decidono di prendere la residenza fiscale in Italia; si tratta, in questo caso, di un regime riservato ai soggetti ad alto patrimonio che, trasferendo la residenza fiscale nel nostro Paese, possono portare ad uno sviluppo degli investimenti e dei consumi. 
I requisiti 
Quanto alla prima delle categorie richiamate, per docenti e ricercatori si intendono persone in possesso di un titolo di studio universitario che siano state non occasionalmente residenti all’estero e abbiano svolto all’estero documentata attività di ricerca o docenza per almeno due anni continuativi presso centri di ricerca o università. Queste persone debbono trasferirsi per svolgere attività di docenza e ricerca in Italia e acquisire “conseguentemente” la residenza fiscale nello Stato (come chiarito dalle Entrate nella risposta all’interpello 33/2018, il beneficio spetta solo se si svolge effettivamente attività di ricerca in Italia). La disciplina di favore nulla dispone in merito ai requisiti dei datori di lavoro e dei committenti. Per l’attività di ricerca, ad esempio, potrebbe trattarsi di università, centri di ricerca, pubblici o privati, o di imprese che dispongano di strutture destinate. 
Quanto alle agevolazioni previste per gli “impatriati” in possesso di titolo di laurea, si tratta di incentivi diretti ai lavoratori che, in presenza di specifici requisiti, trasferiscono la residenza fiscale dall’estero in Italia per intraprendere un’attività lavorativa. L’attività in Italia, se derivante da rapporto di lavoro dipendente, può essere svolta indifferentemente presso Pa, imprese, o altri enti pubblici o privati. Per i manager (coloro che rivestono ruoli direttivi) è necessario che l’attività lavorativa sia svolta presso una impresa residente o anche presso una stabile organizzazione di una impresa estera della quale il manager è già dipendente. La nozione di impresa comprende qualsiasi soggetto che eserciti un’attività economica, consistente nell’offerta di beni e servizi sul mercato, a prescindere dal suo status giuridico, dalla forma organizzativa, e dalle dimensioni (può anche trattarsi di Pmi). Il regime speciale si applica anche ai lavoratori distaccati in Italia da società estere (le agevolazioni in questo caso si applicheranno a partire dal periodo d’imposta in cui questi soggetti acquisiscono la residenza fiscale in Italia anche se successivo a quello in cui hanno cominciato a svolgere l’attività lavorativa) e a chi – come precisa la risoluzione 76/2018 – ha, al contrario, lavorato all’estero in posizione di distacco e rientra in Italia con l’attribuzione di un nuovo ruolo in azienda. 
In questo contesto, che di recente ha visto significative aperture interpretative da parte dell’agenzia delle Entrate, andrebbero accolte con favore le istanze volte a sistematizzare e potenziare le misure di incentivazione fiscale finalizzate ad attrarre capitale umano in Italia e al radicamento di chi si è già trasferito (in presenza, ad esempio, di figli e di acquisti immobiliari); così come quelle volte ad attrarre chi ha già concluso il proprio percorso lavorativo perché in pensione e decide di stabilirsi nel nostro Paese, cui potrebbe essere riservata una tassazione agevolata sulla scorta, ad esempio, di quanto è avvenuto in Portogallo.

Pagina a cura di
Antonio Longo 

Antonio Tomassini 
da Il Sole 24 Ore
 
Principio-faro il cambiamento della residenza fiscale
Le agevolazioni per attrarre capitale umano in Italia hanno formato oggetto di recenti chiarimenti da parte dell’agenzia delle Entrate. Nella risposta all’interpello 33/2018 l’Agenzia si è occupata del regime dei ricercatori.
Il caso riguardava una società italiana che aveva assunto un ricercatore nell’ottobre 2015: dopo aver lavorato all’estero aveva acquisito nel 2018 la residenza fiscale in Italia. L’Agenzia, atteso che la residenza fiscale in Italia del ricercatore era stata acquisita solo nel 2018 (e non già dal primo anno utile, ovvero il 2016), ha negato il riconoscimento dei benefici fiscali per carenza di tale requisito, considerato una conditio sine qua non. La risoluzione 76/2018 si è invece occupata del regime degli “impatriati” con riferimento ad un lavoratore italiano in possesso di titolo di laurea ed iscritto all’Aire che aveva svolto una serie di esperienze lavorative all’estero anche in posizione di distacco da parte di imprese italiane. Il lavoratore era stato fiscalmente non residente dal 2005 al 2015 e aveva trasferito la propria residenza fiscale in Italia nel 2016 con l’assunzione di un ruolo apicale presso una società italiana. La risoluzione, superando i dubbi che aveva suscitato sul punto la circolare 17/2017, conferma la spettanza dell’agevolazione, conferendo rilievo alla lunga assenza del dipendente dall’Italia, alle diverse proroghe del rapporto di distacco estero e al conseguente affievolimento dei legami con il nostro Paese. Sempre sul regime dei soggetti impatriati è intervenuta la risoluzione 72/2018, con la quale l’amministrazione ha chiarito come sia del tutto irrilevante il fatto che l’attività lavorativa svolta all’estero sia stata prestata in favore di società appartenenti al medesimo gruppo di quello della società italiana dove poi è proseguito il rapporto lavorativo.