Gli impianti di scii dovevano aprire il 15 febbraio, il 17 in Veneto. E invece no. Il comitato tecnico-scientifico che analizza i dati sulla pandemia Covid su cui poi il governo basa i suoi dpcm, ha detto oggi, praticamente all’ultimo minuto, che è meglio aspettare fino al 5 marzo. Oggi il ministro della Salute Roberto Speranza, fresco di riconferma anche con il neo-governo Draghi, ha firmato l’ordinanza basandosi appunto sul parere del Cts: “Il provvedimento, spiega una nota del Ministero, “tiene conto dei più recenti dati epidemiologici comunicati venerdì 12 febbraio dall’Istituto Superiore di Sanità, attestanti che la variante VOC B.1.1.7, detta variante UK e caratterizzata da maggiore trasmissibilità, rappresenta una percentuale media del 17,8% sul numero totale dei contagi. La preoccupazione per la diffusione di questa e di altre varianti del virus SARS-CoV-2 ha portato all’adozione di misure analoghe in Francia e in Germania. Nel verbale del 12 febbraio, il Comitato Tecnico Scientifico, con specifico riferimento alla riapertura degli impianti sciistici nelle Regioni inserite nelle cosiddette aree gialle, afferma che allo stato attuale non appaiono sussistenti le condizioni per ulteriori rilasci delle misure contenitive vigenti, incluse quelle previste per il settore sciistico amatoriale. Il Governo si impegna a compensare al più presto gli operatori del settore con adeguati ristori”.
«Il dietrofront del Cts sugli impianti di risalita è incomprensibile – afferma in una nota il deputato bellunese di Forza Italia Dario Bond -. O i dati erano sbagliati qualche giorno fa, quando è arrivato l’ok all’apertura per il 25 febbraio, oppure è sbagliata la nuova chiusura prolungata. In questo tira e molla però la montagna muore». «Alberghi e località turistiche aspettavano il 15 febbraio come una data simbolo per salvare il salvabile di una stagione ormai defunta. Ora cosa accadrà? Quel che è vergognoso è ancora una volta la differenza di trattamenti a sfavore della montagna. Oggi a Roma, domenica da zona gialla, era pieno di gente, con file nei bar e nei negozi. O le varianti del virus esistono ovunque oppure c’è una disparità inaudita: in montagna, all’aria aperta e con tutti i protocolli di sicurezza previsti dagli impiantisti non si arriverà mai agli assembramenti visti oggi nella capitale».
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