
Il governo ha deciso di impugnare la legge della Regione Veneto riguardante le concessioni idroelettriche minori. La normativa, approvata dal consiglio regionale lo scorso 4 febbraio, era stata presentata come un’applicazione a livello locale della legge nazionale del 25 ottobre 2022, suscitando l’entusiasmo del governatore Luca Zaia, che l’aveva definita un “primo esempio di autonomia grazie all’energia”.
A distanza di due anni e mezzo, arriva lo stop da parte del governo centrale a questo provvedimento. La legge regionale estendeva alle piccole centrali idroelettriche le stesse norme che erano state introdotte tre anni fa per i grandi impianti, ovvero la gestione locale delle gare per le concessioni e l’estensione delle concessioni esistenti fino al 2029.
L’impugnativa del governo rappresenta un freno alle ambizioni di autonomia regionale in materia energetica. Rammaricato l’assessore all’Ambiente della Regione Veneto, Gianpaolo Bottacin, che commenta: “Un fulmine a ciel sereno. Come Regione – argomenta – avevamo ritenuto opportuno approvare questa legge per prorogare le concessioni in scadenza, dato che lo Stato non ha ancora formalizzato le modalità per istituire le nuove gare. Di conseguenza, l’unica possibilità era quella di prorogare le concessioni scadute. Questo – prosegue Bottacin – è quello che ha fatto il Consiglio Regionale. Purtroppo ora si creano una serie di problematiche. In Veneto ci sono circa 400 di queste centraline, molte delle quali già scadute.
Da un lato – spiega Bottacin – la proroga non è più possibile perché la legge è stata impugnata, dall’altro non si possono fare le nuove gare perché mancano le modalità nazionali da utilizzare. A quest punto – aggiunge – non posso che augurarmi che tale passaggio venga fatto al più presto possibile, perché ritengo ci sia una vulnus normativo da colmare in fretta. Molte centrali sotto i 3 megawatt di potenza sono infatti di proprietà di Enti Pubblici, come ad esempio i Comuni, che hanno la necessità di mantenere le concessioni, dato che i loro bilanci si sostengono anche con i fondi derivanti da queste centrali.
Si evidenzia infatti – dice Bottacin – l’assenza di una regolamentazione idonea a disciplinare i rinnovi delle concessioni in quanto l’unico riferimento legislativo è il Regio Decreto del 1933 che costituisce il testo unico delle acque e che riguarda solo le nuove istanze ma non i rinnovi. Senza una previsione legislativa relativa alla stima degli impianti e al relativo indennizzo non è possibile assegnare le concessioni a soggetti entranti a meno di non obbligare i nuovi concessionari a realizzare altre centraline. Secondo l’Antitrust però bisognerebbe procedere con le gare e l’ente concedente, che per il territorio bellunese è la Provincia in virtù dell’autonomia amministrativa concessa, mentre per il resto del Veneto è la Regione, dovrebbe valutare anche l’eventuale utilizzo di strumenti espropriativi. Cosa per altro in alcuni casi addirittura impossibile, come nel caso in cui l’impianto sia all’interno di uno stabilimento industriale e non sia scorporabile dallo stesso. Ovvio che si aprirebbero contenziosi a non finire.
Se ci fosse stata concessa l’autonomia in questo settore – conclude – la legge regionale non sarebbe stata impugnata. In attesa che si pronunci la Corte Costituzionale mi auguro davvero, lo ripeto, che nel frattempo lo Stato definisca la norma procedurale per le gare di riassegnazione delle centraline”.