Anche per le persone con disabilità comincia a profilarsi all’orizzonte una “fase 2”. Lo afferma l’assessore regionale alla sanità e al sociale Manuela Lanzarin, che lunedì ha incontrato gli operatori del settore. «Assieme a loro abbiamo stilato un protocollo da mettere in pratica nei Ceod della Regione – spiega l’assessore -. Martedì 12 maggio porterò il testo in giunta e credo che da dopo il 18 maggio sarà possibile riprendere le attività dei centri diurni per disabili». I Ceod sono chiusi dai primi di marzo. Dopo due mesi, la possibilità che riaprano rappresenta un sollievo sia per gli utenti, che si sono visti privati di importanti punti di riferimento, sia per le loro famiglie, sulle quali è ricaduta in toto la gestione dei familiari disabili,fatti salvi interventi domiciliari e negli stessi spazi dei Ceod per singoli soggetti particolarmente difficili da gestire. «Il protocollo contenuto nella delibera che porterò in giunta è in applicazione dell’articolo 8 dell’ultimo Dpcm (vedi box a lato) – prosegue Manuela Lanzarin -. Già con la delibera regionale del 7 aprile abbiamo recepito le indicazioni del Governo (DL n. 18 del 17 marzo 2020, ndr) per individuare forme alternative di assistenza. Qualcosa si era cercato di fare per andare incontro alle esigenze delle famiglie. Mi rendo conto però che si sono trovate ad affrontare una grande fatica, appelli ad intervenire ne ho ricevuto molti anch’io personalmente».
Se però da un lato la riapertura dei Ceod permetterà alle famiglie di tirare un respiro di sollievo, dall’altro le fatiche termineranno solo in parte. Come per tutte le realtà che hanno riaperto e che riapriranno, anche nei centri diurni per disabili si dovranno rispettare stringenti misure per evitare i contagi. «Di sicuro l’accesso al servizio avverrà per piccoli gruppi – sono alcune misure del protocollo che l’assessore preannuncia -. Dovrà essere effettuata una diversificazione degli utenti che saranno seguiti sempre dagli stessi operatori. Sugli operatori andranno eseguiti tamponi e molte attività si dovranno svolgere all’aperto».
Ulteriori misure che potrebbero essere adottate, riferisce una nota dell’Ulss 8 Berica, sono “l’utilizzo della visiera per gli operatori (in quanto alcuni ospiti hanno difficoltà a tenere la mascherina) e la riorganizzazione del servizio di trasporto per mantenere all’interno del mezzo le distanze tra i passeggeri”. Anche l’orario per l’accesso al servizio dovrà probabilmente essere rivisto, sostiene Cornelio Dalla Valle, presidente di Federsolidarietà Vicenza. «È difficile pensare che con ingressi scaglionati e piccoli gruppi si potrà mantenere l’orario dalle 8 alle 16» dichiara Dalla Valle, che aggiunge: «Una riapertura dei Ceod va valutata attentamente, senza un piano serio sarebbe una mossa azzardata». Intanto, in attesa della riapertura, «si prosegue con l’assistenza a distanza e la “presa in carico personalizzata dell’utenza” – spiega Dalla Valle -, come indicato dal Decreto della Giunta regionale n. 445 del 7 aprile. Gli interventi sono coprogettati assieme alle Ulss e riguardano però un numero esiguo di utenti, quelli più difficili».
La presa in carico personalizzata, comprende sia gli interventi domiciliari (anche se alcune famiglie hanno preferito non ricevere gli operatori per paura del contagio) che alcuni, individuali, negli spazi dei Ceod. Tra gli interventi domiciliari sono ripresi anche quelli di assistenza scolastica. «Rispetto alla totale chiusura di qualche settimana fa stiamo garantendo più servizi – afferma Vanni Poli, presidente di Anffas Vicenza -. Le prestazioni si rivolgono alle situazioni più critiche, in rapporto di uno a uno, ovvero un operatore per un utente, il che comporta un aumento dei costi. I centri diurni sono chiusi, ma gli spazi vengono utilizzati qualche ora al giorno per dare risposta a due o tre persone, in locali diversi, con accessi personalizzati e un unico operatore dedicato. Agli operatori sono stati forniti tutti i Dpi necessari, e dove possibile anche agli utenti. I casi più gravi però mal tollerano di indossare le mascherine. Alla fine della giornata tutti gli ambienti vengono sanificati». Anche Poli auspica «un piano efficace di riapertura che avvenga con gradualità. Ma non nascondo il timore verso la fase 2. Sono medico, per anni ho diretto il dipartimento di prevenzione dell’Ulss. Quando si riaprono le porte è la fase più critica. C’è il rischio che le persone siano meno attente e che i contagi aumentino». La preoccupazione è rivolta soprattutto alle persone seguite da Anffas: «Sono le più a rischio: i problemi di comportamento ci mettono in difficoltà e molte di loro sono soggette a trattamenti farmacologici che possono ridurre l’immunocompetenza. I tamponi inoltre richiedono tempestività».