Ci sarebbe un presunto caso di “mala assicurazione” nella vicenda dell’incendio di una azienda tessile del Vicentino a Sossano. Il fatto è avvenuto a marzo scorso e, come riportato da queste pagine, ad andare a fuoco fu una parte dello stabile industriale della Texinternational, fortunatamente senza conseguenze per le persone.
Il rogo, dal quale si sprigionò una densa e imponente colonna di fumo nero è visibile anche a diversi chilometri di distanza, fu poi domato dai vigili del fuoco del comando provinciale di Vicenza. In quella occasione si generò anche allarme tra i cittadini per il diffondersi nell’abitato dei fumi potenzialmente tossici. Allo scopo intervenne personale dell’Arpav per monitorare la salubrità dell’aria.
A riferire dei problemi con l’assicurazione dopo l’incendio dell’azienda tessile di Sossano è Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, secondo la quale la compagnia assicurativa non ha corrisposto l’anticipo dell’indennizzo come previsto da contratto. “L’attività economica – spiegano i legali – è chiusa da oltre sette mesi, senza prospettive di ripartenza e la titolare e i suoi lavoratori siano in ginocchio”.
Lo studio si dice certo del fatto suo, soprattutto data la natura accidentale del rogo che sarebbe stata certificata dal rapporto redatto dai pompieri “che hanno escluso con ragionevole certezza – riportano gli avvocati – un’azione dolosa, imputandolo a cause di natura elettrica nell’area degli uffici, dov’è stato individuato il primo innesco delle fiamme”.
Il danno è stato indicativamente valutato tramite perizie da ambo le parti in circa due milioni di euro. Per lo stabile, seriamente danneggiato e reso inagibile dalle fiamme, soprattutto per via del crollo parziale della copertura, è stato deciso l’abbattimento.
“Decorsi i 90 giorni – spiega lo studio legale -, come previsto a termini di contratto, è stata quindi presentata la richiesta di acconto sull’indennizzo dovuto, istanza che sarebbe potuta arrivare fino a un milione di euro (50% del danno quantificato), ma sono stati richiesti solo 150 mila euro per pagare intanto le opere di demolizione dell’edificio e di pulizia dell’area.
Ma qui – aggiungono i legali – si è incomprensibilmente bloccato tutto. Di fatto in questo caso non c’è neppure un diniego formale, del resto non ce ne sarebbero le ragioni: semplicemente, la compagnia prima ha tentato di abbozzare delle scuse vaghe sulla presunta mancanza di alcuni elementi per procedere, poi neppure quelle, non risponde proprio ai solleciti inviati. E così l’attività non ha più un futuro”.