Inceneritore di Padova: Legambiente Veneto chiede lo  stralcio dell’autorizzazione per i fanghi e dice NO ai Pfas negli inceneritori

«Prima di bruciare i PFAS c’è bisogno di certezze per la salute dei cittadini». Serve un’appendice specifica al piano rifiuti regionale

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Inceneritore Padova San Lazzaro
Inceneritore Padova San Lazzaro

Sono molti i dubbi che agitano Legambiente sul progetto della quarta linea dell’inceneritore di Padova che dovrebbe consentire all’impianto di bruciare 245mila tonnellate di rifiuti all’anno e che dovrebbe essere utilizzato anche per smaltire i fanghi contenenti PFAS, la “bestia nera” che inquinando le falde acquifere interessa 300mila persone in 30 comuni di quattro province venete.

HestAmbiente ammette che a Padova si smaltiranno residui di PFAS, ma non chiarisce quali strumenti vengano considerati per affermare che questo processo non sia dannoso per la salute.

Ad oggi la documentazione conosciuta – nonché quella prodotta da HestAmbiente – non fa riferimento ad alcuno studio di un organo istituzionale nazionale. Nè ISS, né ISPRA sembrano poter supportare scientificamente la scelta di incenerire i fanghi contaminati.

Il dubbio, ancor prima che di Legambiente, è della Regione Veneto. Lo stesso assessore regionale Giampaolo Bottacin, infatti, sottolineando l’utilità di trattare e rendere inerti sostanze come i PFAS, ha dichiarato dopo il tavolo tecnico svoltosi a Roma per l’autorizzazione dell’inceneritore che deve operare nel bacino di Veritas nel veneziano: «Noi veneti ben comprendiamo l’utilità di trattare e rendere inerti sostanze come i PFAS, ma prima di procedere in tal senso dobbiamo acquisire maggiori certezze sulle tecniche da mettere in atto. Con assoluto buon senso, pertanto, abbiamo sospeso la procedura sulla nuova linea e richiesto agli enti scientifici nazionali il supporto necessario: prima di procedere con l’eventuale autorizzazione di impianti di queste dimensioni, vogliamo conoscere ogni possibile conseguenza derivante dalla loro attività sul piano ambientale, scongiurando innanzitutto rischi per la salute dei cittadini». Una richiesta molto precisa.

«Facciamo appello all’amministrazione comunale e regionale affinché non vengano autorizzati impianti di trattamento dei PFAS senza uno studio che ne accerti l’effettiva distruzione da parte di un organo istituzionale nazionale. I padovani,  ed i veneti tutti, non possono diventare le cavie di un sistema di smaltimento ancora non sicuro – dichiara Piero Decandia, direttore di Legambiente Veneto – Gli elementi presentati da Hestaambiente nell’allegato 9 non sono soddisfacenti e non rispondono richieste fatte proprio dall’assessore Bottacin; inoltre persistono forti dubbi sull’efficacia di sistemi di distruzione della molecola alle temperature di funzionamento normali di un impianto di termovalorizzazione creato per il residuo secco non riciclabile. Non ha alcun senso autorizzare un impianto per trattare i fanghi contaminati da PFAS senza una strategia regionale. La Regione Veneto deve esprimersi su come vuole trattare l’enorme quantità di fanghi prodotti con un piano strutturale e pragmatico non con delle autorizzazione sommarie e senza evidenze scientifiche sulla non nocività per la popolazione. Per questo chiediamo di sospendere lautorizzazione sui percolati contaminati fino a che non vi sia un parere chiaro dellISS che assicuri la non nocività per i cittadini»

«Un appello che vogliamo rivolgere a tutti i consiglieri regionali perché a tutti coloro che siedono in Consiglio deve stare a cuore la salute dei cittadini e dell’ambiente – sottolinea il presidente di legambiente Veneto, Luigi Lazzaro – Per questo chiediamo che nessuno se ne lavi le mani e che venga stilata un’appendice specifica al piano rifiuti regionale in corso di elaborazione proprio sul tema PFAS».