Ho letto la dichiarazione dela presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati (in fondo*), che si dice “addolorata” e afferma che ormai quella dei morti sul lavoro e degli infortuni gravi è “emergenza” e non più “fatalità”. Così crede, forse, di salvarsi l’anima (e la faccia). Noi sappiamo che non è così. Di quale emergenza parla la Casellati? A fine 2017, in dieci anni, i morti sul lavoro o sulle strade in itinere sono stati oltre 13.000. Questa non è emergenza, è la normalità di un sistema spaventoso che mette al primo posto il capitale (i soldi) e il profitto d’impresa rispetto ai diritti di chi vive del proprio lavoro.
E quale dolore può provare chi come lei, quando poteva (si sappia che la Casellati faceva parte dei governo Berlusconi dal 2004 al 2006 – sottosegretaria alla sanità – e dal 2008 al 2011 – sottosegretaria alla giustizia), non ha fatto nulla per la sicurezza dei lavoratori se non contribuire a rendere meno “pesanti” i controlli e le responsabilità di “lorpadroni” per le morti sui luoghi di lavoro?
Ricordiamoci che a questi “signori”che occupano il parlamento non importa niente dei diritti di chi lavora. Anche se si augurano che il nuovo Parlamento affronti la situazione. Noi sappiamo che stanno facendo solo promesse per “mettersi a posto la coscienza”.
*La dichiarazione di Casellati
La notizia del grave incidente avvenuto stamattina alle Acciaierie Venete di Padova mi addolora profondamente. Non è concepibile che il posto di lavoro diventi un luogo in cui si rischia la vita. La fatalità è per sua natura qualcosa di eccezionale, ma gli incidenti e le morti bianche sono ormai in costante aumento nel nostro Paese e si deve parlare di vera e propria emergenza. Mi auguro che questo dramma sociale sia tra i primi punti all’ordine del giorno dell’agenda del nuovo Parlamento e di tutte le istituzioni, per individuare correttivi e soluzioni legislative finalmente efficaci. La sicurezza e la vita dei lavoratori devono essere una priorità.