Botta e risposta tra Vanessa Camani, consigliera regionale capogruppo del Partito Democratico, e l’assessore all’Istruzione della Regione Veneto Elena Donazzan, in merito all’incontro “Educazione all’affettività” voluto da Donazzan e indirizzato alle amministrazioni comunali della regione.
Nel mirino anche alcuni passaggi dell’intervento della psicologa Vera Slepoj, secondo cui “il patriarcato non c’entra con i femminicidi” e le cause della violenza di genere vadano ricercate nella crisi della famiglia.
La consigliera Camani, a nome dei consiglieri regionali del PD, ha preso una netta posizione critica: “Con questa cultura retrograda – ha detto – non ci possono essere speranze che dalla Regione del Veneto possa partire una vera battaglia contro le discriminazioni e le violenze sulle donne. Ancora una volta, infatti, l’assessora alle pari opportunità Elena Donazzan dimostra la sua impronta medievale, tanto per usare un eufemismo”. Camani ha puntato l’attenzione sul fatto che l’assessore Donazzan abbia organizzato un convegno “che nega ogni traccia di cultura patriarcale, ricercando sostanzialmente la causa dei femminicidi nella eccessiva emancipazione della donna”. In più “A completare l’opera – ha aggiunto Camani -, l’assessora afferma testualmente che ‘se diventassi capo del mondo, non farei nidi, ma darei soldi alle mamme per stare a casa con i figli’. Insomma, per la Donazzan l’unica funzione delle donne sarebbe quella dell’accudimento dei figli, alla faccia di tutte quelle donne che hanno ambizioni di realizzazione personale diversa dalla maternità. Mettere in contrapposizione la costruzione di un legittimo progetto di vita femminile con la scelta di essere madri è quanto di più vergognoso e offensivo si possa pensare. E che diviene grave se affermato da chi avrebbe istituzionalmente il compito di tutelare le pari opportunità. Il silenzio del presidente Zaia appare come una pesante corresponsabilità”.
Non si è però fatta attendere la replica di Donazzan, che ha parlato di una inopportuna strumentalizzazione: “Spiace dover rispondere ad una collega – ha commentato -, con la quale peraltro ragioniamo di temi come la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro delle donne. Io continuo a pensare che se potessi – ed è questa la battuta sul ‘Capo del mondo’ – ovvero se avessi molte più possibilità di quelle che ho oggi, vorrei che la maternità fosse piena ed effettiva e quindi – come già ora – che la mamma potesse stare il più possibile con il proprio bambino nei primi mesi di vita. Un periodo da protrarre ulteriormente, come ha chiesto, dal punto di vista scientifico, la professoressa Vera Slepoj”. Ha inoltre aggiunto che da assessore al Lavoro sarebbe importante poter sgravare le imprese, perché la maternità oggi costa loro molto e limita la donna nell’essere madre fino in fondo e nel proseguire la sua carriera. Ha concluso: “Camani ha perso un’occasione: la strumentalizzazione non serve. Se io chiedessi, come chiedo, a molte madri che cosa vogliono veramente, risponderebbero: Poter stare a casa il più possibile con il nostro bambino senza essere penalizzate nel lavoro”.