Nella prima frazione del 2022, fatturato, produzione industriale, export e consumi interni hanno registrato crescite a doppia cifra sull’analogo periodo del 2021. Ciò ha favorito, sul fronte occupazionale, un primo allentamento delle tensioni: malgrado sia proseguito il calo delle imprese attive (-36 il saldo da inizio anno), a fine marzo è emersa un’inversione di tendenza nel numero di occupati, con un timido rimbalzo rispetto al dicembre scorso (+209 unità, +0,3%), dopo il trend decisamente negativo degli anni recenti (-4.300 occupati solo nell’ultimo biennio). Il ritorno a ritmi di attività meno penalizzanti rispetto a quelli dei mesi di pandemia ha indotto anche un forte ridimensionamento nel ricorso agli ammortizzatori sociali (-72% nei primi 5 mesi a confronto col 2021), benché il numero di ore autorizzate nella filiera pelle (7,1 milioni) risulti ancora più che doppio (+121%) se raffrontato con quello di gennaio-maggio 2019.
Uno scenario che presenta però qualche incertezza per il futuro e obbliga a una certa prudenza come spiega Siro Badon, Presidente di Assocalzaturifici: “Il progressivo recupero che stava riportando le aziende del settore ai livelli pre-pandemici (quasi due imprese su tre hanno chiuso il 2021 con fatturato ancora inferiore a quello 2019) ha dovuto però fare i conti, da fine febbraio, con lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, e con il conseguente crollo, a partire da marzo, dei flussi a loro diretti (-52% in valore nel bimestre marzo-aprile le vendite ai due mercati). Particolarmente colpiti, ovviamente, i distretti calzaturieri tradizionalmente esposti in queste aree (in primis quelli marchigiani e romagnoli), che hanno registrato l’annullamento delle spedizioni di merce in consegna e degli ordinativi in portafoglio. Agli eventi bellici si sommano poi il problema dell’impennata dei costi energetici e l’assenza di riduzioni significative nei prezzi delle materie prime, da molti mesi su livelli decisamente elevati, oltre al timore di una recrudescenza delle varianti del virus”.
Analizzando nel dettaglio i dati del primo trimestre emerge come gli acquisti delle famiglie italiane presentino nei primi 3 mesi 2022 incrementi del +15,4% in quantità e del +20,6% in spesa sullo stesso periodo 2021, ma tuttora gap attorno al 10% con la situazione pre-emergenziale. I recuperi più robusti in termini percentuali hanno interessato i comparti che avevano maggiormente sofferto nel 2020 gli effetti del lockdown e delle restrizioni, vale a dire quelli delle scarpe classiche per uomo e donna (che mostrano entrambi aumenti nell’ordine del 30%, sia in paia che in valore, sui primi 3 mesi 2021). Per quanto riguarda lo shopping dei turisti in Italia è ben lungi dall’aver recuperato i livelli 2019, malgrado la parziale ripresa degli arrivi nel 2021 e un avvio di 2022 incoraggiante grazie al miglioramento nell’evoluzione pandemica.
Sul versante estero, si segnalano incrementi dell’export del +11,7% in quantità e del +21,4% in valore sui primi 3 mesi 2021 (+8,7% i prezzi medi). Sono state esportate, operazioni di pura commercializzazione incluse, 58,7 milioni di paia (-4,9% rispetto al primo trimestre 2019), per 3 miliardi di euro. In recupero i mercati UE (+9% in volume e +18% in valore, con un +22% in valore per la Francia, legato alle forniture alle griffe, un +16% per la Germania, un +20% per la Spagna e un +37% per i Paesi Bassi). Aumenti ancor più sostenuti per i Paesi extra-UE27 (+18% in quantità e +25% in valore). Tra questi spiccano: il +70% in valore degli USA (che hanno già largamente superato i livelli 2019 pre-Covid); il ritorno alla crescita della Sud Corea (+16%, sia in valore che in paia) dopo la frenata del 2021 che aveva interrotto la lunga striscia positiva del decennio precedente; i buoni risultati in Cina (+28% in valore). In negativo si segnala ovviamente l’arretramento che ha interessato Russia e Ucraina, in particolare dopo lo scoppio del conflitto a fine febbraio. A marzo i flussi verso la Russia hanno subìto una contrazione del -51% in valore; del -95% quelli diretti in Ucraina. Il cumulato dei primi 3 mesi dell’anno – destinato purtroppo a peggiorare ulteriormente, stante il protrarsi della guerra – indica una flessione nell’ordine del -20%, sia in valore che in paia, per la Russia e un -48% in valore (-56,5% in quantità) per l’Ucraina, su gennaio-marzo 2021. In aprile – secondo le anticipazioni diffuse da Eurostat – le esportazioni di calzature verso la Russia hanno registrato un calo tendenziale del -37% in valore; del -81% quelle verso l’Ucraina.
Per quanto riguarda l’andamento regionale, Veneto (+10,7% in valore su gennaio-marzo 2021) e Toscana (+26,6%) si confermano ai primi due posti per esportazioni (assieme coprono poco meno della metà del totale Italia del periodo analizzato), seguite dalla Lombardia (+33%). Nell’ordine del 20% gli aumenti per Puglia (+22,3%), Emilia Romagna (+20,1%, malgrado il -1% di Forlì-Cesena) e Marche (che fanno segnare un +19% nonostante la flessione del -35% in valore verso la Russia e del -51% verso l’Ucraina). Proprio le Marche (quarta regione esportatrice) e la Campania (nona, +15%) sono le uniche, tra le principali a vocazione calzaturiera, a non aver ancora raggiunto i livelli di export del primo trimestre 2019 in valore (ne sono al di sotto del -14% e del -21,5% rispettivamente).
La graduatoria per provincia è sempre guidata da Firenze (+30,3%, che detiene una quota attorno al 20% del totale nazionale), davanti a Milano (+37,3%) e Treviso (+16,3%). Incremento moderato per Verona (+4,7%, settima); flessione del -19% per Vicenza, sesta. Il buon risultato per Fermo (quarta provincia esportatrice, +16,6%) è destinato a una frenata nei trimestri successivi, stante la forte esposizione degli operatori di questo distretto sul mercato russo.
Il saldo commerciale settoriale è risultato in attivo nel primo trimestre per 1,28 miliardi di euro (+12,8% sull’analogo periodo dello scorso anno).