Di Marcello Minenna Dir. Gen. Agenzia delle Dogane e Monopoli, da Il Sole 24 Ore. Siamo a 12 mesi consecutivi di rialzi sostenuti dei prezzi delle principali commodities alimentari. L’indice benchmark della Food and Agriculture Organization (FAO, Food Price Index FPI) ha registrato un +35% da maggio 2020, raggiungendo i livelli elevati caratteristici delle gravi crisi alimentari del passato (2007-2008 e 2011-2012). La spinta, prima limitata ai prezzi degli oli vegetali (tra cui l’olio di palma) e dei cereali, ora ha coinvolto lo zucchero, la carne ed i prodotti caseari. Fortunatamente il prezzo del riso, una delle fonti primarie di calorie nei Paesi in via di sviluppo, non sta subendo pressioni.
La FAO nei giorni scorsi ha suonato la campanella d’allarme, definendo il rally attuale dei prezzi pericoloso per i Paesi poveri importatori dipendenti dal turismo internazionale, un settore ancora bloccato dalla pandemia. La “bolletta alimentare” globale data dai costi delle importazioni – inclusi i costi di trasporto via mare – quest’anno dovrebbe raggiungere il record assoluto di 1.715 miliardi di $, in crescita del 12% dal 2020.
Perché i prezzi salgono? In primis prosegue la pressione alla ricostituzione delle scorte da parte delle grandi economie emergenti: Cina, India, Brasile. La Cina ha avviato un piano aggressivo che ha coinvolto anche il settore dell’allevamento e quello dei cereali utilizzati per l’alimentazione animale, colpiti dalla peste suina africana. Le importazioni cinesi di mais dagli Usa sono quadruplicate in 12 mesi da 7 a 30 milioni di tonnellate. Sono raddoppiati anche gli ordini di grano da parte dei principali importatori (Egitto, Indonesia, Turchia). Peraltro la siccità ha colpito i raccolti in tutto il mondo, specialmente nel Sud America, più esposto al rischio climatico; tuttavia anche la Russia sta subendo conseguenze significative. A ciò si sovrappone il nodo della distribuzione logistica: negli ultimi 6 mesi il costo del trasporto merci via mare è salito del 547% mentre i tempi medi di attesa per il trasporto transoceanico sono passati da 14 a 33 giorni.
L’attuale forte ascesa dei prezzi può mettere a rischio la sicurezza alimentare globale? Secondo la FAO mediamente nel mondo circa 1.250 calorie giornaliere vengono ricavate dal consumo di cereali su 2.900 totali (il 43%). Nei Paesi in via di sviluppo questo dato è più alto, arrivando a sfiorare il 56%. I due terzi delle calorie vengono fornite da soltanto due tipologie, il riso ed il grano. Se guardiamo alle precedenti crisi alimentari, una crisi globale appare quasi certa se i prezzi del riso (in grigio scuro) e del grano (verde scuro) crescono all’unisono. Per ragioni climatiche e di diversificazione geografica questo accade di rado ed in genere gli andamenti di produzione e prezzi di riso e grano appaiono disaccoppiati. In questa prospettiva la situazione attuale sembra relativamente tranquilla, dato che il prezzo del riso nell’ultimo anno è rimasto costante. Tuttavia anche nella gravissima crisi del 2007-2008 in una fase iniziale il prezzo del riso era in controtendenza mentre gli altri cereali sperimentavano i primi forti rialzi. In un secondo momento la crisi si estese anche a questa commodity facendo precipitare i Paesi importatori più esposti in guai molto seri. In definitiva, la ripresa economica globale è sempre più convinta ma porta con sé degli “effetti collaterali” che iniziano a diventare rilevanti ed è bene non sottovalutare.
Marcello Minenna, Dir. Gen. Agenzia delle Dogane e Monopoli