Sarà semplice raffreddore, influenza, Covid o altro? Cerchiamo di orientarci tra i sintomi quando c’è il vicino di posto in metropolitana o in autobus che tossisce, il collega col fazzoletto di carta costantemente al naso, l’amico a casa sotto le lenzuola con la febbre alta, i bimbi con la gastroenterite.
E’ un ritratto della normalità invernale, ma in questi giorni sta già diventando realtà, con il debutto di ottobre, l’estate che diventa un ricordo e la stagione fredda che si fa largo. Ma come capire – leggendo nei sintomi – con quale nemico si ha a che fare? Come orientarsi in un ‘parterre’ sempre più affollato di virus che entrano in azione con i primi sbalzi di temperature e poi con i crolli prolungati sulla colonnina di mercurio?
“C’è uno schema ‘ideale’, diciamo così, che – salvo il Covid che è trasversale – parte dall’alto con influenza, metapneumovirus, virus respiratorio sinciziale. Poi ci sono 262 virus” e alla base di tutto il rhinovirus, “che è quello che determina solo il naso chiuso, il raffreddore comune”, spiega all’Adnkronos Salute il virologo Fabrizio Pregliasco. C’è un piccolo problema: che il più delle volte è “indistinguibile” un patogeno dall’altro, “dal punto di vista clinico. Per quello c’è chi dice ‘mi sono fatto l’influenza’, generalizzando”. Ma poi sotto questo cappello rientrano una folla di microrganismi, compresi “gli enterovirus, che portano deviazioni verso i sintomi gastrointestinali”.
L’esperto offre qualche indicazione per muoversi in maniera più consapevole in questo mare magnum di insidie respiratorie e, prima di tutto, stringe il cerchio sugli ‘indiziati’ della settimana: “Al momento – premette il direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva dell’università degli Studi di Milano – complici gli sbalzi termini che caratterizzano questi giorni, stanno girando in particolare le forme simil-influenzali. C’è stato qualche isolamento sporadico di influenza, ma è tipico del pre-stagione avere un mix di virus con queste proporzioni, che comprende anche gastroenteriti. L’influenza vera arriva quando la temperatura è bassa in maniera prolungata nel tempo. L’attività dei patogeni per ora non è a livello basale, ma un po’ sopra la media del periodo e viaggiamo intorno a circa 150-200mila casi settimanali, secondo stime a spanne.
Oggi infatti un dato ufficiale ancora non c’è, perché la rete di sorveglianza” sui virus respiratori “non è ancora partita”. Questo lo scenario attuale. Presto però si porrà il problema di capire se è influenza o altro e qui ci si imbatte in una delle poche certezze. “La vera influenza anche quest’anno si riconosce sempre con la solita triade: febbre alta”, in genere da 38 gradi in su, “con inizio brusco; almeno un sintomo generale (dolori articolari o muscolari, spossatezza); almeno un sintomo respiratorio (naso che cola, tosse, occhi arrossati)”, elenca Pregliasco.
“Tutto il resto invece sono gli altri virus. E il Covid complica lo scenario, ci ha un po’ fregato perché è trasversale: può provocare sintomi molto simili, meno o più pesanti. Può essere di tutto, anche quella cosa banale che poi magari si evolve male nei soggetti più fragili. Rompe gli schemi del passato”. Le ultime varianti di Sars-CoV-2 hanno dei sintomi particolari? “No – risponde Pregliasco – non si può capire, è molto variegata anche la risposta” della persona al virus. “Con le versioni più recenti si hanno forme più blande in genere, anche se possono determinare alternativamente effetti pesanti. Ho visto anche giovani con ancora la perdita del gusto e dell’olfatto e invece anziani con niente di niente. E’ tutto estremamente variabile ed è proprio ancora la forza di questo virus che continua così a diffondersi. E questa incertezza determina la necessità del tampone, almeno negli anziani e fragili”.
Può esserci il Covid senza febbre? “Sì – dice il virologo – ormai abbiamo un’immunità ibrida che, a seconda della capacità di risposta residua rispetto all’immunoevasività delle nuove varianti, e a seconda di come si sta in termini di salute, può portare il virus a manifestarsi in vari modi”. Diversi esperti provano di volta in volta, con il debutto di una nuova variante, a fare un po’ di ordine in questa varietà di forme. Proprio in questi giorni, in un focus pubblicato sul sito web di ‘Yale Medicine’, si approfondiscono per esempio le caratteristiche della variante XEC, che si è distinta per una rapida crescita in alcune zone dell’Europa ed è già fra le 5 varianti più diffuse negli Usa (dove è al 6% secondo le ultime stime). Secondo i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie Cdc, i sintomi includono ancora (ma non sono limitati a) tosse, congestione o naso che cola, diarrea, febbre o brividi, mancanza di respiro e perdita di gusto o olfatto, si legge nel focus.
E secondo lo specialista in malattie infettive di Yale Medicine Scott Roberts, non sembra esserci al momento alcun cambiamento nel comportamento del virus al di fuori della maggiore trasmissibilità. Come muoversi dunque? Ancora una volta, suggerisce Pregliasco, basta tenere a mente le 5 regole d’oro: “La prima è il buonsenso, inteso come attenzione agli sbalzi termici, uso della mascherina in situazioni particolari, lavarsi le mani e tutto quello che abbiamo imparato in tempo di pandemia – elenca – Il secondo punto è: vaccinazione anti-Covid e anti-influenza per i fragili e gli anziani. Terzo: automedicazione responsabile per tutte le forme, quali che siano, per attenuare i sintomi senza azzerarli, e seguire l’andamento per 2 o 3 giorni, consultando il medico se le cose non migliorano. Il quarto principio: eseguire il tampone Covid per le persone anziane e fragili. Per loro è importante ancora eseguirlo, in quanto oltre all’automedicazione, quindi all’antinfiammatorio e ai farmaci da banco, c’è la possibilità di usare in questa fascia l’antivirale Paxlovid*. Il Covid è ancora cattivo per queste persone. Quinta regola: no all’antibiotico subito nelle prime fasi, no autoprescrizione”.
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