Innovazione tecnologica, per lavorare meno o per un maggior profitto?

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Da una notizia che, da qualche giorno, si può leggere su varie testate giornalistiche on-line, si viene a conoscenza che un lavoratore, dopo 30 anni di servizio nella stessa azienda, è stato licenziato perché sostituito da una macchina. Si tratta di un “licenziamento per giustificato motivo oggettivo con esonero dal preavviso“. Nella lettera di licenziamento si può leggere “La nostra società ha installato una macchina, denominata ‘Paint cap applicator’, che svolge in automatico il medesimo lavoro sino a oggi da lei svolto. Viene così soppressa la Sua posizione lavorativa. Abbiamo valutato la possibilità di assegnarlLe altre mansioni, anche di livello inferiore, riconducibili alla Sua professionalità e comunque a Lei utilmente affidabili. Purtroppo non è stata reperita alcuna posizione lavorativa vacante, essendo tutti i posti già occupati da altri dipendenti.

Il lavoratore licenziato ha 61 anni ed ha una grave disabilità (ha perso una mano in un incidente). Difficilmente troverà un nuovo posto di lavoro.

Una notizia come tante, si dirà. Ogni giorno si legge di lavoratrici e lavoratori licenziati perché ammalati o perché “inutili esuberi“. Ma è proprio questo che deve spingere al ripudio dell’indifferenza, all’indignazione e alla rabbia.

Episodi come questo sono diventati ormai prassi normale. È il “mondo del lavoro” come lo intendono lorpadroni e i loro vassalli che si sono susseguiti al governo del paese e che hanno approvato leggi e regolamenti che cancellano i diritti di chi si guadagna da vivere lavorando. Un “mondo“, anzi un “mercato“, nel quale i lavoratori sono pezzi di ricambio che quando diventano (o sono reputati) difettosi o usurati vengono scartati e sostituiti da “altro“. Una macchina, per esempio. Qualcosa che non pensa e che svolge il suo compito senza protestare. Ma la colpa non è la macchina o l’innovazione teconologica. È l’uso che se ne fa. È l’obiettivo per il quale la macchina è stata progettata e costruita. Per il profitto di qualcuno o per sgravare l’essere umano da un lavoro ripetitivo e alienante? A questa domanda dobbiamo rispondere sinceramente sapendo che, se nel primo caso i ricchi lo diventeranno sempre di più e i lavoratori diventeranno sempre di più “un costo“, nel secondo caso chi vive del proprio lavoro potrebbe avere più tempo libero pur percependo la stessa retribuzione. Tempo libero per fare quello che vuole, per studiare, per divertirsi, per riposarsi e, perché no, per “oziare“. Lavorare meno, meglio e tutti, in sicurezza, dovrebbe essere il primo risultato dell’innovazione tecnologica, della robotica, della digitalizzazione. Di quella che viene chiamata “nuova rivoluzione industriale“. L’esempio dell’operaio licenziato perché il suo posto viene preso da una macchina, dimostra, invece, quello che è l’obiettivo di “lorpadroni” e governi a loro asserviti, e di avere meno costi, meno dissenso, meno proteste. In poche parole tenere sotto scacco chi vive del proprio lavoro con il ricatto occupazionale. Imponendo la paura di essere sostituito dall’oggi al domani da qualsiasi cosa.

L’uso della tecnologia è una battaglia che bisogna combattere per la sopravvivenza. Non è indifferente da che parte ci si schiera, se da quella dei padroni e del profitto o da quella dei lavoratori e del loro benessere. In definitiva è sempre il solito conflitto tra capitale e lavoro, tra barbarie e socialismo.