Su una possibile interazione tra l’inquinamento atmosferico e la diffusione del Coronavirus COVID 19 si è aperto un dibattito in ambienti scientifici e mediatici che sta ospitando e, per quanto possibile, stimolando anche VicenzaPiu.com.
Dopo l’intervento su VicenzaPiu.com (“Coronavirus, danni all’ambiente favoriscono i virus: pianura Padana al top del contagio e Vicenza è tra aree più inquinate del Veneto“) di Ciro Asproso, da sempre attento alle problematiche ambientali e ora anche nostro ospite frequente su questo argomento e su quelli che hanno attinenza con la qualità della vita, abbiamo dato spazio a quella che di fatto era la risposta dell’Agenzia Ambiente Veneto – Arpav (“Coronavirus, danni all’ambiente favoriscono i virus: Arpav replica che non c’è alcuna associazione causale verificata“) e, poi, alle ulteriori considerazioni di Asproso: “Inquinamento aria e diffusione Coronavirus: Arpav contesta la relazione ma ignora principio di precauzione e pubblicazioni“.
In questo approfondimento “a distanza”, come richiedono anche le recenti norme per contrastare l’emergenza Coronavirus, consegniamo di seguito alla conoscenza e alla valutazione dei lettori anche il nuovo contribuito di Arpav sul possibile tegame di causalità tra inquinamento e Coronavirus:“Concentrazioni di inquinanti atmosferici in tempi di Coronavirus“.
Eccolo di seguito.
L’inquinamento atmosferico che, anche in questo periodo di restrizione della circolazione delle persone, continua ad avere una grande evidenza nei media, è un argomento che deve essere sempre trattato con grande rigore scientifico. Infatti discutere di inquinamento atmosferico tout court, senza entrare nel merito del comportamento dei singoli inquinanti può portare a trarre conclusioni errate o vere solo in parte, come apparso più volte in questi giorni su stampa e media.
Si è ad esempio molto parlato della riduzione delle concentrazioni degli ossidi di azoto, a seguito della diminuzione delle emissioni da traffico veicolare, in relazione alle misure di contenimento del Coronavirus. In questo caso le concentrazioni degli ossidi di azoto (monossido e biossido di azoto) in aria hanno mostrato delle riduzioni, soprattutto negli ultimi 20 giorni. Bisogna tuttavia sottolineare che l’analisi a scala ampia delle concentrazioni totali di ossidi di azoto, potrebbero essere state influenzate, oltre che dalla riduzione delle emissioni da traffico, anche dalle condizioni dispersive dell’atmosfera in seguito ad episodi di instabilità meteorologica. Inoltre si deve tenere conto che una parte delle emissioni di ossidi di azoto è legata al riscaldamento domestico, che, anche durante le misure di contenimento degli ultimi giorni, non sono variate apprezzabilmente. Inoltre si deve considerare che taluni inquinanti atmosferici hanno origine in parte primaria, cioè vengono emessi come tali in atmosfera, e in parte secondaria, venendo generati in atmosfera da reazioni chimiche di altre sostanze.
Per avere un’idea di come sono diminuite le concentrazioni di inquinanti da traffico può essere opportuno analizzare le variazioni di concentrazione, ante e post restrizioni, del monossido di azoto, inquinante esclusivamente primario, che nei pressi delle arterie viarie è un tipico tracciante delle emissioni dei veicoli e non risente molto a scala locale della variabilità meteorologica. In effetti, analizzando nelle stazioni da traffico della Pianura Veneta le concentrazioni medie orarie del monossido di azoto, ante e post restrizioni, si può osservare che i livelli di questo inquinante hanno avuto riduzioni molto significative, dell’ordine del 60-80%. approfondisci (vai al documento). Questo ci dà un’idea della riduzione delle emissioni direttamente collegate al traffico veicolare, coerentemente a quanto contenuto nel documento pubblicato da ISPRA e SNPA (il Sistema Nazionale di Protezione Ambientale di cui fa parte anche ARPA Veneto), in relazione ai dati del progetto europeo Copernicus. vai al documento
Per quanto riguarda invece il particolato atmosferico, si deve ricordare che una percentuale significativa del PM10 è di origine primaria e viene emessa, principalmente, dal settore del riscaldamento civile. Ad essa si aggiunge una frazione di particolato di origine secondaria, legata alla formazione di polveri sottili in atmosfera da inquinanti quali gli ossidi di azoto e l’ammoniaca. Se è ragionevole pensare che la formazione di particolato secondario si sia ridotta nelle ultime settimane, a causa della diminuzione di emissioni di ossidi d’azoto da traffico, è rimasta sostanzialmente inalterata la componente emissiva primaria da riscaldamento civile, che potrebbe anche essere aumentata per effetto dell’obbligo di permanenza nelle abitazioni.
E’ ragionevole pensare che le condizioni di instabilità atmosferica verificatesi tra la fine di febbraio e la prima metà di marzo abbiano giocato un ruolo fondamentale nel disperdere, in via generale, gli inquinanti, specie quelli di origine secondaria, e quindi nel tenere basse in tale periodo anche le concentrazioni di PM10. Viceversa, anche nel pieno delle misure restrittive, in presenza di situazioni meteorologiche poco dispersive, si sono comunque registrati alcuni episodi di accumulo del PM10, con concentrazioni anche superiori al valore limite giornaliero.
In tal senso generalmente non si riscontra un collegamento diretto tra emissioni di inquinanti e le concentrazioni dei medesimi in atmosfera. In occasione di condizioni di stabilità atmosferica, si potrebbe verificare un aumento delle concentrazioni di alcuni inquinanti, anche a seguito di una riduzione delle emissioni, per effetto della forzante meteorologica.
L’analisi di questi fenomeni è dunque particolarmente complessa, ma per arrivare ad una diminuzione delle concentrazioni degli inquinanti è sempre auspicabile adottare delle misure di riduzione delle emissioni. Ad esempio le misure di riduzione del traffico, a prima vista poco efficaci, riducono le emissioni di ossidi di azoto, che sono precursori del particolato secondario.
Infine, per analizzare con rigore e in maniera esaustiva i livelli degli inquinanti atmosferici, specialmente se provenienti da diverse sorgenti emissive, evidenziando possibili trend di riduzione, è necessario considerare serie di dati sufficientemente lunghe che consentano di prescindere dall’effetto delle condizioni meteorologiche. Anche nel caso delle misure restrittive in atto per il coronavirus, al fine di esprimere una valutazione compiuta sui loro effetti sulla qualità dell’aria, è auspicabile disporre di un set di informazioni capace di tener conto di tutte le variabili in gioco.
Agenzia Ambiente Veneto – Arpav