Intercettazioni, presidente dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Bartoli in commissione giustizia del Senato: “Servono solo nuove regole per la professione”  

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Audizione su intercettazioni: Carlo Bartoli, Presidente Nazionale dell’Ordine dei giornalisti
Audizione su intercettazioni: Carlo Bartoli, Presidente Nazionale dell’Ordine dei giornalisti

Martedì 17 gennaio 2023 alle 11.30 presso l’aula della Commissione Giustizia del Senato si è tenuta un’interessante audizione su un tema di stretta attualità, quello delle intercettazioni (qui note e articoli su ViPiu.it, ndr), nell’ambito dell’indagine conoscitiva della Commissione, presieduta dalla senatrice Giulia Bongiorno (Lega).

È stato sentito il Presidente Nazionale dell’Ordine dei giornalisti, il dr. Carlo Bartoli (qui il video integrale, ndr), il quale ha svolto una sua relazione a cui sono seguite le domande dei parlamentari presenti.

Il punto centrale è stato quello del difficile equilibrio fra la libertà di stampa e il diritto alla riservatezza.

Bartoli ha esordito richiamando il principio della libertà di stampa, che si basa sull’articolo 21 della costituzione, per cui i giornalisti hanno l’obbligo di raccogliere e pubblicare informazioni mentre il loro ruolo è divenuto ancor più importante con l’avvento della digitalizzazione, ove il confine fra il vero e il falso è sempre labile

La normativa in tema di intercettazioni secondo Bartoli è già restrittiva e va necessariamente ricercato un punto di possibile equilibrio perché la nuova normativa comporterà forti limitazioni mentre va tenuto conto che le fonti a cui attingono i giornali sono “regolari”.

Introdurre ulteriori limitazioni significherebbe sottrarre informazioni preziose, prosegue il presidente dell’Ordine dei giornalisti (basti pensare ai colloqui fra mafiosi per le stragi Falcone Borsellino) e sarebbe difficile, ha soggiunto il presidente, spiegare ai cittadini i nuovi limiti.

La stessa CEDU (Corte europea dei diritti dell’uomo) ha più volte ribadito che le intercettazioni, quando sono di interesse pubblico possono essere rese note, mentre si deve tener conto del fatto che le informazioni sono un “bene deperibile”.

È intervenuto sul tema anche il Garante della privacy, Pasquale Stanzione, stabilendo alcuni principi, come il rispetto, nel diritto all’informazione, della sua essenzialità, il rispetto della dignità e della sfera sessuale della persona, principi ben presenti anche nella deontologia del giornalista.

Errori a volte se ne commettono, ma nel tempo certi comportamenti sono scomparsi, senza dimenticare che, comunque, si tratta di professionisti che sono soggetti a interventi di carattere disciplinare.

Abbiamo anche chiesto, dice il dr. Bartoli, al parlamento l’istituzione di un Giurì dell’informazione per velocizzare i tempi del procedimento disciplinare che, ricordiamolo, arriva sino alla Corte di Cassazione.

In definitiva il Presidente dell’Ordine dei giornalisti ha chiesto di non restringere ulteriormente la libertà di informazione.

Alla relazione del Dr. Bartoli sono seguite le domande dei parlamentari.

Il senatore Scalfarotto (Azione – Italia Viva) ha portato l’esempio di un caso che violava tutte le regole del Garante della Privacy, quello dell’allora ministro Guidi e del suo compagno, quando le intercettazioni pubblicate portarono alle dimissioni del Ministro, che uscì, poi, indenne da ogni inchiesta.

Il sen. Zanettin (Forza Italia) ha citato il caso delle intercettazioni fra Zaia e Crisanti: nessuna aveva rilevanza penale, eppure hanno avuto vasta eco sui giornali, per cui il parlamentare vicentino ha chiesto se non sia il caso di introdurre sanzioni di natura amministrativa o pecuniaria.

I senatori Bazzoli (PD) e Scarpinato (M5S) hanno centrato le domande sulla normativa in vigore cercando di coglierne l’efficacia.

Infine il sen. Rastrelli (FdI) ha chiesto se si possano riscontrare delle forme di abuso nella figura del giornalista investigativo che addirittura in certi casi provoca la commissione di reati.

La replica del Presidente dell’Ordine non si è fatta attendere. Bartoli ha precisato subito che non è mai stato dalla parte di chi rivendica difese corporative, ma il problema è dato dal fatto che il nostro paese soffre già di un deficit di libertà di informazione (l’Italia è al 58° posto nel mondo per la libertà di stampa, ndr).

Il vero equilibrio si riuscirebbe a raggiungere con nuove leggi e norme che regolamentino la professione del giornalista: serve rendere corresponsabili i direttori delle testate perché non è possibile che le sanzioni ricadano solo sull’ultima ruota del carro.

Poi soggiunge molti giornalisti rischiano per pochi spiccioli, la legge che regolamenta la professione risale al 1963, un’altra epoca, i gradi del giudizio disciplinare sono troppi, non è detto che le sanzioni pecuniarie agli editori risolvano la situazione se sono eccessive.

In definitiva nessun corporativismo ma regole nuove e chiare che disciplinino la professione di giornalista, accompagnate da un sistema di giustizia interna efficiente, risolverebbero molti problemi.