Angelo d’Orsi è stato professore ordinario di Storia delle dottrine politiche all’Università di Torino. Fa parte di diversi comitati scientifici ed ha fondato collane editoriali e riviste fra le quali «Historia Magistra. Rivista di storia critica» e «Gramsciana. Rivista internazionale di studi su Antonio Gramsci». Svolge un ruolo di opinionista su varie testate giornalistiche cartacee, televisive e sul web. Ha un blog personale intitolato Istruitevi, Agitatevi, Organizzatevi, tre parole d’ordine gramsciane. Ha scritto numerosi testi di carattere storico e storiografico, manuali, biografie, tra cui quella dedicata ad Antonio Gramsci, che a breve sarà rieditata con un considerevole ampliamento (A. d’Orsi, Gramsci. Una nuova biografia, Feltrinelli, Milano 2018). Grazie alla partecipazione del prof. d’Orsi ad una serie di Convegni che abbiamo organizzato in tutta Italia in collaborazione con il CESP (Centro Studi per la Scuola Pubblica) abbiamo avuto il piacere di intervistarlo in relazione al suo interesse per il politico e intellettuale comunista sardo.
- Professor d’Orsi, sappiamo che ha portato in giro in Italia un monologo su Gramsci e tra qualche mese sarà pubblicata una nuova edizione della biografia del politico sardo uscita nel 2017, e poi ampliata e riveduta nel 2018. Questa nuova edizione, in uscita, può confermare che è ancora vivo l’interesse per questa figura oppure si tratta solo di interesse storiografico e nostalgico?
Intanto mi preme dire che questa terza edizione è quasi un nuovo libro, tanto è consistente l’ampliamento, anche con ricorso a fonti nuove, e tanto cospicuo l’approfondimento del pensiero del Nostro: in effetti la mole del volume è più che raddoppiata rispetto alla precedente edizione, che a sua volta constava già di una cinquantina di pagine in più della prima. L’interesse per Gramsci in Italia è solo storiografico e teoretico, ed è limitato a cerchie ristrette di specialisti. Si tengono pochissimi corsi universitari a lui dedicati, si fanno convegni e seminari, è vero, ma sempre riservati a un manipolo di gramsciani-gramsciologi. Esiste una produzione editoriale abbastanza ampia, ma o iperspecialistica (generalmente a carattere filologico o filosofico) oppure, all’opposto, iperdivulgativa, fatta di antologie di testi, spesso malamente curati o addirittura per niente. Interesse di tipo nostalgico direi proprio di no: partiti che si richiamino a Gramsci non ce ne sono, fatta eccezione, parziale, per Rifondazione Comunista e, assai meno, quel partitino che si chiama PCI, le sole forze politiche che facciano un costante riferimento al pensatore e rivoluzionario sardo. Il partito erede principale del PCI storico, ossia il PD, è ormai guidato da persone che Gramsci non l’hanno neppure letto in antologia. L’interesse politico per Gramsci è invece vivo in altre plaghe della terra, a cominciare dall’America Latina, dove il suo pensiero è oggetto di un vero e proprio “uso” politico, per rafforzare i movimenti rivoluzionari e in generale quelli che si battono contro le forze padronali interne e quelle imperialistiche esterne. Io personalmente cerco di seguire un binario che da una parte approfondisca lo studio e la ricerca scientifica su vita, pensiero, azione politica, ma dall’altro faccia conoscere in modo efficace questo personaggio, nella sua interezza, a un pubblico vasto estraneo al mondo degli studi gramsciani e spesso degli studi in generale. Di qui l’idea dello spettacolo che, nato nel 2018, proprio dal mio libro, sto portando in giro, non solo in Italia, e che a sua volta si trasformerà in un altro libro, a carattere divulgativo, con taglio a metà tra storia e letteratura.
- Antonio Gramsci è stato un comunista, un rivoluzionario che ha pagato con la vita la sua opposizione al fascismo. Qual è, tuttavia, il suo più grande insegnamento che possiamo trasmettere ai giovani di oggi?
Ho scritto e detto in varie circostanze che Gramsci oggi ci appare inattuale ma, nel contempo necessario. La parte forse essenziale del suo lascito è la coerenza morale e il rigore intellettuale. Oggi è quasi impossibile trovare personaggi, nel mondo politico e intellettuale, che possano vantare coerenza e rigore, virtù che non vengono neppure considerate tali. E perciò a maggior ragione abbiamo il dovere di segnalare coerenza e rigore come valori imprescindibili. Ne trarrebbe beneficio il dibattito pubblico, e se ne gioverebbe il mondo dei “colti”, oggi quasi completamente asservito al potere politico, commerciale e finanziario.
- Professor d’Orsi, dalla fondazione del Partito Comunista d’Italia, alla quale Gramsci aveva contribuito, è passato più di un secolo e la politica è cambiata notevolmente. Le confesso che i miei studenti e le mie studentesse, nate/i tutti dopo il 2000, hanno un sussulto al sentir parlare di “comunismo”, ma, in realtà, anche a sentir parlare di “politica”. Dobbiamo ritenere archiviato il pensiero comunista insieme alla sua prassi rivoluzionaria in virtù della più ordinata democrazia liberale?
Gramsci è stato un comunista, un rivoluzionario, ma è stato anche un “uomo intero”, che ci ha lasciato uno straordinario patrimonio teoretico e morale. Farlo conoscere può essere anche una via per far capire che il comunismo, fallito sul piano effettuale, reca in sé ragioni profonde di verità. E nel contempo questo ci può far capire, e far capire ai più giovani che non si deve vivere sotto la cappa della dittatura di un eterno presente, di un presente eterno e imprescindibile. Se il comunismo ha fallito, un fallimento ancor maggiore è quello del capitalismo e della sua espressione politico-ideologica e politico-istituzionale: la democrazia liberale. Ma Gramsci è stato anche un acuto interprete della modernità, che ci aiuta a comprenderne i meccanismi, denunciarne le storture, rifiutarsi di accettarne le ingiustizie.
Insomma, studiare Gramsci, conoscerlo, significa ammettere che un altro mondo è possibile.
Grazie davvero prof. d’Orsi per le sue ricerche e le sue analisi, che non riguardano solo la figura di Antonio Gramsci, ma si estendono anche alla complessità della realtà che viviamo, come abbiamo potuto appurare nel suo impegno nei nostri Convegni con il CESP sulla Scuola laboratorio di pace.
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a cura di Michele Lucivero
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