Nel sistema bancario italiano ci sono due grandi gruppi (Intesa Sanpaolo e Unicredit), ormai troppe poche banche medie ed un numero elevato di banche di credito cooperativo che con l’attuale assetto di questo segmento sono al servizio di privati, commercianti e piccole imprese.
Negli anni della crescita i due campioni nazionali hanno diversificato le rispettive strategie. Unicredit ha cercato il proprio sviluppo in Europa, con importanti acquisizioni in Germania, Austria, Croazia, Serbia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca e Bosnia.
Intesa invece si è rafforzata in Italia e, con una accorta politica favorita anche dalla presenza nel gruppo di uomini di potere quali Bazoli e Guzzetti, è diventata la banca del sistema Italia. Non c’è operazione di una qualche importanza che non transiti per Cà de Sass.
Forte di questa posizione Intesa ha cercato e sta cercando di rafforzare ancor di più questa sua posizione di sostanziale monopolio.
È infatti degli inizi del 2017 il suo tentativo di scalata delle Generali in condivisione con Allianz. Generali non gradì le attenzioni e bloccò di fatto l’attacco di Intesa/Allianz acquistando il 3% del capitale di Intesa e sfruttando la norma prevista dalla legge sulle partecipazioni incrociate.
La strategia di Intesa aveva una grande valenza: acquisendo il ramo “danni” di Generali sarebbe infatti diventata il primo attore assicurativo Italiano detenendo già il primato del ramo vita. Ciononostante, come detto, Il tentativo di scalata fallì.
Pesantissimi i giudizi che un importante socio di Generali come Del Vecchio espresse allora sull’AD di Intesa, dando di fatto dell’incompetente a Messina e affermando che negli Usa lo avrebbero mandato a casa. Altrettanto dura fu la replica di Messina che disse che le dichiarazioni di Del Vecchio erano diffamatorie e che lo stesso non sapeva di cosa parlasse.
Più recentemente Intesa ha lanciato una OPS su UBI. Anche in questo caso il CdA della banca target, con in testa l’AD Massiah, non ha gradito l’intervento e si sta muovendo con i grandi azionisti per far abortire anche questa iniziativa di Intesa.
Nei giorni scorsi, Messina in piena emergenza Coronavirus ha confermato l’offerta pubblica di scambio confidando nella buona riuscita dell’operazione, mentre Massiah, forte degli ottimi numeri del bilancio, in taluni comparti migliori anche di quelli di Intesa, ha ribadito la sua decisa contrarietà.
Non ci resta che attendere per sapere chi risulterà vincitore.
In questo caso però, diversamente dal precedente, la valenza strategica dell’operazione per Intesa diventa di difficile lettura. In tempi in cui gli sportelli bancari stanno perdendo rapidamente la loro storica funzione a favore della banca virtuale, non paiono sufficienti le motivazioni addotte e confermate anche nel CdA del 31 marzo scorso.
Forse una ragione più realistica va ricercata nel prezzo offerto. Intesa, cercando di sfruttare le ridotte valutazioni del mercato borsistico, mira a portarsi a casa il patrimonio di 10 Miliardi di UBI pagando meno della metà, un bel colpo.
Al di là della peculiare congiuntura economica dunque, questo è forse il vero motivo che giustifica l’operazione: acquistare con un forte sconto. Verrebbe da pensare che Intesa abbia preso gusto dal suo recente shopping a condizioni estremamente vantaggiose. Basti ricordare l’acquisizione delle banche venete.
Favorita da una presunta necessità di concludere l’operazione in tempi strettissimi, Intesa nel 2017 è riuscita a farsi assegnare nel corso di una notte tutte le attività in bonis di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca richiedendo ed ottenendo per di più un premio in contanti di circa 5 miliardi, importanti vantaggi fiscali nonché l’acquisizione di una rilevante quota di mercato in una delle aree più sviluppate d’Europa.
L’acquisizione delle banche Venete fu trattata con esponenti del governo, aiutati dalla Vigilanza di Banca d’Italia, a dir poco disattenti alle sorti ed ai veri numeri di bilancio delle due popolari e con buona pace delle sorti del tessuto imprenditoriale veneto, che ne risultò pesantemente compromesso.
Stiamo a vedere cosa ne sarà dell’operazione in corso, perché ora Intesa deve confrontarsi con tutte le regole del mercato vero e non potrà aspettarsi regali o sconti come nel 2017.
Del Vecchio è lì che sta a guardare.