Intesa Sanpaolo, presentato insieme a Prometeia il Rapporto Analisi dei Settori Industriali: export in crescita nel 2023

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Ego International: Vicenza è la capitale dell'export nel nordest
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L’industria italiana ha chiuso il 2022 con ottimi risultati di bilancio. Come testimonia l’analisi eseguita su un campione di circa 40.000 imprese, la crescita è stata sostenuta e diffusa a tutte le classi dimensionali. L’Ebitda si è confermato sugli ottimi livelli del 2021, nell’ordine del 10% in rapporto al fatturato, grazie anche ai provvedimenti di contrasto al caro energia. Tali risultati, cui si aggiunge anche la prosecuzione della fase di crescita degli investimenti, confermano il rafforzamento del tessuto manifatturiero.

La competitività delle imprese italiane nell’alto di gamma e nelle nicchie a elevato contenuto tecnologico ha consentito una tenuta dell’export italiano (in crescita del 3,6% a valori correnti, nei primi 7 mesi del 2023, stabile a prezzi costanti), nonostante il rallentamento del commercio mondiale, con effetti positivi sul saldo commerciale. La propensione all’export si attesterà su livelli stabilmente superiori al 50%, consentendo all’attivo commerciale di oltrepassare i 106 miliardi di euro nel 2025.

Il traino del canale estero e la spinta inflativa ancora intensa nel 2023 sosterranno il fatturato a valori correnti dell’industria italiana, che a fine anno dovrebbe confermare il raggiungimento di un massimo storico a 1169 miliardi di euro.

I settori legati alla transizione digitale ed energetica chiuderanno il 2023 in positivo, anche a prezzi costanti, a fronte di un fatturato deflazionato in calo del -0,6% per l’aggregato manifatturiero: Autoveicoli e moto (+7,9%, frutto del rimbalzo dai minimi degli scorsi anni), Elettronica (+2,9%) ed Elettrotecnica (+2%); stabile il fatturato della Meccanica (+0,3%). Anche Largo consumo (+2,7%) e Farmaceutica (+2,5%) si collocheranno nella parte alta del ranking, grazie alla migliore tenuta sui mercati internazionali.

Le difficoltà maggiori riguarderanno, invece, i produttori di intermedi, in particolare Intermedi chimici (- 7,8% il fatturato deflazionato 2023), Prodotti e materiali da costruzione (-4,6%) e Metallurgia (-3,3%), penalizzati dalla minor dinamica dell’edilizia residenziale e dalla prudenza nella ricostituzione dei magazzini. In calo anche i produttori di beni durevoli per la casa (Elettrodomestici e Mobili, dopo l’exploit degli anni pandemici), il Sistema moda e l’Alimentare e bevande che, sul mercato interno, accusano l’impatto dei vincoli di bilancio sui consumi delle famiglie.

Nel biennio 2024-25, saranno sempre i settori legati alla doppia transizione a presentare prospettive migliori, sostenuti dai finanziamenti europei del NGEU. Il manifatturiero nel suo complesso, invece, è atteso crescere a ritmi inferiori all’1% medio annuo, a prezzi costanti, in uno scenario in cui le politiche monetarie restrittive e le tensioni geopolitiche continueranno a vincolare il recupero della domanda.

Alla luce delle prospettive sempre più sfidanti che le imprese dovranno affrontare, gli investimenti volti a rafforzare il posizionamento competitivo rappresentano una strada obbligata. Come testimoniano le analisi relative al quadriennio 2019-22 presentate nel Rapporto, le imprese top performer per margini sono quelle che più di altre hanno puntato su leve strategiche chiave, dall’innovazione tecnologica ai marchi, dagli investimenti diretti esteri all’autoproduzione di elettricità attraverso impianti alimentati da fonti rinnovabili, a conferma della crucialità della variabile energetica per affrontare al meglio le fasi di elevata incertezza e volatilità.

L’industria manifatturiera italiana chiuderà il 2023 con un fatturato a prezzi costanti in lieve calo

Il fatturato deflazionato dell’industria manifatturiera italiana ha mostrato un ripiegamento tendenziale di poco inferiore al 2% nei primi sette mesi del 2023, un calo meno intenso rispetto a quello registrato dalla produzione industriale (- 3,1% nel periodo gennaio-agosto). Il venir meno dei fenomeni di shortage di componenti e input produttivi, che avevano caratterizzato la fase di rimbalzo post-Covid, ha infatti consentito a molte imprese di completare le produzioni in magazzino e soddisfare gli ordini rimasti inevasi, attenuando il calo del fatturato.

Dagli indicatori che monitorano il sentiment delle imprese emerge un quadro di peggioramento delle attese sulla produzione e sugli ordini interni ed esteri. Tuttavia, il confronto con un’ultima parte del 2022 già deteriorata contribuirà a ridimensionare i cali tendenziali nei prossimi mesi, portando a una chiusura d’anno a -0,6% per il fatturato manifatturiero a prezzi costanti.

La spinta inflativa continua a sostenere il fatturato manifatturiero, che nel complesso del 2023 si stabilizzerà sui livelli di massimo storico raggiunti lo scorso anno (1.169 miliardi di euro, +0,7% secondo le nostre stime).

I prezzi alla produzione sono aumentati del 3,9% nei primi otto mesi dell’anno, con spinte inflazionistiche ancora forti nei settori a valle delle filiere produttive: Alimentare e bevande (9,1%, la crescita dei prezzi nel periodo gennaio- agosto), Mobili (7,4%), Largo consumo (7,3%), Sistema moda (7%) ed Elettrodomestici (6,7%). Emerge, tuttavia, anche un progressivo raffreddamento dell’inflazione nelle rilevazioni più recenti (+0,6% nel trimestre giugno-agosto 2023), guidato dai settori produttori di intermedi, in particolare Metallurgia (-13,9% tra gennaio e agosto); fanno eccezione i Prodotti e materiali da costruzione, con listini di vendita ancora in aumento in doppia cifra (13,3%).

I vincoli alla crescita di consumi e investimenti penalizzano l’attività industriale nel 2023

Sul rallentamento del ciclo manifatturiero pesano soprattutto le difficoltà legate ai consumi interni. Il deterioramento del potere d’acquisto delle famiglie e l’aumento dei tassi d’interesse stanno penalizzando i beni durevoli per la casa (dopo l’exploit degli anni pandemici) e gli alimentari (tendenza solo marginalmente spiegabile con la normalizzazione dei consumi “fuori casa”), in parte compensati dal recupero del mercato degli autoveicoli dai livelli di minimo toccati nel triennio 2020-22.

Segnali di difficoltà emergono anche dagli investimenti in costruzioni che, a causa della rimodulazione degli incentivi fiscali e del rialzo dei tassi, hanno segnato una flessione nel secondo trimestre del 2023. I livelli restano però elevati (+31,5% rispetto al primo semestre del 2019), sostenuti dal buon dinamismo del mercato delle opere pubbliche. Gli investimenti in beni strumentali sono rimasti in territorio ampiamente positivo nei primi due trimestri dell’anno, grazie anche alla componente mezzi di trasporto, in forte accelerazione.

Rallentano gli scambi mondiali, ma l’export italiano si conferma sugli ottimi livelli del 2022

Gli scambi mondiali sono in deciso rallentamento, sia nei mercati emergenti sia nelle economie avanzate, con dati più negativi per l’Asia rispetto al Nordamerica. Nonostante l’affievolirsi del commercio internazionale, nei primi sette mesi dell’anno l’export italiano di beni manufatti è rimasto stabile sui livelli del 2022 a prezzi costanti, ed è cresciuto del 3,6% a valori correnti. Il parziale rientro dell’import penetration, guidato dal rallentamento della domanda interna (stabili le importazioni a prezzi costanti nel periodo gennaio-agosto 2023, +1,1% a valori correnti), permetterà comunque un miglioramento del saldo commerciale dell’industria italiana nel 2023, che stimiamo in 96,6 miliardi di euro.

Il ranking settoriale 2023

Pochi settori presenteranno un fatturato deflazionato in crescita nel 2023, a partire da quelli legati alla transizione digitale ed energetica. Gli Autoveicoli e moto (+7,9%) beneficiano di immatricolazioni in aumento sul mercato interno (anche se i ritmi di crescita si stanno facendo via via meno brillanti), dopo un 2022 condizionato dai colli di bottiglia lungo le catene di fornitura. Seguono nel ranking Elettronica (+2,9%), Elettrotecnica (+2%) e Meccanica (stabile sui risultati 2022, con un +0,3%), favoriti dalla messa a terra degli investimenti infrastrutturali nel mercato interno e, più in generale, dallo sblocco di commesse rimaste inevase nel corso del 2022.

Nella parte alta della classifica 2023 si collocano inoltre Largo consumo (+2,7%) e Farmaceutica (+2,5%), che possono contare su una cospicua dote del primo semestre dell’anno, che li ha visti crescere a ritmi molto brillanti, soprattutto sui mercati esteri.

Nella parte bassa della graduatoria 2023, invece, con fatturato deflazionato in contrazione, vi sono i settori più sensibili al ciclo dell’edilizia: il ripiegamento tendenziale più marcato coinvolgerà i Prodotti e materiali da costruzione (-4,6%), ma anche i produttori di beni durevoli per la casa chiuderanno l’anno in calo (Elettrodomestici

-4,4%, Mobili -2,4%). In difficoltà anche Intermedi chimici (-7.8%), filiera dei metalli (Metallurgia -3,3%, Prodotti in metallo -0,9%) e Altri intermedi (-1,5%), penalizzati dalla prudenza nella ricostituzione delle scorte di magazzino in questa fase di grande incertezza.

Chiudono la panoramica settoriale Sistema moda e Alimentare e bevande, con fatturato deflazionato in calo rispettivamente del -2,5% e -1,1%. Alla sostanziale tenuta dei primi mesi dell’anno fa da contraltare un secondo semestre decisamente più problematico, soprattutto sul fronte interno, con consumi condizionati dai vincoli di bilancio delle famiglie.

Modesto rimbalzo dell’attività manifatturiera nel biennio 2024-25

Dopo la battuta d’arresto del 2023, il fatturato deflazionato dell’industria manifatturiera italiana è atteso evidenziare un moderato rimbalzo nel corso del 2024 (+0,5%), per poi accelerare al +1,3% l’anno successivo. Si tratta comunque di una crescita inferiore a quella del biennio 2021-’22, condizionata dagli effetti delle politiche monetarie restrittive e soggetta a rischi al ribasso per via di tensioni geopolitiche che potrebbero mettere nuovamente sotto pressione i prezzi dei prodotti energetici.

Lato consumi, i prezzi elevati si sommeranno al venir meno dei provvedimenti di sostegno al reddito e all’erosione dell’extra-risparmio accumulato con la pandemia, spingendo le famiglie ad attuare strategie di contenimento delle spese voluttuarie e di rinvio degli acquisti di beni ad elevato importo medio di spesa. L’effetto traino esercitato dal ciclo edilizio si depotenzierà ulteriormente: la crescita del genio civile, sostenuta dal PNRR, non sarà sufficiente ad arginare il ridimensionamento dell’edilizia residenziale che, in assenza di nuovi incentivi, porterà a una flessione degli investimenti in costruzioni.

Gli investimenti in beni strumentali continueranno a crescere, pur confermandosi meno brillanti rispetto al passato, penalizzati dal peggioramento delle condizioni di domanda e dai costi di finanziamento più elevati. La spinta dei fondi europei continuerà a sostenere gli investimenti ICT e del comparto energetico, soprattutto nel 2025, alla luce della rimodulazione degli obiettivi del PNRR che rinvia alcuni investimenti previsti. In cima al ranking di crescita 2024-25 troviamo, infatti, i settori attivati dalla doppia transizione digitale ed energetica: Elettronica (+3,4% medio annuo il fatturato deflazionato), Elettrotecnica (+2%) e Meccanica (+1,5%). Positivo anche l’outlook per gli Autoveicoli e moto, che sono attesi crescere a un ritmo medio annuo dell’1,4% nel prossimo biennio (per quanto ridimensionato rispetto al 2023)

Gli investimenti infrastrutturali, per la transizione digitale e green, sosterranno anche il commercio internazionale che è previsto recuperare già dal 2024. I ritmi di crescita degli scambi saranno comunque più moderati rispetto al passato, condizionati dalle tensioni geopolitiche, dalla tendenza alla regionalizzazione e dalla debolezza dei consumi che, soprattutto nelle economie europee, continueranno ad accusare la perdita di potere d’acquisto delle famiglie.

In questo contesto, l’export italiano di beni manufatti potrà crescere a ritmi prossimi al 2,5% medio annuo nel biennio 2024-25, a prezzi costanti. Una performance che, secondo le nostre stime, porterà la propensione all’export sopra il 50% e il saldo commerciale oltre la soglia dei 106 miliardi di euro nel 2025, complice una crescita meno intensa delle importazioni (+2,1% medio annuo nel 2024-25, sempre a prezzi costanti), condizionata dalla persistente debolezza della domanda interna.

L’attuale fase di rallentamento manifesta i suoi effetti su un tessuto manifatturiero che rimane in buona salute

L’Ebitda 2022 si è confermato sugli ottimi livelli raggiunti nel 2021, nell’ordine del 10% in rapporto al fatturato (soglia superata, negli ultimi trent’anni, solo nel biennio 1994-95 e nel 1999), grazie ai provvedimenti di contrasto al caro energia. Anche al netto di questi contributi, però, l’evoluzione favorevole della domanda finale ha permesso a quasi tutti i settori di traslare a valle i forti rincari dei costi per materie prime ed energia. L’analisi per classe dimensionale evidenzia, invece, come siano state soprattutto le imprese di maggiori dimensioni a migliorare i margini, a fronte di una sostanziale tenuta delle Pmi.

In miglioramento generalizzato anche la redditività industriale nel 2022, soprattutto per i produttori di beni intermedi, gli Autoveicoli e moto e il Sistema moda. Da evidenziare come il numero di settori con ROI a doppia cifra sia salito a 10, sui 15 analizzati nel Rapporto. In questo contesto, il ROE manifatturiero ha sfiorato il 10%, appena 1 punto in meno rispetto ai massimi del 1995 e a fronte di una patrimonializzazione nettamente più robusta, con riflessi molto positivi sulla capacità di autofinanziamento. Le elevate risorse a disposizione hanno consentito alle imprese manifatturiere di far fronte agli investimenti in capitale fisso, ancora in aumento (+7,4% a valori correnti).

Per il 2023 prevediamo una contrazione dell’Ebitda margin manifatturiero, di circa 6 decimi di punto, che sarà comunque in grado di garantire alle imprese una buona sostenibilità dei debiti finanziari necessari per continuare a investire. La competitività della nostra industria continuerà infatti a giocarsi sulla spinta all’innovazione, verso prodotti qualitativamente elevati e la ricerca di un mix energetico più efficiente, in grado di favorire il contenimento dei costi e dei rischi. Le imprese che in passato si erano già mosse su questi fronti sono riuscite a difendere meglio i propri margini anche durante il difficile 2022, confermandosi tra le top 25% del loro settore di specializzazione.

Un’analisi realizzata incrociando i dati di bilancio 2022 con le informazioni sulle leve strategiche attivate dalle imprese rivela, infatti, una correlazione positiva tra l’essere top performer per margini e l’aver puntato su leve strategiche chiave, dai brevetti ai marchi, dagli investimenti diretti esteri all’autoproduzione di energia. In particolare, le imprese che hanno ricevuto incentivi per l’installazione di impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile non solo si sono posizionate meglio in termini di marginalità unitaria in percentuale del fatturato nel 2022, ma hanno anche registrato un delta margini più ampio sul 2019 nella maggior parte dei settori manifatturieri, in particolare nella Metallurgia e negli Autoveicoli e moto.