Presidio della Cisl Vicenza in contrà s. Pietro 60 Vicenza in questa mattina del 4 dicembre davanti alla sede direzionale dell‘Ipab di Vicenza, nelle ultime settimane di nuovo nell’occhio del ciclone con le dimissioni irrevocabili del CdA. Una vicenda già approdata in consiglio comunale con svariate Domande d’Attualità dell’opposizione (con Rolando e Sala) e della maggioranza (con Siotto, Danchielli e Lunardi) alle quali ha risposto il sindaco. C’è lo spettro del terzo commissariamento per Ipab Vicenza in nove anni.
Di seguito la nota ufficiale del sindacato:
Martedì 18 dicembre per i 2.000 lavoratori delle 20 Ipab vicentine, come per i loro colleghi di tutto il Veneto, FP Cisl e Fisascat Cisl di Vicenza hanno proclamato una giornata di sciopero contro la mancata approvazione della riforma regionale degli Istituti Pubblici di Assistenza e Beneficenza, che sta penalizzando gravemente l?attività di queste strutture, con pesanti ricadute per i cittadini bisognosi di assistenza, i loro familiari e i lavoratori. «L?Ipab di Vicenza in particolare – ricorda Raffaele Consiglio, segretario generale provinciale di Cisl Vicenza – è una delle più importanti del Veneto, con un patrimonio immobiliare di oltre 40 milioni di euro, eppure i conti continuano a non quadrare. In questo però una responsabilità importante ha a nostro avviso la Regione Veneto, che continua a rimandare la riforma del settore: siamo l?unica Regione che non l?ha ancora approvata, dopo che il Parlamento aveva affidato proprio alle Regioni la delega ancora nel 2000». E proprio l?approvazione del progetto di legge regionale n. 25/2015 – la tanto attesa riforma – sarà la prima richiesta avanzata in occasione dello sciopero di martedì 18 dicembre, che vedrà i lavoratori partecipare anche ad un corteo di protesta a Venezia.
Anche perché la situazione attuale appare unica e paradossale, senza precedenti e non priva di rischi e incognite come spiega Ruggero Bellotto, segretario provinciale di FP Cisl: «Un esempio esaustivo è l?aliquota IRAP che oggi grava sulle IPAB, è infatti più che doppia rispetto a quella applicata alle strutture private che svolgono i medesimi servizi. In pratica il pubblico penalizza il pubblico. Ed è ormai palese che non riformare il settore, corrisponde a una precisa scelta politica: privatizzare i servizi offerti ai cittadini; che devono invece rimanere pubbliche, sia perché sono il frutto dei lasciti dei cittadini, sia perché svolgono un servizio essenziale e destinato a essere sempre più delicato e strategico con il progressivo invecchiamento della popolazione. Attualmente i servizi pubblici di cura e assistenza ai cittadini sono già integrati da aziende private e questo equilibrio va difeso e sostenuto in quanto assicura la qualità di cura e assistenza a tutti».
Nella visione di FP Cisl, non solo le Ipab devono restare pubbliche, ma devono essere più integrate anche dal punto di vista gestionale nella rete dei servizi pubblici socio-sanitari: «Unificare le attività amministrative e di approvvigionamento – prosegue Bellotto – porterebbe immediati risparmi. E sarebbe un segnale importante anche per i dipendenti, che devono essere inquadrati nel contratto della Sanità, anche per favorire la loro integrazione nel sistema socio-sanitario pubblico».
In questo modo si liberebbero risorse importanti, per rimettere in ordine i conti e reinvestire sul potenziamento dei servizi, in primis con l?incremento dei posti letto per i quali la Regione paga la quota per l?assistenza sanitaria.
E poi vi sono le questioni che riguardano più direttamente i lavoratori del settore: «Per quelli delle strutture private – incalza Bellotto – deve essere ripristinato il vincolo a rispettare il contratto nazionale di lavoro sottoscritto dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori: basta contratti di comodo sottoscritti con piccole sigle sindacali solo per ridurre le paghe dei lavoratori! E poi ci sono i lavoratori degli appalti, ai quali va garantito, in caso di subentro di una nuova azienda, la continuità del posto di lavoro, della formazione e del trattamento contrattuale. Basta appalti al massimo ribasso scaricati sulle spalle dei lavoratori».