Ai sensi dell’art. 112 della Costituzione il Pubblico Ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale. Ciò significa che ricevuta la notizia del reato il Pubblico Ministero è obbligato a svolgere le indagini e in esito alle stesse formulare l’imputazione e chiedere al Giudice di pronunciarsi sulla stessa. La norma è a tutela della parità di trattamento dei cittadini.
In linea teorica vige dunque nel nostro ordinamento il principio di obbligatorietà dell’azione penale contrapposto al principio di discrezionalità della stessa. Nei fatti la discrezionalità è ampiamente diffusa nell’amministrazione della giustizia.
Sussiste, invero, una discrezionalità tecnica legata alla valutazione del peso del valore probatorio, ed una discrezionalità che potremmo definire da eccesso di lavoro. L’impossibilità di agire in relazione ad ogni notizia di reato porta a delle scelte di priorità escludendo nei fatti l’esercizio dell’azione penale per molti reati. Si aggiunga come ampie sfere di discrezionalità sono date dall’art. 131 bis del codice penale che prevede la non punibilità per la particolarità tenuità del fatto.
Stante la situazione che vede verificarsi buona parte della prescrizione dei reati negli uffici del Pubblico Ministero, giova chiedersi che significato abbia l’idea del Ministro Nordio di introdurre il regime di discrezionalità dell’azione penale.
In realtà accanto ad una discrezionalità tecnica e alla discrezionalità da priorità, la discrezionalità in senso proprio ha altra declinazione.
Per definirla è possibile fare riferimento all’ordinamento della Gran Bretagna che prevede accanto alla valutazione teorica sugli esiti possibili dell’indagine e del processo, l’interesse pubblico alla punizione del reato.
In pratica, accertata la sussistenza del reato ai fini dell’esercizio dell’azione penale va valutata l’opportunità della stessa. Questo è il senso da attribuirsi ad una riforma dell’esercizio dell’azione penale.
E’ chiaro che la stessa può avere luogo solo con una legge di riforma costituzionale.
Si può discutere a lungo se tale riforma sia auspicabile.
Quello che è certo è che con la stessa si verrebbero a creare rilevanti problemi. Una valutazione di opportunità nell’esercizio dell’azione penale è atto di natura prettamente politico. Chi è legittimato a ciò?
Non pare possibile rimettere tale discrezionalità al singolo pubblico ministero o al singolo ufficio. Si verrebbe a concentrare nelle mani di una persona un potere che si presterebbe ad ogni possibile arbitrio. Occorre individuare una fonte che dia autorevolezza alla decisione di non procedere alla persecuzione del reato. Occorre una legittimazione democratica.
Il problema non si pone negli Stati Uniti. Ivi la carica del procuratore è elettiva.
Gli elettori sono i giudici della bontà dell’esercizio dell’azione penale da parte dello stesso.
In Inghilterra l’azione penale viene esercitata dalla Polizia che ha poteri di screening.
Il Pubblico Ministero inglese non esercita l’azione penale, ma ha il potere di disporre l’archiviazione. In definitiva il suo riferimento è il Ministro della Giustizia.
Come è dato vedere negli Stati Uniti vige il principio di discrezionalità. Lo stesso comporta un ufficio del Pubblico Ministero ben diverso da quello che è delineato dalla nostra Costituzione.
Il Pubblico Ministero negli USA è soggetto eletto, in Inghilterra lo stesso è legato al potere politico.
Quale sistema sarebbe da adottare nel caso fosse introdotta la discrezionalità dell’azione penale nel senso che si è indicato e cioè di opportunità dell’esercizio della stessa?
E’ auspicabile una forma di dipendenza del Pubblico Ministero del potere esecutivo, ovvero un pubblico ministero elettivo?
Come è dato credere si tratta di tematiche estremamente complesse che coinvolgono l’intero assetto costituzionale.