Santo Stefano è una piccola isola del Mar Tirreno, che fa parte delle sei isole Ponziane ed è situata a due chilometri ad est del comune (ed isola) di Ventotene, di cui vi ho già parlato per per la sua Villa Giulia nel mio diario da turista vicentina curiosa nel basso Lazio (qui le altre narrazioni del mio viaggio). Nel 1975 in epoca borbonica vi fu eretto il carcere al posto di un antico monastero dedicato a Santo Stefano, da cui l’isola prende il nome. Il carcere, ella tipologia del Panopticon (che fa vedere tutto, ndr), ha una struttura teatrale, come quella del Teatro san Carlo a Napoli.
Un solo guardiano poteva controllare i detenuti costantemente, in modo da creare una prigionia anche mentale. Infatti i detenuti potevano guardare solo verso l’interno, dove c’erano le guardie, perché le finestre che guardavano l’esterno erano chiuse. Ciò creava traumi e contraccolpi psicologici perché i detenuti, costantemente osservati, potevano vedere solo un pezzo di cielo, dalla bocca di lupo della loro cella. Nel 1800, c’erano 900 detenuti in queste condizioni.
Ma chi erano? Prigionieri borbonici, delinquenti, ma anche personaggi politici che si contrapponevano al regime. Lì fu imprigionato, dal 1929 al 1931, anche Sandro Pertini.
Il carcere di Santo Stefano fu chiuso nel 1965 e ancora oggi intorno alla struttura si vedono tombe spoglie con croci di legno senza nome tanto che molti visitatori del reclusorio affermano di aver provato sofferenza e angoscia.