Il nuovo decennio si è aperto con un’emergenza pandemica senza precedenti recenti, che è servita a svelare una serie di criticità in ambito.
È emersa in tutta la sua verità, ad esempio, l’estrema difficoltà d’inclusione delle fasce più deboli della popolazione, tra le quali rientrano anche i cittadini di origine rom e sinti, le cui condizioni economiche, sanitarie e sociali sono peggiorate negli ultimi anni.
La solidarietà sbandierata all’inizio del periodo emergenziale ha lasciato presto il posto alla faticosa gestione delle criticità sorte e nemmeno il Pnrr, elaborato per progettare una ripartenza del Paese, ha previsto azioni specifiche rivolte a questi gruppi di cittadini. Le uniche possibilità di intervento sarebbero quelle previste nella missione 5 di “Inclusione e coesione”.
L’Unar, dal suo, ha recepito le indicazioni europee per la stesura di una nuova Strategia Nazionale di inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti e ha intensificato i lavori per i Tavoli e le attività di consultazione con gli enti competenti, le parti sociali e il Terzo settore. In concomitanza, sono stati presentati i primi Piani di Azione Locale (PAL) per queste comunità redatti per 8 città italiane e avviate le progettualità per i Piani di Azione Regionale.
Analizzando i dati generali, emerge una tendenza in riduzione dei numeri che riguardano sia l’emergenza abitativa, scesa dalle 28.000 unità del 2016 alle 17.800 del 2021, sia il numero complessivo di insediamenti formali ridotto da 149 a 109. Il numero delle persone residenti nei centri Rom è sceso di ben 10.000 unità nel quinquennio 2016-2021 con un decremento del 36,5%.
Tale riduzione non è imputabile però alle operazioni di sgombero, in quanto la moratoria delle esecuzioni degli sgomberi emessa con d.l. n. 18 del 17 marzo 2020, pur non bloccandoli completamente, ne ha diminuito molto la quantità.
Pur considerando questi passi in avanti compiuti dalle amministrazioni locali, non si può dire che gli ultimi anni siano stati periodi sereni per questa parte della popolazione, spesso alla ribalta della cronaca per eventi tragici, riconducibili alle cronicità strutturali dei campi e a fenomeni di antizingarismo diffusi.
In concreto, l’obiettivo posto, del “superamento dei campi” dall’Asse 4 della Strategia nazionale 2012-2020, non è stato raggiunto.
Si sente ancora forte l’urgenza di agire in modo coordinato e incisivo per rinnovare le condizioni di vita di questa parte della popolazione, in linea con le richieste del Consiglio Europeo del 12 marzo 2021, dove si è affermato i che è necessario «garantire la parità di trattamento della popolazione Rom nell’accesso ad alloggi adeguati e desegregati».
L’Italia, infatti, è stata definita nel 2000 dall’European Roma Rights Centre il ‘Paese dei campi’, l’unica nazione ad aver utilizzato la forma del “camping etnico” quale soluzione abitativa destinata a questi gruppi rom, consentendo l’istituzione di fatto di un sistema abitativo parallelo strutturato su base etnica e consolidando così la loro discriminazione e l’isolamento, ostacolandone la partecipazione alla vita sociale soprattutto attraverso la segregazione spaziale.
Ora è necessario aprire una strada definitiva, non provvisoria, che conduca a una reale inclusione sociale e a un’integrazione a tutela della salute e della sicurezza pubblica. La logica dei bonus, ad esempio, rientra in un discorso di sussidi occasionali e i progetti di inclusione devono avere diversa struttura.
In questo senso, bisogna tenere conto della storia e delle culture delle etnie, partendo dal loro coinvolgimento e dall’educazione all’integrazione, secondo modalità e modelli condivisi che riescano a conciliarsi adeguatamente con la cultura italiana.
Si punti soprattutto alla scolarizzazione dei minori, affinché vengano alfabetizzati e sottratti al mondo della delinquenza e del lavoro minorile.
Opportuno sarebbe
– esportare sull’intero territorio nazionale metodi e modelli in uso nelle città italiane più virtuose;
– realizzare un censimento della popolazione rom presente su tutto il territorio nazionale;
– realizzare un Patto di solidarietà in ogni Comune, coinvolgendo i soggetti e le istituzioni impegnati sui territori, per coloro che si trovano in condizioni di disagio economico, a prescindere da nazionalità o etnie, per intraprendere un percorso volto ad aiutare tutti (si pensi anche ai senzatetto);
– censire nei Comuni gli alloggi disponibili, senza realizzare quartieri ghetto, ma individuando soluzioni che consentano un’integrazione effettiva sia nei centri abitati sia nei comuni che sono a rischio spopolamento con beneficio di farli rivivere nuovamente;
– corrispondere eventuali contributi in funzione del comportamento virtuoso delle famiglie destinatarie, inserendo vincoli di natura formativa e lavorativa, consentendo di avere un’abitazione degna di essere vissuta svolgendo un lavoro regolare, dando così l’opportunità di scolarizzazione ai figli che crescerebbero in un contesto migliore;
– controllare il tasso di frequentazione scolastica e il tasso di abbandono scolastico per garantire il loro diritto all’istruzione, contrastando soprattutto le barriere sociali e familiari alla base della partecipazione
Fonti
https://www.istat.it/it/archivio/258632
https:/www.21luglio.org/l’esclusione nel tempo del covid
https:/pianiazionelocale-rsc.com/2021/11/29/conferenza finale del progetto pal per l’inclusione delle comunità rom
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Fonte: Italia, ‘Paese dei campi’