Da quando è stato ufficialmente presentato l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole lo scorso 9 marzo 2023 a Montecitorio, l’attività del gruppo di attivisti Cobas Scuola e Pax Christi di riferimento è inarrestabile e si fa fatica a stabilire le priorità rispetto al materiale che arriva. Le segnalazioni, infatti, che cittadine/i, docenti, studentesse/studenti e genitori inviano, come questa che arriva da Vicenza in riferimento all’ITIS Rossi, sono tantissime.
Ci dispiace molto che la comunità scolastica dell’ITIS Rossi, molto sensibile alle tematiche sociali e dei diritti civili, infatti ricordiamo che si era opposta alla ingerenze dell’Assessora Donazzan relativamente alla proiezione del docufilm su Gaza, si sia lasciata sfuggire questo progetto che la cittadinanza vicentina, evidentemente un po’ stufa della militarizzazione NATO e americana, ci ha segnalato.
Il Progetto Vicenza High School (circolare liberamente scaricabile dal sito della scuola), apparentemente innocuo, dal momento che si tratterebbe di uno scambio tra gli studenti/studentesse italiani/e e gli studenti/studentesse americani/e, in realtà sottende un aspetto pregiudiziale che obbedisce ad una becera e martellante logica di militarizzazione del nostro paese che da tempo stiamo denunciando.
Esistono, infatti, tante possibilità di scambio culturale e didattico, tutte estremamente interessanti e formative, tra ragazzi/ragazze italiani/e e coetanei/e di altre parti dell’Europa e del mondo e le risorse per attuare simili progetti sono numerosi e di facile accesso, ma non si comprende il motivo per cui si debba farlo portando i nostri studenti e le nostre studentesse all’interno della Caserma Ederle.
La segnalazione da parte della società civile vicentina di questa iniziativa, che giunge direttamente all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole, testimonia il fatto che vi è un crescente sgomento su certe attività che sottendono un fine ben preciso, cioè la familiarizzazione con ambienti, circostanze e situazioni di guerra. Si tratta di iniziative che tendono ad essere funzionali ad una narrazione ideologica, fomentata ad arte dalla maggior parte degli organi di stampa, che vorrebbe renderci più comune l’idea della guerra, nella quale ormai siamo pienamente coinvolti.
E a Vicenza il timore di una escalation della militarizzazione, attraverso la familiarizzazione con la guerra, che parte sempre dalle scuole, i luoghi in cui si formano le coscienze, anche quelle fascistizzanti, è un timore concreto e non solo per la presenza di basi militari americane e NATO. Non molti giorni fa, infatti, la stazione di Vicenza è stata teatro di uno scenario tristissimo con il passaggio di un convoglio pieno zeppo di carri armati, destinati ad alimentare la scia di morte che sta devastando il confine russo-ucraino e le esercitazioni che sono funzionali ad alimentare ogni altro conflitto che si può registrare sul territorio europeo e non solo.
La mobilitazione della società civile vicentina, dunque, è un buon segnale, dal momento che si comincia a sensibilizzare e a prendere coscienza che la narrazione militarista e bellicista, foriera sempre di morte, si può invertire. Le politiche securitarie e la “cultura della difesa”, che sempre più stanno pervadendo non solo le scuole, ma anche le università e tutti i luoghi in cui si riproducono processi di formazione, sono l’anticamera della guerra: ogni volta che nel corso della storia gli Stati hanno sentito l’esigenza di difendersi, cioè di armarsi per esigenze di difesa del proprio territorio, con la conseguente militarizzazione dei luoghi pubblici, inevitabilmente tali iniziative hanno insospettito e allarmato gli Stati viciniori, che a loro volta si sono armati, e condotto a guerre e morti.
E, allora, a nome dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole, vorremmo rivolgere un appello alla comunità scolastica dell’ITIS Rossi, vale a dire a docenti, genitori e studenti/studentesse, affinché, con il medesimo coraggio con il quale hanno sostenuto la proiezione del docufilm su Gaza, sfidando le censure delle istituzioni, possano prendere coscienza del processo di militarizzazione che avviene a partire dalle scuole.
Esempi virtuosi di presa in carico da parte della società civile dei processi di costruzione di narrazioni diverse da quelle interessate agli affari capitalistici e militari ne abbiamo, basti vedere l’opposizione del Consiglio d’Istituto del Liceo Pio Albertelli di Roma ai fondi del PNRR, a debito, per acquistare altra tecnologia per la scuola, ritenuta inutile. Oppure, si potrebbe far riferimento ai portuali di Genova, che bloccano, a causa di una sentita obiezione di coscienza, l’esportazione di armi per le guerre in corso. Oppure, ancora, si potrebbe citare il caso dell’amministrazione di Gangi, in Sicilia, che revoca le servitù militari al Ministero della Difesa per la costituzione di un hub logistico-addestrativi per l’Esercito italiano.
Basta prendere coraggio e avviare una riflessione condivisa sul progetto di pace che intendiamo costruire nella società civile, ma a partire, innanzitutto, dalla scuola.