Sacro e profano, paganesimo e religiosità sono opposti che, in Italia, piuttosto che scavalcarsi a vicenda si fondono per dare vita ad un tessuto socio-culturale unico nel suo genere.
Persino le usanze e le festività che riterremmo, senza ombra di dubbio, appartenere al cattolicesimo nascondono radici segrete, impossibili da immaginare o indovinare; ed è quello che succede anche con la festa dei fuochi di San Giuseppe di Itri.
Si tratta di una manifestazione annuale – una delle più antiche in assoluto del territorio itrano – che ha luogo ogni 19 Marzo e che accoglie, quindi, l’arrivo della primavera. Il nome è evocativo: parla chiaramente di un santo. Eppure, il rito del fuoco appare completamente decontestualizzato dalla matrice religiosa e può essere spiegato soltanto tornando indietro nel tempo ad epoche molto lontane.
Lì fuòc d’ Sangiusépp’ – La festa dei fuochi di San Giuseppe, come tutte le tradizioni primaverili, è allegra e spensierata: il popolo si riunisce intorno ad enormi falò, nelle piazze dei vari rioni, per cantare, ballare, suonare e degustare prodotti tipici del territorio. Il fuoco ha il ruolo di grande purificatore e non si lega in nessun modo alla vita o agli insegnamenti del santo a cui sono intitolati i festeggiamenti, ma riporta con la mente a quando i falegnami ripulivano i magazzini dagli scarti della lavorazione, accatastandoli ed incendiandoli all’esterno delle botteghe, con in cima un màmmuòcc’ (un manichino fatto di vecchi stracci), per onorare il loro patrono. Probabilmente, inizialmente le configurazioni erano numerosissime ma molto più piccole: fatto sta che chi più aveva lavorato, ovviamente, si ritrovava ad accumulare più materiale e, quindi, a realizzare falò più imponenti. Ed ecco perché si parla, ancora oggi, di rito propiziatorio. Era l’inverno che terminava e, letteralmente, si inceneriva ai piedi dell’incombente primavera: d’altronde, l’equinozio cade proprio nella notte successiva!
Questa tradizione così sacra e, allo stesso tempo, così popolare ha continuato ad essere tramandata di generazione in generazione, senza mai perdere il suo messaggio e le sue atmosfere.
L’ipotesi ellenica – La festa dei fuochi di San Giuseppe è praticamente l’unica antica tradizione itrana ad aver superato l’ostacolo del tempo. E c’è una teoria su un’ipotetica origine ellenica che vale la pena esplorare.
Il territorio della Riviera di Ulisse, lo abbiamo visto più volte, è legato a doppio filo al popolo dei Laconi, che qui avrebbe fondato – in fuga a causa dell’invasione dorica – più di una città, da Formia a Gaeta.
In effetti, anche Itri presenta diverse località attribuibili alla cultura greca, come le Contrade Nasso e Bucefalo, di cui quest’ultima dà il nome anche alla collina che, insieme al Monte Carbonara, formerebbe quella “testa di bue” tanto cara ad Alessandro Magno, poiché rassomigliante a quella del suo amato cavallo Bucefalo. Ancora, al confine con Formia c’è la località Piroli, il cui nome deriverebbe dal greco a indicare i “fuochi di sacrificio”; qui, il secolo scorso sono state rinvenute un’infinità di strane terracotte rotonde sovrapposte che lasciano pensare a qualche rituale di purificazione.
Anche in questo caso, quindi, la ricorrenza incarnerebbe una fusione di usanze e di credenze molto diverse tra loro, con un’implementazione solo successiva del fattore cristiano.
Una gara di falò – Una curiosità da conoscere riguarda le piante da bruciare. È il Comune, infatti, in collaborazione con la Guardia Forestale, che ultimamente si preoccupa di farle arrivare in tutti i rioni per scongiurare uno scenario che, fino a qualche anno fa, era consuetudine: già con l’inizio del nuovo anno, e quindi in netto anticipo rispetto alla festa, ragazzi e adulti andavano nei boschi per procurarsi lecci da incendiare, creando seri problemi di disboscamento. Addirittura, non era infrequente veder trasportare interi alberi, prontamente nascosti in rifugi di fortuna o case abbandonate. L’intento? Sfidarsi per il falò più maestoso! Grazie alle contromisure messe in atto dall’amministrazione, tra cui anche il netto divieto di tagliare arbusti, la spensieratezza di questa festa è stata salvaguardata e i profumi della salsiccia di Itri e delle zeppole di San Giuseppe possono continuare ad inondare le strade, mentre i più giovani fanno il “giro dei fuochi” alla ricerca di gare, sfide e leccornie da gustare.
È l’antico senso di ospitalità itrano che si rinnova.