Il mare, si sa, da tempi remotissimi è stato fonte di sostentamento per le popolazioni che avevano la fortuna di abitare lungo le coste. E il Lazio in questo non è stato da meno, sin da quando già in epoca romana ha sfruttato la viabilità per i commerci, per le battaglie, e ovviamente per la pesca. Il mare come fonte economica, quindi, e tanto per mantenere la tradizione, la Regione Lazio in questi giorni ha lanciato la notizia dell’approvazione della regolamentazione relativamente alla Blue Economy. Cambiano i termini, dal latino all’italiano, e ora all’inglese, tanto per essere moderni e, chissà, far presagire lauti guadagni!
In realtà è una pianificazione di cui la Regione Lazio va a dotarsi rispetto all’utilizzo delle aree marine per evitare l’uso (qualcuno dice sfruttamento) del mare in maniera disordinata. In pratica si tratta di individuare delle aree per ciascuna attività economica legata al mare: aree dedicate alla pesca, al trasporto marittimo, alla produzione di energia, al turismo e così via. E anche aree dedicate all’itticoltura, ovviamente. E in quest’ultimo ambito è stata individuato il Golfo di Gaeta.
Gaeta ospita già da molti anni allevamenti di pesce e di mitili, posizionati in acque territoriali di propria competenza, ma esattamente ai confini con Formia. All’interno del golfo, dunque, le cui correnti notoriamente spingono verso le spiagge di Vindicio, Porticciolo Romano e Scauri/Marina di Minturno. E a distanza ravvicinata dalla costa, in deroga all’area sensibile già individuata dalla Regione.
Tutto ciò ha avuto un inevitabile impatto sul golfo, le cui acque sono da anni non limpide, e afflitte da fioriture di alghe che sono alimentate proprio da azoto, fosforo e potassio prodotti dagli allevamenti ittici. La scorsa estate la spiaggia di Vindicio è stata colpita in maniera anche maggiore rispetto al passato da materia indistinta che non favoriva la balneazione, con conseguente impatto sul turismo e quindi sull’economia locale. Tutto ciò ha suscitato l’indignazione dei bagnanti e della cittadinanza di Formia.
Sembra dunque un po’ azzardato da parte della Regione continuare ad individuare il golfo di Gaeta come l’area regionale adibita agli allevamenti, senza prima mettere in atto accorgimenti che dovrebbero tutelare le esigenze antropiche del litorale.
Di tutto questo, abbiamo chiesto una dichiarazione ai tre sindaci dei comuni di Gaeta, Formia e Minturno, ma nessuno ha risposto alla sollecitazione sui problemi generati dall’itticoltura nel golfo. Si spera che lo faranno successivamente, ma soprattutto si spera che prenderanno in carico la problematica, senza aspettare la prossima estate e il riproporsi di una stagione balneare ancora una volta afflitta da un mare poco attraente.