Continua anche in Regione Veneto il dibattito sullo Ius Scholae, la possibilità di riconoscere la cittadinanza ai minori stranieri che sono in Italia se hanno completato uno o più cicli scolastici, tornata d’attualità dopo le Olimpiadi di Parigi.
La consigliera regionale del PD Anna Maria Bigon ha rilanciato l’argomento partendo proprio dai risultati dell’Italia ai giochi appena conclusi: “L’apporto di persone che a vario titolo hanno una storia personale o familiare di migrazione, è diventato strutturale e qualificante in ogni settore della vita quotidiana, dallo sport al mondo del lavoro fino all’associazionismo, per non parlare della scuola dove i bambini figli di stranieri rappresentano l’unica componente in crescita della popolazione scolastica.” La consigliera PD ha dunque rilanciato “la mozione a favore dello Ius scholae che il gruppo regionale del Partito Democratico ha depositato in Consiglio fin dal luglio 2022. L’integrazione è nei fatti, prima ancora che nelle parole; con lo Ius scholae si punta soltanto ad assicurare equità di trattamento a tutti bambini riconoscendo piena cittadinanza a ragazze e ragazzi che vivono in Italia da prima del loro dodicesimo anno di età e che hanno completato un ciclo di studi di 5 anni. Dobbiamo forse aspettare altri quattro anni – ha aggiunto, non senza una lieve nota sarcastica – per vedere accettato anche dalle istituzioni politiche venete questo semplice principio di realtà?”.
Bigon ha poi spiegato la necessità di questa riforma: “La situazione attuale, retaggio della legge sulla cittadinanza del 1992, quando gli stranieri residenti erano soltanto 300 mila, vede profonde differenze di trattamento tra chi è nato e cresciuto in Italia da genitori non italiani, che può richiedere la cittadinanza al compimento del 18° anno di età, e chi è cresciuto, ma non nato su suolo nazionale. Chi è escluso dalla cittadinanza ha spesso una posizione subalterna e più precaria nel mercato del lavoro e nell’accesso al sistema di welfare, è escluso dal diritto di voto, ha forti limitazioni nell’attività sportiva agonistica e negli spostamenti, in alcuni casi non ha le stesse possibilità formative scolastiche o extrascolastiche dei propri coetanei con cittadinanza italiana. È generalmente vincolato al rinnovo costante del permesso di soggiorno e, in caso di impossibilità, è esposto al rischio di trasferimento coatto in un altro paese”. Per questo dunque, ha concluso Bigon: “Chiediamo che la Regione del Veneto si esprima chiaramente a favore della riforma della legge sulla cittadinanza e che si faccia parte attiva di questa istanza nei confronti del governo”.
Di avviso diverso, se non proprio opposto, il consigliere Giuseppe Pan di Lega-Liga Veneta, secondo il quale più dello Ius Scholae è urgente risolvere i problemi che portano gli studenti italiani a trasferirsi all’estero: “C’è chi oggi profetizza progressismo e apertura indiscriminata, ma fino a qualche anno fa la pensava diversamente. Noi invece siamo coerenti, lo siamo sempre stati, e prima di risolvere i problemi degli altri cerchiamo di risolvere quelli in casa nostra. Dobbiamo migliorare la qualità delle nostre scuole e università per tenere in Italia i nostri ragazzi. Il problema della fuga dei cervelli all’estero è enorme e inizia dalla scuola: abbiamo grandi competenze e capacità, ma moltissimi giovani preferiscono formarsi, specializzarsi e andare poi a lavorare e risiedere all’estero. Dunque, prima di pensare ad aprire ulteriormente agli altri, dobbiamo lavorare e investire per cercare di tenere qui i nostri”.
Pan ha poi ricordato che l’Italia è il paese, in Europa, con più cittadinanze concesse agli stranieri: “Certamente nessuno può accusarci di chiusura in tal senso. Non mi pare che all’estero i nostri immigrati veneti abbiano ottenuto e ottengano con tanta facilità la cittadinanza del Paese che li ospita. Lo dicono i dati: la maggior parte delle nuove cittadinanze (in numeri assoluti) è stata concessa dall’Italia. Ora però è necessario pensare a non far scappare gli studenti italiani, le menti illuminate che fanno grande il nostro Paese. Ed è necessario agire subito in tal senso: risolvere i problemi della scuola e migliorarne la qualità dell’insegnamento, essere competitivi e offrire a livello di formazione universitaria e post-universitaria, professionale, quello che i giovani cercano, perché se non lo trovano, lo cercano all’estero”.